IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - ERA BRAVISSIMO LIBERO DE RIENZO CHE SE NE È ANDATO TROPPO PRESTO A 44 ANNI. IL SUO SIANI NEL BELLISSIMO FILM DI MARCO RISI, “FORTAPASC”, È L’EROE DEI NOSTRI GIORNI. FAVOLOSO IL BART DI “SANTA MARADONA” NEL 2001, CHE DIVENTÒ UN FILM GENERAZIONALE PER I TRENTENNI DEL MOMENTO – QUANDO DISSE NO ALLA TRASMISSIONE “COCKTAIL D’AMORE”, IL RUOLO IN "SMETTO QUANDO VOGLIO" E QUELL’ARIA DA ANGELO CADUTO. MA ANCORA PRONTO A DIVERTIRSI – VIDEO
-Marco Giusti per Dagospia
Era bravo, anzi bravissimo Libero De Rienzo detto Picchio, che se ne è andato davvero troppo presto a 44 anni. Guardatelo nel film di Marco Bocci “A Tor Bella Monaca non piove mai”, dove è il protagonista che precipita da una sfiga all’altra.
E’ perfetto. Ha la classe di un vecchio attore americano classico, distaccato, divertente anche quando la situazione si fa davvero drammatica, elegante anche nelle situazioni più coatte.
Il suo Siani nel bellissimo film di Marco Risi, “Fortapasc”, è l’eroe dei nostri giorni, fermo e coraggioso, che lotta per un paese migliore e per il trionfo della verità. In Italia. A Napoli, in mezza alla camorra…
E’ bravo anche in quel brutto film, ma penso sia brutto anche il romanzo, che è “Appunti di un venditore di donne” diretto da Fabio Resinaro, da poco in streaming, dove fa un poliziotto appesantito con la barba mal fatta, amico del protagonista. Ovviamente gli ruba la scena. Anche da appesantito.
Nel 2001, se non sbaglio, andai a intervistare lui, Stefano Accorsi e Marco Ponti a Torino sul set di “Santa Maradona”, che diventò quel che si dice un film generazionale per i trentenni del momento. Era una delle prime interviste di “Stracult” di Rai Due.
Rimasi rapito dalla carica vitale di Libero De Rienzo, che allora aveva fatto poco e niente (“Asini”).
In coppia con Stefano Accorsi, anche allora più attore, più contenuto, era inarrestabile. Battute su battute, trovate. Non mi ricordo quanto abbiamo girato quel giorno, ma sembrava non esaurirsi mai. Peccato che poi al montaggio, taglia qui e taglia là, non rimase moltissimo di quella vitalità, ma la ripresa originale, vi giuro, era esplosiva.
Marco Ponti stava girando il film che tutti i trentenni di allora desideravano, i gol di Maradona nei titoli di testa, la dedica a Bud e Terence alla fine, un film che raccontasse i loro desideri, le loro passioni, i loro amori, proprio alla fine di un secolo e all’inizio di un altro.
Il Bart di Libero era favoloso, ricordate quando spiega perché non fuma? “Vuoi sapere il perché? Ti dico il perché. Io non fumo perché al cinema non si può fumare e non potrei mai vedere un film senza fumare, se fumassi.
Quindi non fumo. Humm! Sai qual'è la verità? È che è tutta la vita che aspetto di dire questa cosa e non me l'aveva mai chiesta nessuno. E guarda che è brutto avere una risposta bella pronta e nessuno mai ti fa la domanda giusta”.
Bart sembrava vivere su quel divano, immerse tra i ricordi e le battute. Nell’autunno del 2001, quando uscì il film, stavo preparando un programma che lasciò davvero il segno, “Cocktail d’amore”, fortemente voluto da Carlo Freccero, uno show sulla musica degli anni ’80 presentato addirittura da Amanda Lear, ma accanto alle sue interviste alle grandi star del tempo, alla sigla di testa girata dai Manetti, avevamo pensato di costruire in quel di Via Teulada, dentro agli studi occupati da “I fatti vostri” di Michele Guardì (non mi dite che sta ancora lì…) e dai suoi programmi per telemorenti, una sorta di controscena critica con due ragazzi, tra i venti e i trenta, che guardano la tv e parlano e ripensano ai loro anni ’80, tra calcio, musica, pubblicità, tv, politica.
Un po’ come in “Santa Maradona”, diciamo, ma era anche un omaggio e un modo per fare vedere agli spettatori repertori di vecchia tv ormai rarissimi, prima dell’arrivo di You Tube.
Fu Massimo Coppola, allora stella di MTV a BrandNew a dirci che forse Libero De Rienzo, suo amico, ci sarebbe stato. Così lo richiamai, lì per lì era interessato, ma certo, il film stava andando così bene, lui ci vinse anche un David, i ragazzi sapevano già a mente le sue battute e, insomma, gli si stava aprendo un futuro di grande cinema da protagonista che prevedeva anche il suo film da regista, “Sangue”, che realmente fece. Non mi ricordavo, me lo ha ricordato oggi Enrico Salvatori, che venne in Rai a spiegarci le sue ragioni del perché non potesse fare “Cocktail d’amore”.
Non me ne ricordavo più. C’eravamo tutti noi autori, Alberto Piccinini, Luca Rea, Salvo Guercio, Massimo Coppola.
Lo voleva fare però… però… però… Peccato. Certo non sarebbe stato simpatico fare questa sorta di spin off del film di Marco Ponti, ma l’idea era di ragionare sugli anni ’80 e su tutto quello che aveva formato una generazione. Era un bla bla bla molto teorico e totalmente libero. Pazienza. Si fece lo stesso, e benissimo. E lui fece i suoi film. Non tutti, ahimé, funzionarono.
Soprattutto non funzionò come il primo il secondo film di Marco Ponti scritto per lui, “A/R: Andata+ritorno”, né il suo film da regista, “Sangue: la morte non esiste”, che raccolse però dei premi all’estero.
Libero si scontrò da subito con dei sogni che non era facilissimo realizzare nel nostro non simpaticissimo mondo del cinema e della fiction italiana. Mi ricordo che voleva smettere del tutto, il non successo di “Sangue” non gli era andato giù. E poi si arrese, accettando ruoli non sempre bellissimi, anche della fiction modesta coi poliziotti.
E per fortuna che trovò Marco Risi e “Fortapasc”, dove fece vedere quanto era bravo, in un film che ebbe l’unico torto di uscire dopo il successo di “Gomorra” di Matteo Garrone. Lo ricordo anche come novello Gigi Proietti in un buffo ruolo in “Tutti al mare”, il sequel di “Casotto” diretto da Matteo Cerami. Un film che andrebbe ricuperato.
Ma quando lo rivedemmo in “Smetto quando voglio” di Sydney Sibilia e nei suoi due sequel, nel ruolo di un altro Bart, ci sembrò quasi un reduce rispetto a “Santa Maradona”. In fondo erano passati ben 14 anni e non era più lo stesso Bart ragazzo di allora. Tutta quella carica sembrava scomparsa. Ma Sydney Sibilia aveva comunque ricostruito con affetto il Libero De Rienzo che tanto era piaciuto a tutti ai tempi di “Santa Maradona” e grazie a questo nuovo Bart ha avuto molto lavoro in questi ultimi anni.
Non mi ricordavo che si chiama Bartolomeo, anzi Bartolomeo Vanzetti anche nel buffo “Una vita spericolata” di Marco Ponti, dove però, accanto all’emergente Matilda De Angelis, ci sono due ragazzi più giovani, Lorenzo Richelmy e Eugenio Franceschini, e a lui spetta il ruolo dell’ispettore che li insegue. Un film sfortunato, perché pensato per Richelmy e Domenico Diele, che a metà riprese venne arrestato perché aveva messo sotto una donna. Fu sostituito e le gran parte delle sue riprese rigirate con Franceschini.
Ma il film intanto non era più così caldo. Uscì malissimo e andò malissimo. E’ ottimo, invece, nel recente “Fortuna” di Nicolangelo Gelormini, dove fa un padre piuttosto assente e misterioso, e qualcosa ci aspettiamo dai due film che ha girato come protagonista e che devono ancora uscire, “Takeaway” di Renzo Carbonera e “Una relazione” di Stefano Sardo. In tutti questi film, quello che noto, e che non aveva certo il vecchio Bart sul divano di “santa Maradona” è un’aria di angelo caduto. Ma ancora pronto a divertirsi.
Mi ricorda dal set del suo nuovo film americano Luca Guadagnino che il film più importante di Libero De Rienzo è "A ma soeur" di Catherine Breillat, girato nel 2001, dove due sorelle francesi, una è Romane Mexida, hanno un ambiguo rapporto con lui. La Breillat ebbe non pochi problemi sul set con Libero e la situazione diventò addirittura la storia del suo film successivo, "Sex Is Comedy", dove ritroviamo la Mexida nel ruolo di se stessa, la Breillat interpretata da Anne Parillaud e Libero è interpretato da Gregoire Colin in un tripudio di piselli finti usati per le scene di sesso al cinema. Subito dopo Guadagnino lo ebbe poi protagonista di un film che non ho visto, "Mundo civilizado", girato interamente a Catania, con Claudio Gioe' e Valentina Cervi.