IN NINO VERITAS: “VENDEVO PIÙ DI TUTTI, MA IN TV NON MI PASSAVANO. ERO IL TERRONE. NON ESISTE MURO PIÙ ALTO DEL PREGIUDIZIO” – NINO D’ANGELO: “ABITAVAMO IN OTTO IN UNA STANZA, LA DISOCCUPAZIONE PER COINQUILINA. LA POVERTÀ TI FA ARRIVARE ALLA FELICITÀ SUBITO CON UNA PICCOLA COSA, LA RICCHEZZA STANCA - MI FORMAI VENDENDO GELATI ALLA STAZIONE CENTRALE, VEDEVO VAGONI DI MIGRANTI, IN LACRIME VERSO LA GERMANIA” - QUANDO IL NAPOLI VINSE LO SCUDETTO, DISSE BASTA CON LA RETORICA DEL RISCATTO SOCIALE: "NOI DI NAPOLI SIAMO FIGLI DI DI GIACOMO E BENEDETTO CROCE. DA COSA CI DOBBIAMO RISCATTARE?”
-Estratto da ilnapolista.it
Nino D’Angelo intervistato da Repubblica.
Nino D’Angelo, core pazzo, ex scugnizzo biondo, lei porterà “I miei Meravigliosi anni 80…e non solo!” in un unico concerto allo Stadio Diego Armando Maradona, il 29 giugno. Una data importante?
«È la festa di San Pietro, e io sono nato a San Pietro a Patierno, “‘o quartiere d’‘e scarpari”, tutti calzolai. Era distrutto dalle bombe, giocavo con ragazzini senza braccia o gambe. Mi ha regalato una famiglia splendida e la bellezza della povertà».
Che c’è di bello nella povertà?
Nino D’Angelo: «Ti fa arrivare alla felicità subito, basta una piccola cosa. Al contrario della ricchezza, che stanca. Noi abitavamo in otto in una stanza, la disoccupazione per coinquilina. Non c’era tempo per la noia».
Suo padre, operaio, non credeva nel suo talento?
«Non credeva nel merito, è diverso. Da rassegnato, si fidava più della raccomandazione. Siccome non ne avevo, per proteggermi dalle delusioni, diceva che non sarei andato lontano. Io invece, con la speranza, ci aprivo i portoni. E lo smentii. Ma sul fatto che eravamo poveri fra i poveri aveva ragione».
Il primo lavoro a 14 anni.
«Prima di cantare ai matrimoni e nei ristoranti, lavoravo in una fabbrica di suole e vendevo caffè sui treni Napoli-Formia, ma fu vendere gelati alla stazione centrale che mi formò».
Come?
«Incontravo fratelli inguaiati e scelsi da che parte stare. La strada non è un luogo, è vita. È quando ti dividi una sigaretta e la disperazione. Vedevo vagoni di migranti, in lacrime verso la Germania».
I tempi in cui lei era snobbato.
«Vendevo più di tutti, milioni, ma in tv non mi passavano. Ero il terrone. Non esiste muro più alto del pregiudizio».
QUALCHE MESE FA AL CORRMEZZ
Quando il Napoli vinse lo scudetto, disse basta con la retorica del riscatto sociale:
«Premessa: basta con il “riscatto sociale”. Semmai è l’Italia a doversi riscattare, non Napoli che da sempre è capitale. Noi siamo figli di Di Giacomo, E. A. Mario e Benedetto Croce. Da cosa ci dobbiamo riscattare?».