IL PIAVE MORMORO’: NON PASSA LO STRANIERO! CAZZULLO E L’INNO CHE SOSTENNE I NOSTRI SOLDATI CONDUCENDOLI ALLA VITTORIA DEL 4 NOVEMBRE 1918: “APPARTENGO A UNA GENERAZIONE PER CUI LA CANZONE DEL PIAVE SIGNIFICAVA MOLTO. ASCOLTARLA ANCORA MI EMOZIONA, ANCHE PERCHÉ PENSO A MIO NONNO, RAGAZZO DEL ’99. CERCHIAMO DI TRASMETTERE, SE NON LE EMOZIONI, ALMENO LE INFORMAZIONI AGLI ITALIANI CHE VERRANNO DOPO DI NOI. LO SFREGIO PIÙ GRANDE CHE SI POSSA FARE AI FANTI, PERÒ, È NEGARE CHE…” - VIDEO
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CHI ANCORA SI EMOZIONA PER LA CANZONE DEL PIAVE
Dalla rubrica delle lettere del “Corriere della Sera”
Caro Aldo, «La Leggenda del Piave» è un inno che celebra il compiuto percorso unitario della nostra Patria. Anch’io, bambino del ’40, quando l’ascolto, mi emoziono anche perché nel 1953 ebbi il privilegio di conoscere l’autore e diventarne allievo fino al 24 giugno 1961, giorno della scomparsa. E.A.
Mario (pseudonimo di Giovanni Ermete Gaeta), l’ultimo dei grandi poeti e compositori napoletani, scrisse versi e musica de «La Leggenda del Piave» nella notte dal 23 al 24 giugno 1918. La sconfitta di Caporetto era stata una tragedia per le truppe italiane però, se sul Tagliamento era vigorosa l’avanzata nemica, una speranza di vittoria poteva nascere sul Piave. La speranza ispirò al poeta una canzone che sostenne i nostri soldati conducendoli alla vittoria del 4 novembre 1918. Eppure sembra che questa data passi inosservata...
Raffaele Pisani
Risposta di Aldo Cazzullo
Caro Raffaele, grazie per il suo bel ricordo. Colpisce in effetti che ogni anno il 4 novembre passi sempre più sotto silenzio. Sa perché accade?
Perché non soltanto i fanti della Grande Guerra sono tutti morti; perché cominciano a morire anche i figli e i nipoti di coloro che la guerra l’hanno combattuta e raccontata. Ingiustamente, si spegne quindi la loro memoria. Sta accadendo persino per la persecuzione degli ebrei e per la Resistenza: chi non c’era, o non ne ha sentito parlare dai padri e dalle madri che c’erano, non ne sa nulla e, peggio, nulla ne vuol sapere.
La Grande Guerra fu un massacro spaventoso. Per l’Italia sarebbe stato molto meglio non entrarvi, e non condurla nel modo scriteriato con cui fu condotta, almeno sino a Caporetto. Lo sfregio più grande che si possa fare ai fanti, però, è negare che alla fine la vittoria sia arrivata. In Rete addirittura si racconta che la battaglia di Vittorio Veneto non sia mai stata combattuta.
Eppure negli ultimi giorni di guerra, quando passò al contrattacco partendo dalla linea del Piave e del Grappa, l’esercito italiano ebbe perdite spaventose; gli austriaci resistettero; poi crollarono di schianto, e a quel punto si cercò un luogo e un nome propizi — Vittorio Veneto appunto — per identificare una battaglia e una guerra vinte.
Appartengo a una generazione per cui la Canzone del Piave significava molto.
Ascoltarla ancora mi emoziona, anche perché penso a mio nonno, ragazzo del ’99.
Cerchiamo di trasmettere, se non le emozioni, almeno le informazioni agli italiani che verranno dopo di noi.