“NON ASCOLTO LA MUSICA, MA NON LO FACEVO NEMMENO PRIMA. EPPURE HO VENDUTO 523 MILIONI DI DISCHI NEL MONDO, SONO TERZO DIETRO I BEATLES ED ELVIS – IL GRAN MOGOL E’ DIVENTATO PURE INTONATO: “BASTA CANTARE PER DIECI GIORNI CON UN DISCO CHE FA DA GUIDA" – LE POLEMICHE CON LA VEDOVA DI LUCIO BATTISTI: "PREGO PER LEI CHE SI RAVVEDA" - SANREMO? NON LO GUARDO. PER FARE IL DIRETTORE D’ARTISTICO MI DOVREBBERO DARE UN SACCO DI SOLDI" – E POI RIVELA: “MI PIACEREBBE VINCERE IL NOBEL PER LA LETTERATURA”
-Estratto dell'articolo di Elvira Serra per corriere.it
Mogol, quante canzoni ha scritto?
«Ah non lo so... Però ho venduto 523 milioni di dischi nel mondo. Sono terzo, dopo i Beatles ed Elvis Presley».
Di quale è più orgoglioso?
«Impossibile rispondere. Una delle cose che mi ha fatto più piacere è stata riscrivere da zero Space Oddity, che David Bowie voleva cantare in italiano: il mio testo non c’entrava nulla con il suo. Si intitola Ragazzo solo, ragazza sola , Bertolucci l’ha scelta per il film Io e te».
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Giulio Rapetti Mogol il 17 agosto compie 87 anni. Non li dimostra. Ha occhi vivaci e curiosi e una passione assoluta per quello che fa: scrivere canzoni o aforismi, inventare un gel che fa passare i dolori muscolari con gli oli essenziali o una macchina per togliere il mal di schiena, stendere un piano per i migranti o la planimetria della sua casa.
Da qualche settimana non va più a cavallo, perché si è operato da poco all’anca, ma conta di riprendere al più presto. Di tutto questo parliamo sotto un tiglio meraviglioso, con fronde fiorite e profumate che ci fanno ombra nel giardino della sua tenuta in Umbria, sede del Cet, il Centro Europeo Toscolano che in 31 anni ha diplomato oltre tremila autori, interpreti, compositori, produttori. Primo allievo inconsapevole (perché l’idea della scuola arrivò dopo) fu Zucchero, che chiese a Mogol di diventare suo maestro.
Chi le piace dei giovani?
«Non so, non li conosco...».
Non ascolta la musica?
«No, ma nemmeno prima. Ho ancora il giradischi, ma i dischi non ci sono più».
Però ne ha appena inciso uno con Mario Lavezzi, «Capolavori Nascosti»: 13 brani «recuperati» più un inedito.
«Quel cd lo ascolto in macchina, quando viaggio. E poi ho questo altoparlante che collego al cellulare, ora gliene faccio sentire qualcuna. Una storia infinita fu scartata da Amadeus: disse che aveva troppe canzoni».
Lei lo guarda Sanremo?
«No. La competenza per me è fondamentale».
E se le chiedessero di fare il direttore artistico?
«Dovrebbero darmi un mucchio di soldi».
In compenso continua a fare serate: 60 l’estate scorsa.
«Riempiamo le piazze, vengono a sentirci 3-4-5 mila persone, cantano tutti, li incito».
Ma lei non era stonato?
«Non più, si può diventare intonati. Basta cantare per dieci giorni con un disco che fa da guida, una o due volte al giorno, e poi si cambia. Sta tutto nella capacità di relazione fra la voce e l’orecchio».
C’è una canzone che avrebbe voluto firmare lei?
«Ma le pare che con tutto quello che ho prodotto vorrei anche aver scritto la canzone di un altro, che magari ne ha fatte solo tre?».
Però non è riuscito a incidere «Il paradiso non è qui», l’inedito scritto per Battisti.
«Quella è una cosa molto ingiusta perché era stato lui a chiedermi di scrivere la canzone. Ho lavorato gratis, senza la possibilità di risentirla. Ed è una delle più belle».
Non sente mai la vedova, Grazia Letizia Veronese?
«No. Ma io prego per lei, che si ravveda».
E Battisti lo sogna?
«No, lo penso. Credo che lo incontrerò quando sarò morto. Chissà se avrà la chitarra».
Magari farete un’altra canzone insieme.
Sorride. «Sarebbe bello».
Ha un rimpianto?
«Forse aver venduto la Numero Uno, la nostra casa discografica: abbiamo preso tre lire mentre valeva molto di più. Ma avevamo stipendi importanti e avevo paura di non riuscire a pagarli».
È consulente del ministro Sangiuliano.
«Sono suo consigliere, ma non ci siamo ancora incontrati».
Allora è vero che lei è di destra?
«Il fatto che stimi Giorgia Meloni è fuor di dubbio: è ovunque con efficacia straordinaria e dimostra alle altre la forza delle donne. Lotta dalla mattina alla sera per il Paese e crede solo nella competenza. Accidenti quanto è vero!».
Però la politica dell’accoglienza mi sembra lontana dallo spirito con cui lei, per esempio, ospita due famiglie ucraine da più di un anno.
«La decisione di ospitare queste due sorelle con i figli l’ho presa con mia moglie. Adesso le ha raggiunte un marito. Diamo loro un piccolo stipendio perché ci aiutano, hanno la carta di credito. Sui migranti il discorso è un altro: ho spedito un piano alla premier».
Possiamo riassumerlo?
«Aiutiamoli a casa loro. Creiamo una spa finanziata dall’Unione Europea per fare investimenti produttivi nei Paese africani. Noi qui già viviamo attaccati uno all’altro: lì hanno praterie immense».
Hanno anche la guerra.
«I profughi possono chiedere ospitalità negli altri Paesi africani dove la guerra non c’è. Con i loro prodotti si potrebbero aprire negozi di primizie in Europa».
Nel 2016 la candidarono al Nobel per la letteratura.
«Quest’anno ci riprova la Società Dante Alighieri».
Le piacerebbe vincerlo?
«A chi non piacerebbe? Però nella mia vita ho avuto già tanto. Per non parlare di tutte le volte, almeno venti, che mi sono salvato mentre nuotavo, andavo a cavallo o in altre situazioni pericolose. Cosa posso chiedere di più?».
Nel 2007 ha sposato Daniela Gimmelli: avete più di 30 anni di differenza. La spaventa?
«Non ho mai calcolato la differenza di età. Daniela era venuta a trovarmi qui a cavallo, ci siamo conosciuti così: sono passati più di 20 anni. È una donna con un grande cuore, aiuta tutti, è molto amorevole con me. Dirige il Cet nella parte organizzativa».
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