“TI POTEVA ANDARE PEGGIO, MAGARI RIMANEVI BLOCCATO IN UNO SLUM DI LAGOS” - LA VACANZA-QUARANTENA DEL VELISTA BEPPE MINELLO BLOCCATO A PAPEE’TE, IN POLINESIA: “COME LO DICO A MIA MOGLIE? DOVEVA ESSERE UNA VACANZA IN BARCA. POI PERÒ PER L’EMERGENZA CORONAVIRUS HANNO CANCELLATO TUTTI I VOLI PER IL RITORNO A CASA. E ORA? A PAPEE’TE CI RESTERÒ ALMENO UN MESETTO". GODITELA…
-BEPPE Minello per la Stampa
«Ti poteva andare peggio, magari rimanevi bloccato in uno slum di Lagos». In effetti, messa così dall’ex collega che mi ha dato una mano per trovare connessioni intercontinentali che non ha trovato (perché non ci sono), e nella quale avevo riposto le mie ultime speranze di tornare in fretta a casa, difendersi dal coronavirus a Papee’te, in Polinesia (perché è qui che si trova la Papee’te originale), può ben essere intesa come una vacanza inattesa.
Ma non è proprio così.
Sono sbarcato quattro giorni fa nella capitale di Tahiti dopo quasi 4 mila miglia di navigazione a vela dalle Galapagos, e non è stato bello vedersi cancellare di brutto il volo che avrebbe dovuto portare me e un altro membro dell’equipaggio di “Ariel”, l’Hallberg Rassy 53 del chirurgo vascolare di Parma Paolo Casoni, impegnato nel giro del mondo, a casa da dove manco già da un mese e mezzo. Prima di imbarcarmi a Puerto Ayora, avevo investito una decina di giorni a visitare l’Ecuador.
L’allarme coronavirus era già scattato nel mondo ma sembrava ancora un dramma circoscritto alla Cina e il Sudamerica era totalmente immune. E così ora mi trovo con un bagaglio anacronistico e pesantissimo che comprende scarponi utilizzati sulle Ande, un bellissimo Panama che in barca rischio di perdere a ogni alito di vento e maglioni e giacche a vento che nemmeno al Sestrière.
Un peso e un fastidioso ingombro - la barca dove continuo a vivere è grande, ma insomma - visto che i 30 gradi costanti (acqua compresa) alla fine li affronto agevolmente con due pantaloni corti, due magliette e un costume che indosso e lavo a rotazione, tanto si asciugano in un’ora. Per quattro giorni ho avuto l'ansia di trovare un volo che non c’è e neanche si prevede, immaginare triangolazioni aeree con Paesi ancora aperti ai collegamenti internazionali – via Parigi, via Sydney, via Doha, niente - passare ore sui social, tranquillizzare la famiglia barricata in casa a difendersi dal virus e angustiata per me, “prigioniero” dall’altra parte del mondo.
Tutto inutile: oggi ho realizzato che, salvo miracoli, a Papee’te ci resterò «almeno un mesetto» buttano lì, informalmente, dalle parti della Farnesina, credo impegnata in salvataggi più urgenti. Li capisco, ma un mese? Non so cosa in questo momento mi preoccupa di più: se il coronavirus che qui ha fatto registrare fino ad oggi 34 casi (non molti, ma siamo su un’isola) oppure il doverlo dire a mia moglie. (continua)