Anna Masera per “la Stampa”
Il servizio intitolato «Le concertiste sexy mettono la minigonna e la musica classica scala le classifiche» pubblicato ieri su «La Stampa» a firma di Sandro Cappelletto è stato oggetto di un' accesa discussione in redazione e non solo. E come al solito i confronti fanno bene e ci indicano la direzione giusta. «Certo bastano una minigonna e uno sguardo ammiccante, a che cosa servono secondo le migliaia di ore di studio. Invece di guardare la minigonna, guardate l' espressione e la tecnica!» commenta amareggiata via Twitter una lettrice musicista (Fiorella, di Torino).
Il servizio parla di un fenomeno noto di questi tempi dove l' apparire è più importante dell' essere. Sottolinea i ragionamenti di marketing per vendere e rendere più pop un genere musicale «alto» dietro l' abbigliamento delle concertiste, ma forse sarebbe stato utile sottolineare che anche nella musica classica le donne ritengono di potersi vestire come vogliono.
Sostenere che l' uomo sceglie di comprare un cd perché in copertina c' è una donna svestita sembra un ragionamento datato, specialmente visto che il servizio è stato proposto al pubblico non come articolo di costume, ma come «Inchiesta» di primo piano: che cosa indaga? E' arricchito da grafici in cui i numeri riguardano la percentuale di ascoltatori di musica classica e di donne musiciste, ma l' articolo descrive il Ìook delle concertiste, non affronta il tema delle scelte di marketing delle maggiori etichette discografiche. Non dice che cosa succede se una musicista talentuosa non rientra nei canoni estetici del suddetto marketing.
Forse, se al servizio avesse partecipato anche una giornalista donna, la diversità di genere avrebbe contribuito ad apportare una diversità di visione: dopotutto il fenomeno di marketing che punta sull' aspetto - tutt' altro che nuovo - riguarda anche i musicisti maschi, che posano a loro volta mettendo il fisico in risalto su giornali e riviste in cerca del successo di pubblico. Non si tratta di una battaglia per tutelare la sensibilità femminile, ma per un giornalismo in sintonia con i nostri tempi.
maurizio molinari premio e' giornalismo 2018
Abbiamo posto la questione all' autore e al direttore. «La lettrice di Torino ha ragione: bisogna ascoltare con le orecchie, non con gli occhi. Ho cercato di dire proprio questo, ma forse il messaggio non è arrivato e mi scuso se ho offeso la vostra sensibilità» risponde Cappelletto, che a 67 anni si autodefinisce un maschio italiano «tardo-adulto» secondo i parametri Istat. Per Maurizio Molinari «i cambiamenti del costume vanno conosciuti e discussi, anche al prezzo di sollevare contrasti».
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