“MIA SORELLA È CRESCIUTA CON DUE MAMME” – GIOVANNA MEZZOGIORNO SECRETS: “HO UNA SORELLA, MARINA, DI 15 ANNI PIÙ GIOVANE. È FIGLIA DI UNA DONNA AMERICANA CHE EBBE UNA RELAZIONE CON MIO PADRE NEGLI USA A FINE ANNI 80 E POI SI MISE CON UN’ALTRA DONNA. MARINA È CRESCIUTA IN UNA FAMIGLIA ARMONICA, CON UN’EDUCAZIONE RIGOROSA. PURTROPPO L’ITALIA E’ UN PO’ RAZZISTA. NON VERSO IL COLORE DELLA PELLE MA NEI CONFRONTI DELL’OMOSESSUALITÀ…”
-Estratto dell’articolo di Enrico Caiano per il Corriere della Sera
Italiana. «E fierissima di esserlo». Come suo nonno materno, Filippo Sacchi. Che dell’edizione pomeridiana del giornale che avete in mano fu direttore per 45 giorni. In anni difficili. Il fascismo era alla fine e lui, quel 25 luglio 1943, che la sua Italia stava per tornare una democrazia lo annunciò nella storica Sala Albertini del Corriere ai colleghi. Il giorno dopo scrisse un editoriale dall’attacco indimenticabile: «Ieri l’Italia ha sorriso». Ma ancora ce ne voleva di tempo perché il sorriso fosse quello degli italiani liberati del 25 aprile 1945. Era un ottimista.
Come sua nipote, Giovanna Mezzogiorno, attrice. Orgogliosa di quel nonno che ha «mancato» per un anno: morto nel 1973, lei nata nel 1974.
Ma che i racconti di sua madre Cecilia e i libri che lui ha scritto e lei divorato hanno reso familiare. Tanto da raccontarlo ai suoi bambini, i suoi gemelli omozigoti, Leone e Zeno, 12 anni a fine agosto.
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Ecco, già meno italiana...
«Non sono radicata da nessuna parte e mi va benissimo così. Sono una persona che ovunque va sta bene. Una cosa che ti dà immense possibilità. Non sono una che parte da un posto piangendo perché sa che non potrà più stare lì. Da quando avevo 8 anni e mezzo questa cosa non mi appartiene. E mi auguro che i miei ragazzi crescano così: importante è il mondo, le persone diverse da noi. Sì, onestamente, per quello che vedo attorno, in questo senso penso di essere poco italiana. Sono una sradicata».
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E a quasi 12 anni non sanno cosa sia il cellulare.
«Lo avranno quando cominceranno a uscire da soli, l’arnese infernale. Per ora non lo fanno, quindi io e il loro papà non vediamo un motivo al mondo per cui dovrebbero averlo. Non lo chiedono, sa. Sebbene tutti i loro compagni ce l’abbiano, alcuni già dalle elementari. Finora li abbiamo protetti ma senza metterli sotto una campana di vetro. Sono andati sempre alla scuola pubblica, dalla materna alle medie. Siamo genitori molto attenti senza per questo essere speciali. Anzi, siamo sicuramente imperfettissimi. Ai posteri l’ardua sentenza se avrò fatto bene la mamma».
Di mamme si parla tanto in Italia, oggi. Mamme di famiglie arcobaleno, ad esempio.
«Ne so qualcosa».
In che senso?
«Ho una sorella, Marina, di 15 anni più giovane. Ora vive anche lei in Italia ed è la mia migliore amica. Ci vediamo spesso, conosce i miei bambini. È figlia di una donna americana che ebbe una relazione con mio padre negli Usa a fine Anni 80. Andava e veniva dall’Italia già da piccola, la portava la nonna a trovare suo papà Vittorio. Bene, la mamma di mia sorella è bisessuale, si chiama Donna. Poco dopo la sua nascita ha vissuto in coppia per tantissimi anni con Jane, che io ho conosciuto.
Dunque mia sorella è stata educata e formata da una coppia gay. Marina è nata a Los Angeles, poi Donna e Jane si sono spostate a Seattle e lì lei è cresciuta in una famiglia perfettamente armonica, senza nessuna mancanza, con un’educazione rigorosa: Jane era una bella tosta.
Marina poi è andata via di casa a 14 anni per frequentare il college sull’altra costa. Lì si usa così. Però a 14 anni uno è un po’ piccolino. A me è capitato di andarmene da casa a 19 e ripensandoci credo che anche a 19 si sia ancora piccoli. E qui torno improvvisamente italiana. Lo sono molto meno però quando penso al dibattito sull’infanzia nel nostro Paese».
Che cosa non le piace?
«Tutto ciò che riguarda il mondo dell’infanzia mi lascia senza parole e andrebbe rivisto. Non solo per dare la possibilità a coppie omosessuali di avere e adottare figli con gli stessi identici diritti delle coppie eterosessuali. Trovo anche scandalosa la fatica che devono fare le coppie eterosessuali per adottare. In un mondo con milioni di bambini che hanno un bisogno incredibile di famiglia. Ci sono coppie che si arrendono a queste difficoltà. Folle, uno scandalo mondiale».
E per cosa l’Italia le piace?
«La gente è empatica, è un Paese in cui ancora gentilezza ed educazione hanno un valore. C’è tanto volontariato, persone che si sbattono per gli altri. E molta voglia di tenere viva la nostra cultura, uno zoccolo duro non demorde».
Zoccolo duro, dunque una minoranza...
«Nella maggioranza della popolazione siamo un Paese chiuso, sì. Conservatore e... la dico la parola? Purtroppo va detta: un pochino razzista. Non nel senso stretto del colore della pelle ma nell’atteggiamento verso l’omosessualità, verso chi la pensa diversamente, verso chi è lontano dalla cultura tradizionale cattolica. Io ai miei figli non ho trasmesso valori cattolici ma valori umani».
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