“TRAVIATA” IN TRANS – AL TEATRO “PONCHIELLI” DI CREMONA È ANDATA IN SCENA LA CELEBRE OPERA DI VERDI, NELLA RIVISITAZIONE DEL REGISTA LUCA BARACCHINI, CHE VEDE IL PERSONAGGIO DI VIOLETTA VALÉRY COME TRANSGENDER ALLA RICERCA DELL'ACCETTAZIONE DEL PROPRIO CORPO. CON IL CORO DI ZINGARELLE E MATTADORI TRASFORMATO IN UN FESTINO A BASE DI FRUSTINI E BONDAGE – DAL LOGGIONE SONO PIOVUTI FISCHI… - VIDEO
-
Egidio Bandini per “Libero quotidiano”
Verrebbe proprio da dire: povero Verdi! Come se non fosse bastato il "Verdi transgender" ideato a Parma per il Festival Verdi 2021, ci si mettono anche i registi a cercare di sorprendere il pubblico con azzardi e cambiamenti, ovviamente in un'unica direzione, quella del politicamente corretto. Ed ecco che a Cremona, teatro "Ponchielli", ultimo matinée ieri e trasferta a Como da oggi, va in scena una delle opere più conosciute di Giuseppe Verdi: Traviata, con una differenza abissale rispetto alla stesura del libretto di Francesco Maria Piave, ispirato alla Signora dalle camelie di Dumas.
Per cominciare, il giovane regista Luca Baracchini avverte il pubblico dicendosi: «Intimamente convinto che la lunga e assidua frequentazione ci abbia assuefatti a Traviata, e forse non devo scusami, caro Spettatore, se tutto quel che porteremo in scena fra poco sarà fatto nel tentativo di rendere la tua poltrona un po' meno comoda».
Ed eccoci ai fatti, come scrive "cremonasera": «L'opera presentata sul palco del Ponchielli trova nella regia di Luca Baracchini una proposta che legge nel personaggio di Violetta Valéry la storia di una persona transessuale e del suo rapporto con l'accettazione del proprio corpo. Violetta passa quasi l'intera opera in compagnia di un suo alter ego mimo che in modo eloquente, ma non troppo efficace, esprime questo conflitto fra la registica Violetta-uomo e quella femminile.
E fin qui ci sta tutto. Non fosse che il coro di zingarelle e mattadori si è trasformato in un festino a base di frustini, di avances fra uomini, di bondage con tanto di maschera con le corna. La scena è stata accolta da un tiepido applauso e da un folto coro di "buu" e di "vergogna!" dal loggione».
Se Traviata al debutto sul palcoscenico della "Fenice" di Venezia nel 1853 fu, come disse lo stesso Verdi «un fiascone», non pare vada meglio alla trasposizione registica di Baracchini. D'altronde lo scrisse lo stesso compositore, molto chiaramente: «Io voglio un solo creatore, e m' accontento che si eseguisca semplicemente ed esattamente quello che è scritto. Leggo sovente nei giornali di "effetti non immaginati dall'autore" ma io, per parte mia, non li ho mai trovati... Io non ammetto né ai cantanti né ai direttori la facoltà di creare!... (Aldo Oberdorfer: Verdi, autobiografia dalle lettere pag. 261)».