UNA NARRAZIONE A SENSO UNICO: ORMAI AL CINEMA GLI UOMINI SONO RAPPRESENTATI SULL'ORLO DI UNA CRISI DI NERVI, VITTIME DI LORO STESSI E DELLA LORO "VIRILITA' TOSSICA" - AL FESTIVAL DI BERLINO VA IN SCENA IL TRAMONTO DEL MASCHIO: DALL’ITALIANO “DISCO BOY” AL DOCUMENTARIO SU BECKER, IL GRANDE CAMPIONE DI TENNIS FINITO IN CARCERE PER BANCAROTTA (“TUTTI SBAGLIANO MA NEL MIO CASO HO PAGO UN PREZZO MOLTO ALTO PER I MIEI ERRORI”) 

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Estratto dell'articolo di Fulvia Caprara per “La Stampa”

 

DISCO BOY

In bilico sul punto di non ritorno, in lotta con le contraddizioni di un ruolo sempre più discusso, inadeguati, vulnerabili, smarriti. Uomini sull'orlo di una crisi di nervi popolano il paesaggio maschile degli ultimi decenni e, in forme diverse, si specchiano nel cinema. Nell'unico film italiano in corsa alla Berlinale per l'Orso d'oro, Disco Boy, il protagonista Aleksei (Franz Rogowski) è un ragazzo bielorusso che fugge a Parigi, si arruola nella Legione Straniera e, attraverso quell'esperienza di sangue e violenza, proprio mentre sembra che ormai non abbia più nulla da perdere, ritrova l'istinto della rinascita.

 

Il regista Giacomo Abbruzzese, nato a Taranto nell'83, residente in Francia, dice che il suo «è un film di guerra, ma anche un viaggio interiore», la fotografia metaforica e misteriosa di un'evoluzione che libera dal male e spinge il protagonista verso l'altro, il nemico, il diverso.

DISCO BOY 2

 

L'unica condizione, necessaria per iniziare il cammino, è toccare il fondo, tenendo gli occhi ben aperti, come quando il soldato Aleksei, spedito sul delta del Niger per annientare la protesta degli abitanti del luogo contro delle multinazionali petrolifere, incrocia lo sguardo di Jomo e avverte la scintilla di un sentimento. Per realizzare Disco boy (nei cinema dal 9 marzo con Lucky Red) Abbruzzese racconta di aver impiegato dieci anni, ma dalla sua tenacia, dalla scelta di lasciare l'Italia («Non ce la facevo più a guardare un Paese che andava a picco»), è nata una consapevolezza ampia sulle cose del mondo: «E' importante parlare col nemico, perché la pace si fa con i nemici. Disco boy è la storia di una metamorfosi, mi piace l'idea che la forza fisica possa essere accompagnata da una certa fragilità e da uno sguardo tormentato».

 

disco boy. 3

Il comune denominatore, alle più diverse latitudini, resta la difficoltà di essere uomo, a partire dal biopic di Alex Gibney, Boom! Boom! The World vs. Boris Becker, storia del grande campione di tennis finito in carcere per bancarotta. In alcuni casi prevale la spinta distruttiva, la nevrosi esasperata fino alle più tragiche conseguenze, come racconta Manodrome, diretto da John Trengove. In altri, vedi il film che Margarethe von Trotta ha dedicato alla poetessa austriaca Ingeborg Bachmann, le differenze e gli stereotipi, pur filtrati da passione amorosa e culturale, non bastano a contenere lo scontro.

 

disco boy. 1

Al centro di Ingeborg Bachmann Journey into the desert, accolto ieri alla Berlinale da grandi applausi e molto interesse, l'incontro, nel 1958, tra l'autrice femminista e lo scrittore e architetto svizzero Max Frisch, si arena, nonostante la forte attrazione tra i due, su una contrapposizioni insormontabile, la tensione di lei verso l'indipendenza e l'attaccamento di lui al modello di maschio tradizionale (...)

 

Sempre più geloso, sempre più possessivo, sempre più conservatore, Frisch (Ronald Zehrfeld) cerca consolazione in altre donne, mentre l'unione naufraga nel dolore: «Con Max – dice von Trotta – Bachmann aveva cercato di costruire un rapporto che unisse impegno e libertà, ma era ben consapevole che, in quegli anni, per una donna, era ancora molto difficile affermarsi».

 

BORIS BECKER 45

Della galleria di uomini incapaci di tenere il passo fa parte, in una parabola estrema che ricorda per certi versi Taxi driver, il protagonista di Manodrome, Ralphie, autista Uber interpretato da Jessie Eisenberg, divorato da una paura di vivere che, con la gravidanza della compagna, diventa devastante. Non bastano le ore di allenamento in palestra e nemmeno la parvenza della quiete familiare di una coppia in attesa.

 

Mentre cerca di fare i conti con il trauma del padre che l'ha abbandonato da bambino, con la voglia di distruggere tutto, con l'ansia derivante dal bisogno di soldi, Ralphie diventa preda del santone Padre Dan (Adrien Brody), alla guida di una setta centrata sull'esaltazione della superiorità maschile: «Le persone raccolte in quel tipo di gruppi – dice Eisenberg – rappresentano quella parte di società maschile che oggi si sente minacciata dal superamento delle differenze di genere. Tutte le loro inadeguatezze, tutti i loro timori, finiscono per manifestarsi sotto forma di rabbia contro le donne».

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Boom! Boom! The World vs Boris Becker