VIDEO - IL DIALOGO TRA FRANCO CITTI E CARMELO BENE AL ''COSTANZO SHOW''
Marco Giusti per Dagospia
“Daje, diamo soddisfazione ar popolo”. Accattone stavolta è morto davvero. Franco Citti, eroe del primo film di Pier Paolo Pasolini, Accattone, è morto nella sua Roma a 80 anni, dopo una lunga malattia che lo aveva costretto a non poter più parlare bene per quasi vent’anni.
Le poche parole che riusciva a dire erano “No”, “Si”, “Vaffanculo”. E passava la giornata girando per Fiumicino e, ovviamente, a tifare per la Roma. Anche se aveva recitato in una sessantina di film, Franco sarà per sempre Accattone, come diceva Carmelo Bene che lo volle attore a teatro, “Tu sei Accattone”.
In un primo tempo per questo ruolo si era anche pensato a un vero attore, Franco Interlenghi, come ricordava Sergio Citti, fratello di Franco e collaboratore storico di Pasolini, scomparso una decina d’anni fa. “Personalmente non credevo che riuscisse a far recitare mio fratello, perché Franco era un timido, musone, se ne stava zitto e buono tutto il tempo. Invece Pier Paolo lo seppe sciogliere. Da principio so che la produzione e anche lo stesso Pasolini avevano pensato a Interlenghi per il ruolo, ma dopo optarono di comune accordo per mio fratello, perché un attore, tra tutte quelle facce vere, non c’entrava niente”.
Secondo Mommoletto, uno dei pochi attori del film ancora vivi, Pasolini in realtà aveva pensato anche a un altro non attore. Ma, al tempo, era carcerato. Quindi la scelta cadde su Franco, fratello di Sergio, che allora faceva il muratore. “Ho studiato pochissimo, fino alla quinta elementare”, dice in un’intervista della Rai girata poco dopo il film, “l’ho fatta cinque volte e poi ho smesso, c’è stata la guerra…”.
Con Accattone Franco Citti non diventa un attore, diventa il personaggio stesso che ha interpretato per sempre. Nonché l’incarnazione del borgataro romano riletto da Pasolini in tutta la sua bellezza e tragicità. Nessun vero attore avrebbe potuto avere la stessa eleganza di Citti che attraversa le borgate ripreso in primo piano nel bianco e nero di Tonino Delli Colli. E la sua stessa intensità.
“Pasolini”, dice in un’intervista, “non vuole mai che io legga il copione, che sappia troppe cose, mi dice ‘hai fatto troppo bene, mi pari Laurence Olivier’ e mi fa rifare. La devi rifà peggio, la devi fa’ normale’, mi dice. Per me fare l’attore è difficile solo con Pasolini, che vuole le cose più difficili, ma le vuole anche nel modo più facile, non si sa mai come fare con lui. Io sono istintivo, quello che dico e faccio è istintivo.
Nella vita sono difficile alla commozione, ma quando faccio una parte allora mi viene una tensione, una tensione che alle volte quasi mi commuovo. Per lo più giro una volta e basta, lui me la spiega bene:’ho poca pellicola’, mi dice, ‘devi farla una volta, semplicemente, e basta’. Io non penso ci sia una troupe. Giro, faccio e basta. Se va bene, Pasolini mi dice solo ‘basta, è finita’.
Con Pasolini, oltre a Accattone, gira da protagonista Edipo Re assieme a miti come Carmelo Bene e Julian Beck, ha poi ruoli minori ma sempre forti in Porcile, nel Decameron, dove è un Ser Ciappelletto cattivissimo, in I racconti di Canterbury, dove è Satana, in Il fiore delle mille e una notte. Con Paolo Heusch e Brunello Rondi è protagonista di Una vita violenta, tratto da Pasolini, girato subito dopo Accattone. Con Sergio Citti recita in quasi tutti i suoi film, Ostia, Storie scellerate, Il Minestrone, Sogni e bisogni.
ninetto davoli franco citti pier paolo pasolini
E’ fenomenale il suo duetto con Gigi Proietti in Casotto quando i due cambiandosi proprio nel casotto per mettersi in costume, si tolgono i calzini e scoprono che hanno i piedi zozzi, Citti decide di rimetterseli, Proietti invece tenta la carta dell’uscita veloce verso il mare e si prende in pieno una capocciata contro un pattino. Florestano Vancini lo vuole in Seduto alla sua destra, sorta di rilettura del Vangelo mischiata con la morte di Lumunba come un simil ladrone buono.
Intervistato dalla tv sul suo futuro di attore, Citti rispose con un geniale “Boh? Finchè dura fa verdura”. Fece addirittura un paio di spaghetti western, lo troviamo nel politico Requiescant di Carlo Lizzani, dove recitano anche Ninetto Davoli e Pasolini, in cambio di una Ferrari, e in Ammazzali tutti e torna solo di Enzo G. Castellari. Racconta Castellari che Citti si presentò col fratello in Almeria e mangiarono e si divertirono per settimane. Lo troviamo anche in una serie di film da sottobosco pasoliniano, Il magnaccio di tal Franco de Rosi, Macrò di Stelvio Massi, come se ormai il suo ruolo fisso fosse quello del pappa già provato con successo nel suo primo film. Poi in Ingrid sulla strada di Brunello Rondi, e chissà chi ha messo Ingrid sulla strada, in Puttana galera!
Di Gianfranco Piccioli, dove certo non fa una guardia carceraria. Meglio in Colpita da improvviso benessere di Franco Giraldi. Fece qualche poliziottesco, Uomini si nasce poliziotti si muore di Ruggero Deodato, Roma: l’altra faccia della violenza, La banda del trucido. Ma la sua presenza era molto impegnativa per un regista di genere. Qualsiasi cosa facesse Franco diventava subito un qualcosa di pasoliniano. Eccolo in todo modo di Elio Petri, in Ciao marziano di Pingitore, in Eroina di Massimo Pirri. E’ favoloso ne La luna di Bernardo Bertolucci, dove adesca al bar il giovane protagonista e gli offre un “birrino”.
Nessuno aveva nello sguardo quella intesità da borgataro cattivo e affascinante. Alla fine degli anni ’90 lo troviamo in Magi randagi di Sergio Citti, un film che andrebbe recuperato e rivisto, in un film di Gianni Minello, E insieme vivrete tutta la stagione. Girò perfino un film, Cartoni animati, con Fiorello protagonista. Un mezzo disastro, purtroppo, anche se mi disse, quando ancora stava bene, che in realtò lo fece girare a suo fratello Sergio.
“Il primo giorno di riprese, mi dicono ‘non dice azione, motore?’ Nooo, il motore per me è quello che sta in garage. Chiamai Sergio e lo fece lui”. Dopo l’ictus, il primo anno di Stracult lo abbiamo avuto come guest star muta in una specie di rivisitazione di Casotto insieme a suo fratello Sergio che spiegava un po’ il film. Si limitava a chiudere la porta del casotto e a salutarci. Il mio organizzatore Nicola Di Gioia, che era anche lui sul set di Accattone, prima di dargli un piccolo gettone per l’impegno, gli disse, “A Fra’, lo so che hai visto tempi migliori”. Certo, Franco aveva certamente visto tempi migliori.
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