NON CI RESTA CHE RIDERE - ARRIVA IL DOCUMENTARIO PER RICORDARE MASSIMO TROISI CON LE VOCI NARRANTI DI LELLO ARENA E CLORIS BROSCA (LA ZINGARA DELLA LUNA NERA) - E MARIO MARTONE DEDICA ALL’ATTORE SCOMPARSO NEL 1994 IL PROSSIMO FILM – RESTA UNA DOMANDA: LA COMICITÀ DI TROISI RIUSCIVA USCIRE DAI CONFINI DELLA CAMPANIA? LA RISPOSTA E’ SI’. TROISI ALLA FINE DEL SECOLO FU UNO DEI POCHI ATTORI-REGISTI CHE RIUSCIMMO A ESPORTARE. PER “IL POSTINO” EBBE DUE CANDIDATURE AL PREMIO OSCAR - VIDEO
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Giorgio Carbone per “Libero quotidiano”
Da ieri e fino al 21 dicembre c'è nelle sale cinematografiche il film diretto da Alessandro Bencivenga Il mio amico Massimo una strenna natalizia che racconta la vita e il percorso artistico di Massimo Troisi, uno degli attori più amati del nostro cinema.
A quasi 70 anni dalla sua nascita (San Giorgio a Cremano, 19 febbraio 1953), l'indimenticato interprete di tanti sketch televisivi, approdato sul grande schermo con film come Ricomincio da tre (1981) e Non ci resta che piangere (1984), Troisi torna sullo schermo, con questo documentario omaggio cinematografico reso in nome dell'amicizia.
Con le voci narranti di Lello Arena e Cloris Brosca, Il mio amico Massimo cuce insieme le immagini delle più note e divertenti esibizioni cabarettistiche, teatrali e televisive dell'attore napoletano oltre a backstage inediti, foto d'epoca, e interviste ad amici e personalità del mondo dello spettacolo, tra cui Carlo Verdone, Nino Frassica, Clarissa Burt, Maria Grazia Cucinotta, Ficarra e Picone e testimonianze di repertorio di Pippo Baudo e Renzo Arbore.
COMMEMORAZIONI Ma il film di Bencivenga non sarà il solo omaggio alla memoria del grande napoletano. Un suo celebre concittadino. il regista Mario Martone, ha annunciato l'uscita (il 19 febbraio il giorno che Troisi avrebbe compiuto 70 anni) di Laggiù qualcuno mi ama. Un titolo che evoca di botto altri exploit dell'attore e regista. Un documentario anche questo scritto in collaborazione con Anna Pavignano, la scrittrice che fu compagna, oltre che sceneggiatrice di Troisi. Una domanda sorge spontanea. Questi omaggi queste commemorazioni hanno un senso, possono avere un riscontro presso un pubblico di giovani, nati meno di 30 anni fa (Troisi se n'è andato nel 1994)?
Seconda domanda, anche per i contemporanei: la comicità di Troisi riusciva uscire dai confini della Campania? Renzo Arbore, che fu uno dei suoi grandi amici, una volta espresse qualche dubbio sulle possibilità di Massimo di arrivare a Belluno. La risposta è sì.
Troisi alla fine del secolo fu uno dei pochi attori-registi che riuscimmo a esportare. Per il Postino ebbe due candidature al premio Oscar. E quel film da lui scritto volle a ogni costo dirigerlo l'inglese Michael Radford che si offrì di subentrare a Troisi per la metà del suo abituale cachet quando Massimo, troppo spossato dalla malattia che doveva condurlo alla tomba, dovette rinunciare alla regia. E che poteva arrivare oltre Belluno ne ebbi anche io la prova il giorno dopo l'uscita del suo film d'esordio Ricomincio da tre.
Quel sabato mi bloccò in tipografia il mio allora direttore, il mitico Nino Nutrizio. «Siete stato voi (usava il voi alla fascista) a dare tre stellette a Ricomincio da tre?» Fece una pausa studiata. Poi: «Avete fatto bene». Altroché Belluno. Troisi era arrivato in Dalmazia (Nutrizio era originario di quelle parti).
IMPEGNO POLITICO E veniamo alla prima domanda. Che ci fa un men che trentenne con Pensavo fosse amore e invece era un calesse e Non ci resta che piangere? Oh se può farci, visti adesso i film funzionano più che 35, 40 anni fa. Allora i ventenni vivevano ancora la stagione sessantottina, disdegnavano trame che non trasudassero impegno politico. Troisi per molti versi fu in anticipo sui tempi.
Noi lo amammo subito perla sua comicità lunare, quando partecipò al grande boom del cabaret televisivo con gli sketch della "Smorfia". Troisi divideva il palcoscenico con colleghi destinati anche loro a cose notevoli (Lello Arena e Enzo De Caro) ma era già con evidenza quello maggiormente in grado di arrivare al cuore dello spettatore. Ci può arrivare anche oggi se qualcuno avrà la bontà (o l'astuzia) di riciclare i suoi titoli.
Perché nei giovani perplessi, spaventati di tutto, si possono rispecchiare tanti ragazzi del nuovo secolo. "Bamboccioni" incapaci di entrare nel grande bailamme della vita, innamorati dell'amore ma anche spaventatissimi, eppure a loro modo più consapevoli di tanti adulti. «Pulcinella senza maschera» come lo definì Ettore Scola che lo volle nel cast di suoi tre film: Splendor, Che ora è e Il viaggio di Capitan Fracassa.