“NON APRIRO’ MAI UN RISTORANTE A MILANO” - LO CHEF MASSIMO BOTTURA, OSPITE DEL FESTIVAL DELLA CREATIVITÀ, PROMETTE DI NON SPADELLARE SOTTO IL DUOMO: "DIFFICOLTÀ NEL TROVARE PERSONALE? DI SICURO IL PROBLEMA ESISTE. ABBIAMO SFRUTTATO IL LOCKDOWN PER PENSARE A NUOVI PROGETTI. QUELLO DELLA PANDEMIA È STATO ANCHE UN PERIODO DURO. IO HO PERSO MIO FRATELLO A CAUSA DEL COVID - SONO PROGRESSISTA. MA L’IDEA DI LEGALIZZARE LA MARIJUANA MI LASCIA PERPLESSO"

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Laura Vincenti per milano.corriere.it

 

massimo bottura

Difficile presentare con poche parole Massimo Bottura, vulcano di idee e progetti: nato nel 1962 a Modena, dove vive con la famiglia, è chef e titolare dell’Osteria Francescana, ristorante 3 stelle Michelin per due volte al primo posto nella classifica «The World’s 50 Best Restaurants».

 

Molto impegnato nel sociale, ha fondato «Food for soul», associazione no profit diffusa nel mondo che contrasta lo spreco alimentare e ristora le persone in difficoltà. Sempre a Modena ha riaperto in collaborazione con Ferrari il ristorante Cavallino, «sono sempre stato un appassionato di auto», ed è anche responsabile di Gucci Osteria a Firenze, Los Angeles, Tokyo, Seoul. Nei giorni scorsi è stato ospite a Milano di IF!, il festival della creatività in scena al Teatro Franco Parenti.

 

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Quando un ristorante a Milano?

massimo bottura

«Ho chiara una visione: nelle città dove ho dato vita ai refettori non aprirò mai un ristorante. Quindi mai a Milano, Parigi, Londra, New York, San Francisco, Sidney, Ginevra. Qui mi voglio dedicare solo al sociale».

 

Come nascono i refettori?

«In occasione di Expo 2015: il tema era “Nutrire il pianeta”, così ho creato il progetto Refettorio Ambrosiano per affrontare i problemi della fame nel mondo e dello spreco alimentare. Dal successo di questa prima iniziativa ho dato vita all’associazione “Food for soul” e aperto altri refettori nel mondo».

 

Adesso ce ne sono una dozzina ….

«Sì, sono diventati un punto di riferimento a livello globale tant’è che le Nazioni Unite mi hanno insignito del titolo di loro ambasciatore: “Goodwill ambassador”. Giusto la scorsa settimana ero a New York insieme con Biden, Zelensky e Ursula von der Leyen: proprio qui ad Harlem abbiamo inaugurato un refettorio all’interno di una chiesa sconsacrata che abbiamo completamento ristrutturato. È diventato un punto di riferimento del quartiere».

 

massimo bottura

Milano le piace?

«Beh, innanzitutto è la città dei nerazzurri! Poi è la città che ha dato vita a questo progetto pazzesco, il refettorio appunto, per il quale sono stato anche premiato con l’Ambrogino d’oro. Qui ho decine e decine di amici che mi fanno sentire come a casa. Milano non è mai stata così bella. Girando per la città in questi giorni ho pensato: certo che qui hanno fatto proprio un bel lavoro».

 

Ovvero?

«Gli architetti hanno portato la luce anche nei quartieri più disagiati, hanno rivitalizzato la città. Poi ci sono delle situazioni al limite, come in ogni parte del mondo. Per esempio a New York oggi non riesco più a sentirmi tranquillo come una volta. Questa idea di legalizzare la marijuana mi lascia molto perplesso, sta creando delle situazioni al limite».

 

Eppure, lei è dichiaratamente un progressista…

«E lo sono, mi considero una persona molto aperta».

massimo bottura foto di bacco (4)

 

A Modena a settembre ha inaugurato un nuovo ristorante, il Gatto Verde: anche lei riscontra difficoltà nel trovare personale?

«Di sicuro il problema esiste. Per quanto mi riguarda io tratto i miei ragazzi come parte della mia famiglia. Cerco sempre di coinvolgerli e stimolarli: per esempio abbiamo sfruttato il lockdown per pensare a nuovi progetti che poi si sono realizzati. Come gruppo dopo la pandemia siamo cresciuti del 30% aprendo nuovi locali nel mondo».  

 

Ma è stato anche un periodo duro….

«Io ho perso mio fratello a causa del Covid. Durante il lockdown, però, ho sempre cercato di pensare in modo positivo, sennò vai giù di testa. L’incertezza, per uno come me che pianifica tutto, è dura da gestire: l’ho affrontata dando vita a tutte le idee che avevo nel cassetto».

Pellegrino Artusi Massimo Bottura
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