I MIGLIORI GIANNI DELLA NOSTRA VITA – TERESA CIABATTI RACCONTA BONCOMPAGNI: "HA INVENTATO L’ALLEGRIA IN TV. FU IL PRIMO, CON “NON È LA RAI”, A MOSTRARE L'INNOCENZA” - DICEVA “FACCIO UN PROGRAMMA SENZA CONTENUTI, NON VOGLIO LASCIARE MESSAGGI” – LA TESTIMONIANZA DI LAURA COLUCCI (EX NON E’ LA RAI) – “BONCO CHIESE DI VEDERCI A CASA SUA. NON C'È MAI STATO SESSO. ERA TUTTO UN PO' SOTTINTESO. DOPO CENA TIRAVA FUORI IL BARATTOLO DELLA NUTELLA. SE LO PASSAVANO CON UN CUCCHIAINO. AD UN CERTO PUNTO, MI SONO ROTTA IL CAZZO. NON CI SONO PIU’ ANDATA E SONO FINITA..."
-Teresa Ciabatti per il “Corriere della Sera”
«Ha illuminato la giovinezza» dice Renzo Arbore, il giorno dell'ultimo saluto, la bara a Via Asiago 10, sede di Radio Rai dove per loro è iniziato tutto. «Gianni ha inventato l'allegria in televisione», sempre Arbore.
Conduttore radiofonico, paroliere, autore televisivo, compositore e regista televisivo, Gianni Boncompagni muore a Roma il 16 aprile 2017. Ha 85 anni.
A via Asiago sfilano gli amici: Raffaella Carrà, Marisa Laurito, Irene Ghergo, Nino Frassica, Tito Stagno, Renzo Arbore. Gli amici e le ragazze, quelle ragazze che lui ha fatto lavorare, le quali rivendicano di essere sue creazioni: è vero, Gianni ha illuminato la giovinezza, la loro.
Ed è proprio questo il punto, l'aspetto dibattuto, a volte frainteso, di quello che è senza dubbio l'inventore della televisione contemporanea.
Che Gianni Boncompagni detto Bonco sia un genio lo si capisce da subito, dai programmi radiofonici come Bandiera Gialla , Altro Gradimento , in coppia con Arbore.
Siamo a fine anni Sessanta, inizio Settanta. Poi il passaggio alla televisione, 1977: Discoring , primo programma musicale che si rivolge a un pubblico di ragazzi, attraverso linguaggio ed estetica.
A ben vedere Boncompagni è già tutto qui: nell'attenzione all'adolescenza, nella capacità di raccontarla. Nel '77 lui è un ultraquarantenne, eppure sembra ancora dall'altra parte, dalla parte dei ragazzi di età e di spirito come Arbore.
Soffermiamoci su Arbore: Barbara, figlia di Gianni, ricorda: «da bambina Renzo mi diceva di avere un gemello che si chiamava Giuseppe.
Ogni volta che veniva a casa io dicevo: sei Renzo, e lui: no, Giuseppe. Per tutta l'infanzia ho creduto che fossero due».
Ecco, non c'è sintesi migliore per descrivere lo spirito, la grazia giocosa che ha caratterizzato un gruppo di lavoro che era anche un gruppo di amici.
«Ho vissuto un'infanzia stupenda» afferma Barbara (ricordiamo che Boncompagni ha cresciuto da solo le figlie di cui ha chiesto e ottenuto la patria potestà).
Negli anni '80 la carriera di Bonco prosegue: Pronto Raffaella? , Domenica in . Dunque il passaggio a Mediaset. «Sinceramente non lo so - dice lui stesso intervistato su Il Fatto Quotidiano in merito a Non è la Rai - Forse l'idea non mi venne. Fu una visione. Berlusconi voleva farmi rifare Pronto Raffaella? Io gli dicevo impossibile, è un programma basato sulle telefonate e Mediaset non ha la diretta, lui però insisteva: che c'entra, noi lo facciamo con le telefonate finte».
Da indicazioni vaghe e da una libertà assoluta concessa all'autore nasce Non è la Rai .
Programma rivoluzionario, con un'estetica mai vista prima, e un apparente, meraviglioso, a tratti struggente, girare a vuoto - non è forse questa l'essenza della giovinezza?
Girare a vuoto senza centro (geniale l'intuizione di eliminare il conduttore assegnato dalla rete, rompere lo schema).
Insieme al successo incredibile di ascolti però, arrivano le critiche: la sessualizzazione di minorenni, molte delle quali sotto i quattordici anni, inquadrate in atteggiamenti seduttivi. A Famiglia Cristiana Boncompagni risponde: «Faccio un programma privo di contenuti, non voglio lasciare nessun messaggio». Pecca di modestia, o meglio: non ha intenzione di spiegare la sua opera che magari un giorno sarà studiata - cosa che avviene, molto prima di quel che lui immagina. Studiata, imitata e ancora discussa. Irriverente, spericolato Boncompagni rischia l'equivoco senza timore, fronteggia la morale comune, quasi la sfida. Sapendo bene che la discussione che ne deriva costituirà un passo avanti culturale e sociale.
Sembravano averlo capito tutti ormai.
Invece no. Dopo la sua morte qualcuno torna sulla questione delle ragazzine, prende elementi della vita privata del regista per dimostrare una certa morbosità verso la gioventù (scandalose - secondo loro - le storie d'amore, a cominciare da quella con la Carrà durata dieci anni, lei ventisei anni, lui trentacinque!).
Qualcuno ricorda Isabella Ferrari, allora diciassettenne, con la quale Boncompagni fu fidanzato, e polemizza sul fatto che ci siano trattamenti diversi da parte dell'opinione pubblica, se lo fa Boncompagni bene, se lo fa Berlusconi no (la giornalista Barbara Carfagna a cui replica Marco Travaglio spiegando la differenza).
Ecco farsi avanti Laura Colucci, ex ragazza di Non è la Rai , ai più sconosciuta, che a Today e a Le Iene racconta: «A un certo punto, Boncompagni chiese di vederci a casa sua. E quindi andammo là. Lui si divertì tanto e quindi da quella sera poi ci ha preso gusto. Domani a casa di Gianni, sabato a casa di Gianni e poi la prossima settimana a casa di Gianni.
Ad un certo punto, mi sono rotta il caz**. Cioè a me non me ne fot** un caz** di andare a casa di Boncompagni. Mi hanno detto: "Ah guarda, a tuo rischio e pericolo". Non ci sono andata e sono finita. Non c'è mai stato sesso era tutto un po' sottinteso, capito? Dopo cena tirava fuori il barattolo della Nutella. Se lo passavano con questo cucchiaino».
Immediata la reazione delle altre che smentiscono qualsiasi clima di ambiguità, ribadendo che con loro Gianni è stato sempre protettivo. Lucidamente: Gianni Boncompagni è il primo che in televisione squaderna l'innocenza. L'innocenza non è un valore assoluto, non esistono valori di per sé. E niente è più pericoloso della semplificazione - a proposito di ambiguità. Boncompagni è stato narratore che ha guardato la purezza come un prisma.
E no - qui l'arte - non ha messo in scena il desiderio, ha generato desiderio. Che poi questo desiderio abbia preso anche strade morbose non riguarda l'opera, non riguarda lui (le ragazze raccontano di lettere e regali inquietanti ricevuti da sconosciuti).
Contro i benpensanti, contro chi confonde i piani, e scova messaggi dove non ci sono.
Contro chi ha la presunzione, spacciata per illuminazione, di individuare una traiettoria precisa dalla rappresentazione alla realtà, stabilendo un forzato nesso di causa effetto.
Contro chi crede che epurando l'opera, nascondendo armi, droga, gambe delle donne, si educhi al bene (fino alla Cancel Culture ).
Contro questo plotone ottuso hanno vissuto, inventato, lavorato loro, il gruppo di amici geniali (Boncompagni, Arbore, Carrà), contro l'idea stessa di educare il pubblico.
Hanno combattuto il plotone ottuso con qualcosa di molto più potente: l'invenzione dell'allegria - citando Arbore.
Questi amici che hanno fatto in tempo a invecchiare insieme - commovente al funerale di Boncompagni Arbore. Renzo Arbore anziano e profondamente ferito che piange, piange e, in un gesto di pudore, cerca di nascondersi, di mostrarsi sereno, ma fallisce - l'unico fallimento di Renzo Arbore, magnifico fallimento: perché lì a via Asiago è l'inizio di tutto, l'inizio della loro giovinezza, e questa, esattamente questa - la morte di Bonco - la fine.
Così Eleonora Cecere, ex Non è la Rai , che ricorda Gianni: «Non dimentico l'ultima uscita: io, lui, e Raffaella (ndr Carrà) all'Ikea. Lui passava intere giornate là dentro. Con Raffaella camminavano sottobraccio, lui era già stanco. Quel giorno sembravamo una famiglia normale: mamma, papà e figlia». E ancora: «Gianni mi regalò una tazza per la colazione».