“E, ORA, CI SAREBBE DA DISCUTERE CHI DECIDE COSA È VERO E COSA È FALSO, SE SELVAGGIA, IL FIDANZATO CUOCO, LA CASSAZIONE, UN GIORNALISTA, IL “POPOLO DEL WEB” O IL SENSO CRITICO DI CIASCUNO DI NOI” - CANDIDA MORVILLO INCALZA CON 4 DOMANDE LA LUCARELLI DOPO IL SUICIDIO DELLA RISTORATRICE GIOVANNA PEDRETTI: “DAVANTI A UNA TRAGEDIA, PRIMA DI AUTO-ASSOLVERSI E RIVENDICARE DI AVERE RAGIONE, NON BISOGNEREBBE CHIEDERSI SE SI È SBAGLIATO QUALCOSA?”

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Candida Morvillo per https://pernientecandida.corriere.it/2024/01/15/il-caso-giovanna-pedretti-4-domande-a-selvaggia-lucarelli-e-quando-abbiamo-smesso-di-provare-pieta/

 

 

selvaggia e il fidanzato lorenzo biagiarelli

Questo è uno di quei momenti in cui, prima che la verità, conta la compassione. Questa è la storia di una ristoratrice che, per promuovere il suo locale, s’inventa forse una falsa recensione e un falso cliente infastidito dalla presenza di disabili e gay, diventa un’eroina nazionale, viene poi accusata da una coppia d’influencer d’aver mentito e, infine, si suicida. E, ora, ci sarebbe da discutere chi decide cosa è vero e cosa è falso, se Selvaggia Lucarelli, se il fidanzato cuoco, se la Cassazione, se un giornalista, se il «popolo del web» o se il senso critico di ciascuno di noi.

 

Ci sarebbe da discutere se ci fa più orrore l’ipotesi di qualcuno che si fa pubblicità usando gli ultimi e i deboli o qualcuno che si fa pubblicità rivendicando di essere il giustiziere che ha scatenato un caso il cui epilogo è un essere umano che si suicida. È più accettabile, per modo di dire, promuovere se stessi abusando dei buoni sentimenti o promuoversi  facendo leva sui sentimenti peggiori delle persone, la riprovazione, l’odio?

 

giovanna pedretti

Ci sarebbe da discutere di molte cose che hanno a che fare con uno spirito dei tempi a velocità moltiplicata in cui non è vero ciò che appare ma diventa vero ciò che fa più clic e in cui fa più clic ciò che, vero o falso, attira più commenti negativi e insulti. Ci sarebbe tanto da dire, se non fosse che davanti alla perdita di una vita umana bisognerebbe zittire l’ego, aprire il cuore anzitutto alla umana pietà e chiederci dove e se abbiamo sbagliato anche noi. Sia noi che facciamo informazione, sia noi che semplicemente commentiamo, parliamo, giudichiamo, spariamo sentenze.

 

In questa brutta storia della ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano Giovanna Pedretti che si è suicidata, i soggetti che, per primi, hanno ritenuto di smascherarla non hanno espresso, adesso, una parola di compassione. Questo è il giorno in cui forse stabiliremeo se la perdita di una vita possa essere il fisiologico danno collaterale di uno scoop vero o da dimostrare. Eppure, quando ci fu il suicidio di Matteo Viviani seguito a un servizio delle Iene, Selvaggia Lucarelli parlò di «un metodo senza pietà», il metodo era: aspettare un uomo sotto casa, renderlo riconoscibile, inseguirlo coi microfoni.

selvaggia lucarelli

 

Ma ora, nel post che segue il ritrovamento del corpo di Giovanna, Selvaggia Lucarelli scrive: «Una persona inventa una storia usando disabili e gay per avere quella popolarità sui social che ormai tutti vogliono. Lo fa confezionando un commento fatto male, molto ingenuo da un punto di vista tecnico.

 

Era chiaramente falso al primo sguardo. Tutta la stampa italiana va dietro al primo che dà la notizia senza verificare. Tutta. Gli influencer la riprendono. La signora diventa l’eroina nazionale. La signora è la star del giorno. Qualcuno si prende la briga di fare debunking. Qualcuno dice che la notizia che è in home su tutti i giornali è falsa. Normale amministrazione ormai. Purtroppo. La signora viene trovata morta». Viene trovata morta. Amen.

 

selvaggia lorenzo biagiarelli

Eppure, al momento, non vi è la certezza che il post che ha innescato il caso fosse un fake e nessuno sa perché Giovanna Pedretti ha deciso di togliersi la vita, se lo ha fatto perché si vergognava per essere stata scoperta, se al contrario perché è stata accusata ingiustamente e non ha retto lo scherno che rimbalzava sui media e nelle chiacchiere da bar, oppure se si è uccisa per altri, privatissimi, motivi.

 

Quando non sappiamo, dovremmo fermare il giogo delle accuse e delle speculazioni, interrogarci anzitutto sulle responsabilità che abbiamo, noi giornalisti, che avremmo dovuto fare un fat cecking accurato e non solo la cronaca dei fatti e tutti noi quando con leggerezza commentiamo gli scivoloni degli altri, provati o no.

 

selvaggia lucarelli

Lucarelli si è affrettata a dire «non c’era manco stata questa gogna di cui si sta parlando sui social». Però un servizio al Tg e un post rilanciato da un profilo da un milione e 300 mila followers possono pesare in maniera devastante su una persona non abituata alle dinamiche della reputazione mediatica. Quindi, la prima domanda è: come misuriamo l’entità di una gogna?

 

Domanda numero due: chi decide cosa è vero e cosa è falso? I magistrati, ora, stanno indagando sui device a disposizione della ristoratrice per capire la verità, ma in attesa dei risultati, che sia uno chef stellato o un giornalista ad analizzare le font di una recensione e a tirare delle conclusioni, forse, sarebbe il caso di usare il condizionale.

 

Inoltre, adesso tutti si chiedono se la vittima avesse altri problemi. Sempre Lucarelli sembra alludere a temi di salute mentale: «Temo quindi che si sappia troppo poco dei pregressi, della storia personale. Come sempre, del resto. E i pregressi – drammatici – purtroppo ci sono, ma non è il momento di parlarne». Dunque, la domanda numero tre è: pure a essere convinti in buona fede di avere la verità in tasca, si può puntare il dito contro qualcuno e porsi il problema della sua fragilità solo quando muore?

 

selvaggia lucarelli

Infine, la domanda numero quattro è: davanti a una tragedia, a una vita interrotta, prima di auto assolversi, prima rivendicare di avere ragione, non bisognerebbe chiedersi se si è sbagliato qualcosa?

 

Dentro questa storia precipitano tutte le domande di quest’era social. Qual è il potere delle parole? Quale quello della verità e quale quello della menzogna? Qual è il ruolo dei giornalisti? Quale quello dei commentatori da tastiera? Ma soprattutto: perché abbiamo sempre bisogno di giudicare? Perché giudichiamo anche senza saperne abbastanza? Perché riteniamo di profilare la nostra identità giudicando le vite degli altri anziché costruendo al meglio le nostre?

 

Non darci le risposte ora, adesso, potrà portare solo altre tragedie e, di sicuro, non ci renderà migliori.

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Giovanna Pedretti