"BOCELLI? UNA MIA GRANDE INTUIZIONE" - CATERINA CASELLI RACCONTA DEL GRAN COLPO DI CULO CHE HA PORTATO IL TENORE AL SUCCESSO: "ERO ANDATA AD ACCOMPAGNARE GERARDINA TROVATO, CHE APRIVA IL CONCERTO DI ZUCCHERO, E IN MISERERE SENTO QUESTA VOCE. POI LO VEDO, SOMIGLIAVA ANCHE A OMAR SHARIF CHE ERA BELLISSIMO, AVRÒ VISTO 7 VOLTE IL DOTTOR ZIVAGO PER LUI. RIMASI COLPITA, CERCAI UN PEZZO E CON ZUCCHERO ARRIVÒ IL MARE CALMO DELLA SERA PER SANREMO. LA VITA È L'ARTE DELL'INCONTRO, DICEVA VINICIUS..."
-Marinella Venegoni per “La Stampa”
Ancora on the road. Questa volta a raccontare ai ragazzi di Giffoni la favola della sua vita vera di donna, star e manager ai più alti livelli nella storia della musica popolare italiana. È successo ieri mattina, per l'apertura del Festival.
Caterina Caselli, curiosamente presentata via telefono da Giuliano Sangiorgi dei Negramaro - gruppo decollato grazie al suo fiuto - mostra alcuni spezzoni del documentario Una vita, cento vite presentato a Venezia '21.
Confessioni si rincorrono rapide dentro mille aneddoti e inevitabili malinconie. È stata, a Giffoni, la sua prima uscita pubblica da quando se n'è andato, il 12 giugno scorso, l'amatissimo marito Piero Sugar. Non sono momenti facili, ma lei Caterina è una combattente nata: «Sono ancora smarrita, ma cerco di avere dei momenti di distrazione che non mi facciano pensare sempre alla mancanza. Sa, dopo 52 anni di vita in comune non è facile».
Davvero la sua storia è un po' come una favola. La cantante di un piccolo paese che vince con la bravura e la tenacia, e poi diventa talent-scout inesauribile. «Il film lo racconta molto sinceramente. La mia famiglia, i primi passi, le delusioni e gli incontri fortunati. Indirizzata a Roma, incontro Ladislao Sugar».
Leggendario discografico, che poi diventerà suo suocero: «Ero al Piper, mi disse: sentendo lei, tutto il resto mi è sembrato vecchio. E poi incontro Piero, imprevedibile, e resto affascinata da questa persona silenziosa, molto colta, che parla a voce bassa, mentre io emiliana ero abituata ad altro tono. Pensi che i miei suoceri si erano separati, e Piero mi raccontava la sua sofferenza per la situazione. Il padre era in imbarazzo, diceva: cosa può pensare, la mamma di Caterina? Tant' è che quando noi ci siamo sposati, lui e la moglie sono tornati insieme. Poi quando è nato Filippo, era al settimo cielo».
Lei è una scopritrice accanita di talenti, molti femminili: da Giuni Russo a Gerardina Trovato, da Elisa a Malika fino a Madame. Senza contare Bocelli.
«Bocelli è stato una grande intuizione. Mi ero accorta che Mario Lanza, tenore di grazia, aveva un fanclub pazzesco e ancora attivo. Ero andata ad accompagnare Gerardina, che apriva il concerto di Zucchero, e in Miserere sento questa voce e penso a Lanza. Poi lo vedo, somigliava anche a Omar Sharif che era bellissimo, avrò visto 7 volte Il dottor Zivago per lui. Rimasi colpita, cercai un pezzo e con Zucchero arrivò Il mare calmo della sera per Sanremo. La vita è l'arte dell'incontro, diceva Vinicius».
Ha avuto un occhio speciale per i talenti femminili, che nel suo periodo d'oro artistico erano assai più rilevanti che non oggi, a Sanremo soprattutto.
«Non ho mai fatto distinzioni, un talento è un talento. Poi con le donne c'è un'affinità diversa. Quando Vivarelli mi mandò la Trovato, che venne a Milano con la chitarra, sentivo quella grinta... devi ascoltare dal vivo, non sempre la cassetta. Che buffo, dico ancora "cassetta". Ma quel che lei dice è vero, l'r'n'b è un genere dominato dai maschi, questo ha nuociuto. Ma oggi ci sono nuove ragazze, mi piace Ariete».
Ma allora resta sempre all'ascolto...
«Ora ho meno continuità d'ufficio, ci sono Filippo e mia nipote Greta, ma non è mai un problema di genere, si va a cicli.
C'è molta omologazione, il mercato va così. Però penso sempre che l'artista che non si uniforma a quello che c'è, è quello che mi piace di più, anche a costo di non aver rientro immediato come si fa oggi. Noi avevamo il tempo e la possibilità di sbagliare, un progetto lungimirante poteva darti un fatturato importante, anche se facevi degli errori. Ho cominciato a 19 anni, ho sempre imparato dai miei errori. Se c'è un sogno bisogna resistere e coltivarlo».
Anche la sua Madame è un tipo alquanto originale.
«Ha una bella personalità, una buona scrittura. È curiosa, legge, rischia... Nei Sessanta si faceva così».
Che dice della vitalità imprevista di Ornella Vanoni con i suoi 88 anni?
«La devi applaudire, non c'è altro da fare. Lei è un guerriero, Ha trovato dei brani in linea con le giovani generazioni, ed è abbastanza singolare. C'è da dire che quella è la sua passione e la sua missione. Chapeau».
Che cosa vede in questo torrente di nomi nuovi che si affacciano, come un vento che spazza via ogni cosa?
«Pensi che ogni giorno nascono nel mondo 60 mila nuovi brani. Ho l'impressione di molte ispirazioni prefabbricate, è un eccesso di offerta, di testi poveri che non guardano in alto. Devi aver pazienza, e la voglia di ascoltare. Ancora mi segnalano delle cose, e a volte davvero non meritano attenzione. Ma spero sempre in qualcuno che tiri fuori qualcosa che non c'è, come dico sempre spero nell'unicità.
Alcuni mi parlano di ragazzi molto preparati, il rettore del Politecnico l'altro giorno mi diceva che loro ti sgamano subito se non sei preparato. Dunque io spero, sono positiva, anche se in questo momento non sarebbe logico. Spero di avere momenti belli di gioia. È un grande dono che ho ricevuto, ho sempre cercato di vedere il buono in quello che mi capitava, e ancora lo faccio».
Ai ragazzi di Giffoni, Caterina ha subito rivolto un invito: «Siate curiosi, non abbiate paura di sbagliare». La rassegna di quest' anno s' intitola «Invisibili» e lei parlando di una delle sue hit, Nessuno mi può giudicare, confessa: «All'inizio era un tango e dissi che non l'avrei cantata manco morta, perché il tango era uno stile degli adulti. Fu trasformata in chiave moderna, e la testammo in segreto davanti a un gruppo di studenti. Il resto si sa».