"E' UNA GRANDE SODDISFAZIONE. TEMEVO DI ESSERE UN INTRUSO, IL BIANCO BORGHESE CHE STRUMENTALIZZA IL POVERO MIGRANTE"- MATTEO GARRONE ESULTA PER LA CANDIDATURA DI "IO CAPITANO" PER MIGLIORE FILM STRANIERO AGLI OSCAR: "SONO ENTRATO IN UNA CULTURA CHE NON È LA MIA, DIRIGEVO IN UNA LINGUA INCOMPRENSIBILE. IO STESSO ERO SPETTATORE" - L'A.D. DI RAI CINEMA, PAOLO DEL BROCCO: "ERAVAMO GLI OUTSIDER. AVEVAMO UN BUDGET LIMITATO PER LA PROMOZIONE AGLI OSCAR, E SIAMO SENZA UN GRANDE DISTRIBUTORE INTERNAZIONALE. ADESSO..."
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Estratto dell'articolo di V.Ca. per www.corriere.it
Matteo! Io Capitano entra nella cinquina dei migliori film stranieri, […] «E’ una grande soddisfazione – commenta Matteo Garrone dal festival di Emir Kusturica in mezzo alle montagne serbe - e siamo felici che l’avventura continui. Nella speranza che il film, e la storia di Seydou, venga visto da un numero sempre maggiore di spettatori in tutto il mondo». Intanto riesce nelle sale italiane e il 29 sarà su Sky.
[…] Si va a Los Angeles (l’ultima cinquina italiana Sorrentino nel 2022, E’ stata la mano di Dio) , dopo il Leone d’argento a Venezia. Arrivano le congratulazioni di rito. Il presidente dell’Anica Francesco Rutelli: «Un traguardo meritato che riempie di orgoglio tutto il cinema italiano». La sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni: «Il cinema italiana è sotto i riflettori internazionali». Ecco Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema: «E’ un’avventura e un’emozione senza fine, in un’edizione che include registi e opere di altissimo livello. Noi eravamo gli outsider, e questo accresce il valore della nostra presenza, avevamo un budget limitato per la promozione agli Oscar, parliamo di 600 mila euro, e siamo senza un grande distributore internazionale. E’ chiaro che adesso metteremo qualche altro soldo».
Se la vedrà con Perfect Days di Wim Wenders (Giappone), La società della neve di J.A.Bayona (Spagna), The Teachers’ Lounge di Ilker Catak (Germania) e il favorito The Zone of Interest di Jonathan Glazer (Gran Bretagna).
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E’ il viaggio epico di Seydou e Moussa che lasciano il Senegal e decidono di partire per l’Italia. «E’ un film scuro, ma dentro c’è umanità, innocenza, luce. Sono entrato in una cultura che non è la mia, dirigevo in una lingua incomprensibile. Io stesso ero spettatore, io per primo mi sorprendevo. Temevo di essere un intruso, il bianco borghese che strumentalizza il povero migrante. E’ stato uno scambio, mi hanno raccontato le loro storie, io ho dato la mia visione, il mio sguardo».