“MI HANNO DETTO CHE MAHMOOD HA RIPOSTATO IL VIDEO IN CUI CANTO "SOLDI". COSA VORRÀ DIRE?” – NANNI MORETTI LEGGE I SUOI DIARI AL NUOVO SACHER DI ROMA: “NE SONO GELOSISSIMO, MA PER ORA NON MI VA DI PUBBLICARLI – L’INCAZZATURA PER IL CIUFFO ALLA LITTLE TONY E QUANDO, NEL TEATRO 5 DI CINECITTÀ, SENTÌ "CEDERE LE GAMBE" PER L'ULTIMO SALUTO A FELLINI - IL RITORNO A CANNES CON 'TRE PIANI': "PER ME IL IL FESTIVAL CONSISTE NEL RESTARE CHIUSO IN UNA STANZA D' ALBERGO PER 48 ORE A FARE INTERVISTE. MA..." - VIDEO
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Estratto dei diari di Caro Diario di Nanni Moretti, scritti nel 1993, pubblicato da “il Messaggero”
21 febbraio, domenica
Domani comincio a girare il capitolo dei medici. Sono molto indietro. Fra tre settimane andiamo alle isole Eolie e per quel capitolo non ho pronto niente: non ci sono gli attori, non ci sono gli ambienti, non c' è sceneggiatura.
Cominciamo a girare qui a casa, perché, essendo questo un film diario, per onestà voglio girare casa mia veramente a casa mia.
Solo cinque giorni fa ho finito di scrivere il trattamento, la sceneggiatura invece non esisterà mai. Come per Palombella rossa, che durante le riprese è stata un massacro, anche questa volta comincio il film senza essere pronto.
22 febbraio, lunedì
Come sempre giro poche inquadrature ma molti ciak, troppi ciak e alla fine tutti uguali. Pensavo di essere cambiato: non mi sembra.
Devo girare le scene qui a casa in modo molto più semplice, più secco. Dato che il soggiorno, con tutta la vetrata, è molto fotogenico, sto rischiando di fare cose troppo preziose. Nel capitolo dei medici, in cui racconto il mio tumore, non c' è bisogno di nient' altro che raccontare in maniera semplice e diretta quello che mi è successo, senza distrazioni, con inquadrature essenziali, a volte anche molto strette.
24 febbraio mercoledì
Grattandomi i piedi, ieri, durante una scena, mi sono fatto una piccola ferita. Oggi, grattandomi un braccio durante un' altra scena, mi sono fatto ancora più male. Preferisco così: meglio le ferite vere di quelle del truccatore.
Le ferite vere si possono vedere nel momento in cui te le fai. Prima non ci sono, poi ti gratti ed ecco che appaiono le ferite. Col trucco ci sono già e non si vede il processo che ti porta alle screpolature e agli arrossamenti. Discorso da pazzo, quindi mi fermo qui, chiudo il quaderno, spengo la luce e cerco di dormire.
26 febbraio, venerdì
Stasera la prima proiezione alla Technicolor delle scene girate nei giorni scorsi.
Insomma. C' erano delle cose che non mi piacevano. Prima mi sono incazzato perché, in un' inquadratura del profilo sinistro, avevo un ciuffo che sembravo Little Tony. L' ho detto mentre guardavamo il materiale: «Siete venticinque dietro la macchina da presa, e aiutatemi no!».
Poi in un ciak c' era un brutto riflesso di una lampada su un vetro e ho protestato con l' operatore, poi in una scena il suono non andava bene e l' ho detto al fonico, poi c' erano delle inquadrature con un pelo nella parte alta del fotogramma e mi sono incazzato con l' assistente operatore, poi mi sono imposto di stare zitto perché non mi andava di protestare sempre, e comunque il materiale è un po' migliorato.
28 febbraio, domenica
Sono le due di notte e sto cercando di lavorare alle scene di domani, in uno studio medico. Non sono pronto per girare. Due ore fa ho pensato di non presentarmi sul set domani. Non l' ho mai fatto. È che non so cosa far dire agli attori, mi vergogno di fare la figura che farò senz' altro domani.
2 - «CANNES, INSTAGRAM, EMOZIONI DA DIARIO»
Ilaria Ravarino per “il Messaggero”
Da anni gira l' Italia leggendo i suoi diari di cui è, per sua stessa ammissione, «gelosissimo». Pensieri, note e appunti con cui Nanni Moretti ha raccontato prima di tutto per se stesso - quarant' anni di vita e di lavoro, di sfuriate e commozione, di riflessioni e avvenimenti.
Quando si ritrovò a girare Caro diario come un cortometraggio sui suoi giri in Vespa, «senza rendermi conto che lì c' era il nucleo del mio prossimo film». Quando gli venne voglia di abbandonare il set, anzi proprio di non presentarsi. E quando, nel Teatro 5 di Cinecittà, sentì «cedere le gambe» per l' ultimo saluto a Fellini.
Fra due settimane in concorso a Cannes con Tre piani, e in questi giorni impegnato nei provini del nuovo film (da girare nel 2022) e come attore per Francesca Archibugi (Il colibrì), domani e dopodomani Nanni Moretti rinnova al Nuovo Sacher di Roma un appuntamento cult: le letture dei suoi appunti scritti durante la lavorazione di Caro diario, a precedere la proiezione della versione restaurata del film del 1993.
Che effetto le fa rileggersi nei diari?
«Mi ci riconosco abbastanza. La ferocia di allora nei miei confronti è la ferocia di adesso. In quello non mi sembra di essere cambiato molto. Certo, c' è una sproporzione perché dai veri diari, dai miei quaderni, ho eliminato per questa lettura pubblica tutti gli insulti ai collaboratori. E ho lasciato invece tutti gli insulti a me stesso Non vale!»
Il Moretti di Caro diario è lo stesso di Tre piani?
«Fino a poco tempo fa consideravo i miei film come tanti capitoli di un unico romanzo. Ora, dopo Habemus papam e Tre piani, non so se questa formula sia ancora valida, anche se questi due film, pur non parlando di me, sono in qualche modo sempre autobiografici. Senz' altro ho la stessa voglia di fare cinema di trenta, quarant' anni fa. E la stessa attenzione ai dettagli. Ecco. Quella non è un dono, ma una cosa che devi decidere di avere».
Per Tre piani ha scritto diari?
«Sì, caspita. Certo. Avvenimenti, cose che succedono, dialoghi ascoltati, pochi pensieri e riflessioni. I miei diari coprono quarant' anni della mia vita. Da tanto tempo Carlo Feltrinelli mi chiede di pubblicarli».
E lei?
«Ora non mi va. Non so bene perché, ma per ora non mi va».
I social di oggi sono i diari di ieri. Lei come se la cava con Instagram?
«Mi fa piacere mostrare alcuni aspetti del mio lavoro. Qualcosa mi interessa condividerla, altre no».
Il video in cui canta Soldi è diventato virale. Come è successo?
«È stata una gestazione molto lunga. Volevo girarlo durante le riprese di Tre piani, ma mi vergognavo di chiederlo agli attori. Quando si è avvicinato l' annuncio che il film sarebbe andato a Cannes, allora mi è tornata in mente quell' idea».
Reazioni?
«Mi hanno detto che Mahmood lo ha ripostato. Cosa vorrà dire?».
Che effetto le fa tornare a Cannes?
«Questa volta c' è ancora più emozione. Tutti gli altri sette film, incluso Ecce bombo, sono usciti prima in Italia. Questa è la prima volta che un mio film ha l' anteprima mondiale a Cannes. Ho visto il film insieme al mio montatore e al mio direttore della fotografia. Non l' ho ancora visto insieme al pubblico, nemmeno un pubblico di amici».
Vedrà gli altri film in concorso?
«Per me Cannes consiste nel restare chiuso in una stanza d' albergo per 48 ore a fare interviste.
Ma è giusto così, non mi lamento. Louis Garrel mi ha invitato a vedere il suo film, che passa il giorno dopo il mio. Forse ci andrò».
Troppo pochi gli italiani a Cannes?
«Non direi: tre titoli nella Quinzaine (la sezione parallela del festival, ndr) sono tanti. Mi dispiace che non ci sia Leonardo Di Costanzo. Non ho visto il suo nuovo film, ma lui è un regista che stimo e una persona intelligente».
Tre piani uscirà a settembre. La crisi dei cinema non la spaventa?
«La crisi si sente più a Roma che altrove. A Milano, e naturalmente anche a Parigi, i cinema hanno riaperto tutti. Siamo ancora in una fase di transizione: qualcuno ha ancora paura di entrare in un luogo chiuso, molte sale non sono tornate in attività, c' è voglia di stare all' aperto e sono usciti pochi film importanti, tra cui The Father. Per me le conseguenze della pandemia sulle sale si capiranno solo a settembre».
Il Nuovo Sacher, 30 anni il prossimo 1 novembre: il ricordo più bello?
«Heimat 2 di Edgar Reitz, il punto più alto della mia carriera di esercente cinematografico: un capolavoro composto da tredici film. Programmavamo un episodio a settimana, facevamo i recuperi per i ritardatari la domenica mattina. Praticamente un antenato delle serie tv. Ma con lo stile, e il respiro, del grande cinema».
È ottimista sul futuro del cinema?
«Io continuo a credere nella sala perché, ancora prima che come regista, produttore ed esercente, io ci credo come spettatore. Io vado spesso al cinema. Ed è una cosa di cui non posso fare a meno».