UNA POLTRONA PER TRE – CI SAREBBERO TRE NOMI IN LIZZA PER ANDARE A PRESENTARE “L’EREDITÀ” SU RAI1: VISTE LE DELUDENTI PRESTAZIONI DELLA PRIMA SCELTA, PINO INSEGNO, SONO RICICCIATI DAL CILINDRO MARCO LIORNI E FLAVIO INSINNA – I FLOP DELLA RAI PROSCIUTTO E MELONI NON SI CONTANO PIÙ, MA L’AD ROBERTO SERGIO SI DICE SODDISFATTO E SI LAMENTA DEI TAGLI: “SE DEI 70 EURO DI CANONE A NOI NE ARRIVANO SOLO 58, NON AVREMO LE RISORSE PER FARE UN PIANO INDUSTRIALE DI SVILUPPO INVECE CHE DI RISTRUTTURAZIONE…”
-Estratto dell’articolo di Paolo Festuccia per www.lastampa.it
Cui sarebbero tre nomi in lizza per andare a guidare il programma di Rai 1 L’Eredità. L’inossidabile Flavio Insinna, l’incerto Pino Insegno visto gli scarsi risultati ottenuto con “Il mercante in fiera” su Rai 2 e Marco Liorni che conduce, “Reazione a catena” (entro novembre la decisione).
[…] l’amministratore delegato della Rai più volte aveva detto che la tv pubblica si avviava verso un tagliando sul palinsesto che a questo punto diventa obbligatorio in vista di quello autunnale.
E oggi la lo ha ribadito spiegando che «questa narrazione degli ascolti che vanno male è alimentata dai giornali e da fonti interne: io mi sentirei di dire che non c'è, che dobbiamo rivedere alcune cose ma che nel complesso siamo soddisfatti.
E che, ad esempio, tutti i programmi in prime time o nell'intera giornata vanno molto bene. Ogni settimana la Rai ha centinaia di programmi e ci stiamo focalizzando su 4 o 5 di questi». Aggiungendo in audizione alla Camera dove ha ricordato che i nuovi vertici si sono insediati a maggio: «abbiamo avuto 15 giorni per fare il palinsesto», «abbiamo fatto delle scommesse come quella di Fiorello, un successo straordinario».
Poi, il tema vero della tv pubblica: il canone. E qui Roberto Sergio è chiarissimo: «Se dei 70 euro di canone a noi ne arrivano solo 58, perché gli altri 12 vanno ad altri soggetti, questo significa per noi non avere risorse sufficienti a fare gli investimenti necessari a ridurre i costi. Insomma significherebbe non avere le risorse per fare un piano industriale di sviluppo invece che di ristrutturazione. Questo sarebbe un danno per la società e per i suoi dipendenti». […]