Maurizio Belpietro per “La Verità”
Ieri vi ho raccontato la storia di Giovanni Brusca, il mafioso che, nonostante abbia una fedina penale da film dell' orrore e sulla coscienza anche la morte di un ragazzino, strangolato e poi sciolto nell' acido per farne sparire il cadavere, a 64 anni è un uomo libero.
Essendosi pentito e avendo collaborato denunciando i propri complici, Brusca è stato premiato con uno sconto di pena. In pratica, per la lunga serie di omicidi (si stima che in qualche modo siano attribuibili a lui circa 150 assassinii) è stato condannato a soli due mesi di carcere per ciascun delitto. Cinicamente per lui si può parlare di una sentenza un tanto al chilo, anche se naturalmente la legge è rispettata, perché chi collabora con la giustizia può essere anche un serial killer ma è trattato come una mammoletta e coccolato dai pm.
Ciò detto, i premi per il boss non si limitano alla scarcerazione dopo soli 25 anni, ma si accompagnano ad altri comfort. Oltre alla libertà, Brusca godrà di uno stipendio a carico dei contribuenti. La somma al momento non è nota, ma pare che superi quella di molti pensionati, i quali pur avendo lavorato una vita faticano a ottenere dall' Inps un assegno mensile che arrivi a 1.000 euro.
Nel caso del killer di Cosa nostra invece si parla di 1.500 euro, ma non è tutto.
Se le persone oneste devono farsi bastare la pensione, saldando affitto e bollette, Brusca avrà a disposizione una casa, ovviamente gratis, e riceverà anche 500 euro per ogni familiare a carico. Senza dire poi della tutela di cui godrà, anche quella a spese dello Stato. In pratica, si guadagna di più ammazzando le persone che ammazzandosi di lavoro.
Immagino che a questo punto, come il sottoscritto, siate abbastanza indignati, ma vi invito a trattenere la rabbia perché la storia non è finita. Il killer del piccolo Giuseppe Di Matteo, il ragazzino tenuto in catene per due anni e il cui corpo fu poi sciolto nell' acido per non lasciare tracce, non è il solo criminale che lo Stato tratta in guanti bianchi. Da una rapida indagine condotta dal nostro Fabio Amendolara sono emersi i nomi di altri mafiosi e camorristi in procinto di tornare in libertà, molti dei quali con la stessa cortesia riservata al killer di Giovanni Falcone.
Dei pluricondannati sulla rampa di lancio per uscire dal carcere pare ci sia Francesco Schiavone, detto Sandokan, un camorrista pentito che al pari di Francesco Bidognetti, altro pezzo da novanta della criminalità organizzata in Campania, sarebbe vicino alla fine della pena. Tra i boss che potrebbero presto lasciare la cella si segnalano anche altri capi della Cupola come Leoluca Bagarella, autore di svariati omicidi oltre che tra i responsabili della strage di Capaci, e i due fratelli Graviano, che nel curriculum possono vantare l' organizzazione degli attentati del 1993, a Roma, Firenze e Milano, oltre che l' omicidio di don Pino Puglisi. Infine, si prepara alla libertà anche Giovanni Strangio.
In altri tempi questi signori sarebbero stati definiti avanzi di galera, assassini da lasciare dietro le sbarre per tutta la vita. Ma grazie alla cosiddetta legislazione premiale, ovvero agli sconti di pena per chi collabora, e a quella che pur non premiale riduce le condanne annullando di fatto l' ergastolo, tutti questi stinchi di santo potrebbero presto circolare a piede libero e, in qualche caso, siccome non hanno neppure sessant' anni, ricostruirsi una vita. Come nel caso di Brusca, magari con l' aiuto dello Stato, con un nome nuovo e un salotto ultimo modello è uno stipendio a vita.
Sì, sarà anche come dicono in coro gli ex magistrati Luciano Violante, Pietro Grasso e Giuseppe Ayala che lo Stato può permettersi di scarcerare i mafiosi perché ha vinto.
maurizio belpietro sulla terrazza dell atlante star hotel (2)
Ma a leggere la storia di Brusca e dei suoi compari di delitti si capisce una sola cosa è cioè che il cittadino onesto ha perso e paga sempre il conto di delitti che non ha commesso.
ENZO BRUSCA ARRESTO GIOVANNI BRUSCA brusca GIOVANNI BRUSCA GIOVANNI BRUSCA giovanni brusca