PLASTIC, IT’S FANTASTIC – A MILANO UNA MOSTRA CELEBRA L'EX NIGHT CLUB MENEGHINO DEGLI ANNI OTTANTA DOVE LA LIBERAZIONE SESSUALE E IL SUPERAMENTO DEI GENERI ERANO LA NORMA – FRAMMENTI DI DISEGNI DI KEITH HARING INCOLLATI AFFIANCO A UN POSTER STRAPPATO CHE RICORDA UNA SERATA QUEER, E POI FOTO DI ELIO FIORUCCI, MADONNA E GRACE JONES, ANDY WHAROL… - VIDEO

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Pierfrancesco Pacoda per "la Stampa"

 

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Come succede negli itinerari turistici newyorchesi, che prevedono visite guidate nei luoghi che hanno ospitato l'epopea della disco e delle sue successive trasformazioni, dai riservatissimi gay club, come il Continental Bath, a Bianca Jagger che solca su un cavallo bianco la porta del leggendario Studio 54, anche in Italia, l'archeologia della notte inizia a raccontare, attraverso reperti d'epoca, la storia del più creativo nottambulismo.

 

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Quella scena, in particolare, che si è sedimentata nella Milano degli eccessi a tutti i costi degli anni 80, quando in un angusto spazio in Viale Umbria apre il «Plastic Club». Fu una piccola, ma significativa, rivoluzione culturale, che fece dei club, luoghi non solo della festa, ma anche di elaborazione di linguaggi inediti. E, proprio grazie a un casuale ritrovamento, in una stanza adibita a deposito della prima sede della discoteca, di una serie di vecchie diapositive, è stata allestita da Niccolò Quaresima, la mostra «Dusk to Dawn. Fragments from the Plastic Archive» (durerà fino al 31 luglio).

 

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Nelle sale espositive di FuturDome, questi resti lacerati e difficilmente interpretabili, fanno da sfondo a una ricca collezione di rare «memorabilia», che provengono dall'archivio personale di Nicola Guiducci, l'eccentrico e visionario dj e art director che fece del «Plastic» il luogo dove era obbligatorio andare, se si voleva essere in sintonia con le ondate che in continuazione modificavano i costumi, non solo quelli giovanili e che avevano in quella pista da ballo uno dei principali incubatori in Europa.

 

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Sfilano, sino al 31 luglio, nella galleria di via Giovanni Paisiello, le grafiche, gli inviti, le locandine semi clandestine immaginate per alimentare il culto di un ambiente al quale si veniva ammessi non per la possibilità economica di acquistare il biglietto, ma per il proprio essere un tassello indispensabile nella creazione di una famiglia «altra», rispetto a quella di provenienza, ma non per questo, una volta accettati, meno accogliente. Uno spazio libero e liberato, fuori dal suo tempo, è l'immagine che la mostra restituisce del Plastic, una discoteca dove la liberazione sessuale e il superamento dei generi erano la norma.

 

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Frammenti di disegni di Keith Haring incollati affianco a un poster strappato che ricorda una serata queer, foto di frequentatori felici di aver finalmente oltrepassato quella porta, per diventare per una notte soltanto, una scheggia di immaginario condivisa con le tante celebrità, in maniera quasi anonima affollavano il Plastic, da Elio Fiorucci che da qui traeva la linfa vitale che avrebbe poi trasferito nelle sue collezioni, a Grace Jones, una presenza abituale sino a Andy Wharol.

 

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La mostra di Quaresima, che era uno dei barman del club, e nel suo luogo di lavoro ha ritrovato le diapositive alla base dell'iniziativa, ricostruisce le due sale del «Plastic» originale di Viale Umbria, tra la proiezione delle immagini deteriorate e tutto l'apparato iconografico del club, compresi due film di Nicola Guiducci, che restituiscono quelle sensazioni notturne che hanno fatto la storia del nottambulismo globale.

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