Alessandro Orsini per il “Corriere della Sera”
Della clamorosa gaffe del prof. Alessandro Orsini ha scritto ieri Massimo Gramellini nel suo «Caffè». Ma c'è un aspetto televisivo dell'imbarazzante vicenda ancora tutta da approfondire. Riassumo brevemente: il giornalista Antonio Talia si accorge che in un video su YouTube, il prof. Orsini cita l'articolo di un certo «William J. Ampio», pubblicato dal New York Times.
Orsini fa anche lo spelling dell'autore, «A-M-P-I-O». Da rapida ricerca, vien fuori che sul New York Times non scrive nessun William J. Ampio. Ci scrive, invece, William J. Broad, già premio Pulitzer. In pratica il traduttore automatico ha tradotto il cognome «Broad» in «Ampio». Nel riportare l'episodio, ci si sofferma sulla gaffe, sullo sfondone, sulla «figura di palta». Talia, invece, colpisce nel segno: «Se Orsini non ha gli strumenti cognitivi per capire l'errore nella traduzione automatica di un articolo, come potrà riuscire a decifrare e poi spiegare il contenuto dell'articolo stesso?».
Ma Talia pone anche un problema televisivo cruciale. Le trasmissioni che lo invitano «se ignorano di invitare come "esperto" di affari internazionali qualcuno che è incapace di capire un articolo nella lingua franca delle relazioni internazionali significa che non sanno fare il proprio mestiere».
Oppure: «Se invece lo invitano conoscendo le carenze di Orsini sono semplicemente in malafede, e stanno facendo qualcosa che non ha nulla a che fare con il giornalismo». In realtà, c'è una terza ipotesi.
Le trasmissioni televisive (chiamiamole così, per stare sul generico) sono coscienti dei limiti culturali del prof. Orsini e del suo filoputinismo ma lo invitano perché le sue sceneggiate fanno aumentare gli ascolti, finiscono sui social, rilanciano il programma. È un problema molto serio, non c'entra nulla con le gaffe. È un problema che i vertici del servizio pubblico, la direzione di Rai 3 dovrebbero porsi al più presto.
ALDO GRASSO alessandro orsini 8