IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - RENATO SCARPA, SCOMPARSO IMPROVVISAMENTE OGGI A 83 ANNI, FU TRA I POCHI IN GRADO DI REGGERE L’IMPATTO DEI NUOVI GRANDI CAPOCOMICI DEGLI ANNI ’80, DA VERDONE A TROISI, MA ANCHE DEL PIÙ SERIOSO E DRAMMATICO NANNI MORETTI - SAPEVA RISPONDERE A QUALSIASI SITUAZIONE CON UNA UMANITÀ, UN CALORE, UN’UMILTÀ CHE POCHI ATTORI PUR CONSIDERATI MAGGIORI E SUPERPREMIATI, A DIFFERENZA SUA, POSSIEDONO... - VIDEO
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Marco Giusti per Dagospia
L’ultima volta che avevo visto, anzi intravisto Renato Scarpa, scomparso improvvisamente oggi a 83 anni, fu alla mega-reunion di un anno fa al Palo della Morte, anzi ar Palo della Morte, assieme a Carlo Verdone per ricordare il primo film cultissimo film di Carlo, “Un sacco bello”, dove lui e Renato, nel ruolo dell’amico Sergio, si dovevano vedere per andare a rimorchiare all’Est.
Inutile dire che Sergio si sente subito male, e invece che all’Est finisce al Fatebenefratelli tra i portantini coatti. Devo dire che quel giorno, ar Palo della Morte, evento voluto e costruito da Christian Raimo, tra caldo e Covid, fu un bel rischioso bagno di folla, ma anche d’affetto vero, alla faccia del Covid, del pubblico romano sia per Carlo che per Renato.
Che fu tra i pochi in grado di reggere l’impatto dei nuovi grandi capocomici degli anni ’80, da Verdone al Troisi di “Ricomincio da tre” e de “Il postino”, ma anche del più serioso e drammatico Nanni Moretti, che ha incontrato tardi, con “La stanza del figlio” e poi con “Habemus Papam”, dove è in pratica il coprotagonista di Michel Piccoli, e “Mia madre”.
Ma oltre a saper reggere l’impatto con un partner forte come Verdone o Troisi, Renato Scarpa sapeva rispondere a qualsiasi situazione con una umanità, un calore, un’umiltà che pochi attori pur considerati maggiori e superpremiati, a differenza sua, possiedono.
Una umanità e un’umiltà che aveva anche nella vita, e che lo ha premiato con qualcosa come 160 titoli, tra film e tv, titoli anche importanti e internazionali, dove la sua partecipazione non è mai stata banale o facile.
Del resto era tra i pochissimi attori considerati alti o drammatici, capaci di passare dai film dei Fratelli Taviani, Marco Bellocchio, Giuliano Montaldo, Liliana Cavani o da serissimi ruoli di prete, frate, cardinale, persino Papa, farmacista, medico, psichiatra a partner dei nostri Nuovi Comici degli anni ’80, perfino dei primi Giancattivi o di Jerry Calà. Nonché presenza fissa dei film all-neapolitans di Luciano De Crescenzo come milanese doc nel ruolo del Dottor Cazzaniga.
Nato a Milano nel 1939, inizia il cinema a trent’anni con film forti come “Sotto il segno dello scorpione” dei Taviani a fianco di Gian Maria Volonté, seguito poi da “Nel nome del padre” di Bellocchio nel ruolo di padre Corazza, “San Michele aveva un gallo” dei Taviani come Battistrada, “Giordano Bruno” di Montaldo come Frate Tragagliolo.
Interrompe la catena di preti e frati il ruolo da ispettore nel bellissimo horror di Nicolaes Roeg “A Venezia un dicembre rosso shocking”. Non bello, non particolarmente caratteristico, gira di tutto, dal dottore della fabbrica in “Delitto d’amore” di Luigi Comencini al farmacista di “La poliziotta” di Steno con Mariangela Melato a poliziotto in “Piedone a Hong Kong” di Steno a fianco di Bud Spencer e Cannavale.
Passa da un ruolo minore, il fratello di Erode ne “Il Messia” di Roberto Rossellini a protagonista, in un ruolo da bello, in “I giorni della chimera” di Franco Corona, tipico, tristissimo esordio da film italiano dell’Italnoleggio, che non gli cambia certo la vita.
Meglio trovarlo come professor Verdegast in “Suspiria” di Dario Argento, uno dei pochi ruoli maschili, o in “Un borghese piccolo, piccolo” di Mario Monicelli o “Al di là del bene e del male” della Cavani.
Le cose cambiano quando lo vediamo a fianco di Carlo Verdone in un episodio di “Un sacco bello” nel 1980 e subito dopo come Robertino a fianco di Massimo Troisi in “Ricomincio da tre”. A quel punto lo troviamo in tutti i film dei nuovi comici, da “Ad ovest di Paperino” di Alessandro Benvenuti a “Vado a vivere da solo” di Marco Risi con Jerry Calà. E con “Così parlò Bellavista” inizia il suo legame nei film di Luciano De Crescenzo come il “milanese” dottor Cazzanuga.
Un percorso che lo porterà a “Il postino”, il suo capolavoro da attore, perché riesce a risolvere tutte le scene di un Troisi già malato con una classe e un’amicizia davvero rari. Nel 2000, dopo tanta tv, lo chiama Nanni Moretti per “La stanza del figlio”, ma è come cardinale in “Habemus Papam” che avrà il suo ruolo migliore. Lo troveremo anche in “Diaz” di Daniele Vicari, dove ha un grosso ruolo di testimone della mattanza della polizia, mentre nel televisivo “Trilussa” arriverà a interpretare Papa Pio XI. Attivo fino a pochissimo, lo abbiamo visto in “Rocco Schiavone”, ma anche nella recente commedia di Paolo Costella “Per tutta la vita” e in quello che dovrebbe essere il suo ultimo film, “After the War” di Gavin J. Chalcraft con Giancarlo Giannini.