LA MORTE CHE HA SCONVOLTO L’AMERICA – SU SKY È ARRIVATO L’INSTANT DOC “8 MINUTI E 46 SECONDI. L’ASSASSINIO DI GEORGE FLOYD” – DAL GRIDO SOFFOCATO “I CAN’T BREATHE” ALLE PROTESTE CHE SI SONO DIFFUSE A MACCHIA D’OLIO IN TUTTI GLI STATI UNITI, RACCONTATE DALLA VOCE DELL’ATTORE IDRIS ELBA – VIDEO
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Il 25 maggio a Minneapolis l’afroamericano George Floyd è stato bloccato a terra da un poliziotto bianco con un ginocchio sul collo per 8 minuti e 46 secondi, interminabili e terrificanti, togliendogli il fiato e la vita.
«8 minuti e 46 secondi: l’assassinio di George Floyd», è l’instant doc prodotto da Sky che racconta quei terribili momenti e l’ondata di indignazione e proteste globali che ne è seguita al grido di «Black Lives Matter» (Sky TG24 e Sky Atlantic).
Sono immagini terrificanti: il ginocchio del poliziotto che preme sul collo di Floyd esprime la disumanità più grande che si possa immaginare. Seguiamo i suoi ultimi disperati tentativi di sfuggire la morte: nel video dell’incidente si sente Floyd dire «non riesco a respirare».
Sono le stesse parole usate nel 2014 da Eric Garner, un afroamericano di New York che morì soffocato mentre veniva arrestato. Si sentono anche alcuni passanti dire «liberategli il collo» e «sta sanguinando dal naso». Il documentario mostra manifestanti neri e bianchi insieme, giorno dopo giorno sempre più numerosi, per chiedere giustizia ma soprattutto per dire basta alle discriminazioni razziali.
Con la voce narrante dell’attore e regista Idris Elba e i contributi del politico e religioso statunitense Jesse Jackson, della scrittrice e attivista Ilyasah Shabazz, figlia di Malcom X, della scrittrice Bonnie Greer e dell’attivista del movimento black lives Matter Zellie Imani.
Giusto riaccendere il dibattito sul razzismo, senza però dimenticare che, da tempo, per i media la morte non è più un tabù: dev’essere esibita quasi per la paura che una tragedia non vista resti invisibile, cioè inesistente. Qualcosa si è spezzato per sempre, la morte si è fatta spettacolo, il nostro occhio si è indurito. Il catalogo delle atrocità è così sterminato che le domande legittime rattrappiscono sul nascere: un «accrescimento senza progresso», diceva Musil, che si risolve nella tranquilla connivenza della tragedia e del suo contrario.