COME FACEVAMO A NON AMARE JEAN PAUL BELMONDO? CHI AVEVA LA STESSA LEGGEREZZA PER TRADURRE IN SPETTACOLO L'AMORE PER IL CINEMA? – FU IL MITO DEL CINEMA DI GENERE FRANCESE ANNI 70. NEL TEMPO NON SI È MAI DATO PER VINTO NÉ CON LE DONNE NÉ CON LA VITA, ANCHE QUANDO SEMBRAVA CHE IL MEGLIO FOSSE PASSATO - LA PASSIONE E LE ZUFFE CON URSULA ANDRESS: COME TI SEI FATTA QUEL TAGLIO? LE CHIEDO. "ME L'HA FATTO JEAN-PAUL CON UN COLTELLO" MI RISPONDE. PERCHÉ? BEH, GLI AVEVO SPARATO. GELOSISSIMO, LE AVEVA VIETATO UNA SERIE DI FILM IMPORTANTI PER AVERLA SOLO PER LUI. UNA VOLTA PER RECUPERARLA SI ARRAMPICÒ FINO AL… - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
Non si è fatto scoppiare con la dinamite come in Pierrot le fou di Jean-Luc Godard, il film di Jean-Paul Belmondo che mi piacerebbe rivedere di più oggi, in onore della sua uscita di scena a 88 anni. Certo. Vedere "Pierrot le fou" senza rivedere il primo capolavoro suo e di Godard, "Fino all'ultimo respiro" non sarebbe giusto. Anche lì muore in un finale meraviglioso, passandosi il dito sulle labbra, tradito da Jean Seberg.
Ah, le donne! Ovvio rivedrei anche "Une femme est une femme", ancora Godard. Con Anna Karina. A colori. Quasi un musical. Lì Belmondo imita il sorriso coi denti in vista bianchissimi di Burt Lancaster in "Vera Cruz" di Robert Aldrich. Come facevamo a non amarlo allora? Chi aveva la stessa leggerezza per tradurre in spettacolo l'amore per il cinema?
E i suoi noir, a cominciare da "Il buco" di Jacques Becker, il suo rapporto con Jean-Pierre Melilli, col quale fa tre film, "Lo sciacallo", "Lo spione" e "Leon Marino prete", con José Giovanni,"Il clan dei marsigliesi". Favoloso.
Mi piaceva meno nei suoi film italiani, anche importanti come " La ciociara" di Vittorio De Sica con Soohia Loren, "Mare matto" di Renato Castellani, il pur bellissimo "La viaccia", dove incontra Claudia Cardinake. Ma era bravissimo nel cappa e spada a colori superfrancese, "Cartouche" di Philippe De Broca e nell'avventura anni 60, "L'uomo di Rio", "L'uomo di Hong Kong".
Come ti sei fatta quel taglio? Chiedo a Ursula Andress. "Me l'ha fatto Jean-Paul con un coltello" mi risponde. Il loro è stato un grande amore pieno di passione e di zuffe. Perché te l'ha fatto? Beh, io gli avevo sparato. Gelosissimo, le aveva vietato una serie di film importanti per averla solo per lui. Una volta per recuperarla si arrampico' fino al secondo piano di un albergo.
Era uno scontro continuo. Lei non sopportava che lui facesse colazione a letto leggendo "L'Equipe" e sporcano con le mani nere d'inchiostro il letto.Diffidava di tutti. Ma soprattutto di Mastroianni che con Ursula aveva girato La decima vittima". Mi ha detto che Fellini le aveva proposto un film in coppia con Marcello e Belmondo si è opposto. Innamorato e geloso, ma poi, ahimè, la tradì con Laura Antonelli, mentre giravano un film insieme.
Ursula se ne accorse e senza dire una parola lo lasciò senza fare le valigie. Bebel cercò di recuperarla inutilmente. Per dir la verità diventando famoso non riesce a mantenere lo stato di grazia degli inizi. Lo ricordiamo ancora fantastico ne "Il ladro di Parigi" di Louis Malle, dove fa un voleur anarchico e romantico.
O in "La mia droga si chiama Julie" di Francois Truffaut con Catherine Deneuve che lo fa impazzire. Ma non è il ruolo adatto a lui. Non brilla nemmeno nel thriller politicamente scorretto "Docteur Popaul" di Claude Chabrol, dove tradisce Mia Farrow con la cugina Laura Antonelli. È allora che scoppia la passione per la nuova star italiana. Lo capiamo anche vedendo il film. Belmondo era pazzo per le donne. Il giorno che non le desiderera' più sarà morto, mi disse Ursula che lo conosceva bene e ha seguitato a vederlo negli anni.
Negli anni i suoi film peggiorano, anche se lo vuole Alain Resnajs per "Stavinsky", ma tra "Borsalino" di Jacqyes Deray in coppia con Alain Delon, l'amico rivale di sempre, e una serie di poliziotteschi di grande successo diventa uno degli attori più amati di Francia. Non abbiamo idea oggi del successo dei suoi film anni 70 in Francia, pensiamo solo a quelli Georges Lautner, che divenne il suo regista di fiducia "Poliziotto o canaglia", "Il piccione di Piazza San Marco", "Joss il professionista, ma anche con Jacques Deray, Henri Verneuil.
Il suo ruolo è sempre quello del simpatico spaccone, sigaro in bocca, cappelletto, dolce vita e pistola pronta a essere estratta o già in mano. Lontano dalla Nouvelle Vague ma così amato dal pubblico. Un Merli francese, ma sempre ironico e pieno di vita, a differenza di Delon, più bello ma più freddo. Bebel fu il mito del cinema di genere francese anni 70. Nel tempo non si è mai dato per vinto ne' con le donne ne' con la vita, anche quando sembrava che il meglio fosse passato.