"BENITO - STORIA DI UN ITALIANO" - PER CAPIRE COSA FU DAVVERO IL REGIME FASCISTA, COSA RAPPRESENTÒ IL DUCE, E PERCHÉ ESERCITARONO TANTA INFLUENZA SUGLI ITALIANI, ARRIVA IN LIBRERIA IL NUOVO LIBRO DI GIORDANO BRUNO GUERRI - "IL 24 GIUGNO 1943 MUSSOLINI DISSE “VENTI ANNI DI FASCISMO NON SONO PASSATI INVANO NELLA VITA ITALIANA ED È UMANAMENTE IMPOSSIBILE CANCELLARLI”. È VERO CHE QUEI VENT’ANNI DI MUSSOLINISMO HANNO LASCIATO TRACCE INCANCELLABILI, E NON DELLE MIGLIORI, NELLA NOSTRA CULTURA, NEL NOSTRO MODO DI VIVERE” - LA TERRIBILE FRASE PRONUNCIATA DA BENITO PARLANDO CON CIANO: ''GLI ITALIANI DEL 1914 ERANO MIGLIORI DI QUESTI DI OGGI. NON È UN BEL RISULTATO PER IL REGIME, MA È COSÌ…"
-Introduzione al libro “Benito - Storia di un italiano” di Giordano Bruno Guerri - Rizzoli editore
Durante il regime fascista gli italiani, parlando di Benito Mussolini – fra loro, in casa – lo chiamavano «Benito», non con il cognome, né «il duce», tanto era una presenza familiare nelle loro vite, detestata o più spesso amata. Da qui bisogna partire, per capire quell’epoca.
Oltre alla violenza, alla mancanza di democrazia e libertà, le caratteristiche del fascismo che oggi ci colpiscono più sgradevolmente sono l’enfasi, la retorica, il fanatismo quasi mistico con i quali il regime e moltissimi italiani consideravano il duce, il fascismo stesso. Facciamo fatica a credere che fossero stati d’animo sinceri: provoca un fastidio estetico, prima che intellettuale, immaginare gli italiani esaltarsi irrazionalmente per un uomo e un fenomeno del quale oggi sono chiari quasi a tutti gli enormi limiti e i grandi difetti.
Inoltre decenni di antifascismo – per il quale tutto ciò che riguardava il fascismo era sbagliato, malvagio, ridicolo – sono stati determinanti nel fare accettare l’idea del regime fascista e di Mussolini come caricature degne solo di essere irrise, dopo la condanna. Questo stato d’animo rende pressoché impossibile capire cosa fu davvero il regime, cosa rappresentò il duce, e perché esercitarono tanta influenza sugli italiani.
«Benito» era una figura vicina, semplice, simile, eppure tanto più forte, qualcuno in cui era facile e bello identificarsi. Occorre dunque compiere lo sforzo retrospettivo di vedere quegli anni con la mentalità dell’epoca, per poterli equamente e ragionevolmente giudicare. A partire da un uomo che – a circa ottant’anni dalla morte – è ancora un problema nella storia d’Italia e nel dibattito politico.
Ancora oggi, quando si parla di malvagità, errori, benemerenze del fascismo, si intendono quelle di Mussolini, benché il regime sia stato un fenomeno tutt’altro che monolitico: c’era un fascismo di sinistra, di destra, corporativo di varie tendenze ecc., ma dominò il mussolinismo. Non si realizzò il fascismo ideale, teorico, oligarchico – pur sempre un’inaccettabile dittatura – immaginato da Giovanni Gentile, Giuseppe Bottai e altri intellettuali, si ebbe il mussolinismo.
Il 24 giugno 1943 il duce disse «Venti anni di fascismo non sono passati invano nella vita italiana ed è umanamente impossibile cancellarli». È vero che quei vent’anni di mussolinismo hanno lasciato tracce incancellabili – e non delle migliori – nella nostra cultura, nel nostro modo di vivere. Del resto lo stesso Mussolini, il 23 dicembre 1940, nel pieno del disastro della guerra alla Grecia, parlando con Ciano aveva pronunciato una frase terribile: «Gli italiani del 1914 erano migliori di questi di oggi. Non è un bel risultato per il Regime, ma è così».