DA "CLINICAMENTE MORTO" A… IN LETARGO - ALBERTO ZANGRILLO AGGIUSTA SOLO IN PARTE IL TIRO A "UN GIORNO DA PECORA" PARLANDO DEL VIRUS: "NON RINNEGO NULLA DI QUANTO HO DETTO, LA TRADUZIONE DI QUELLA FRASE FU MALIZIOSA. A CENA CON GALLI O CRISANTI? NO, SOLO CON GLI AMICI. L'ERRORE PIÙ GRANDE È STATO CREARE PERSONAGGI CHE SI SONO AUTOALIMENTATI E SONO ENTRATI IN COMPETIZIONE, DISORIENTANDO GLI ITALIANI" (QUINDI PARLA ANCHE DI SE STESSO?) - VIDEO
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Un anno fa disse: «Il virus è clinicamente morto». Dodici mesi dopo: «Non rinnego nulla, la traduzione che venne fatta di quella frase fu volutamente maliziosa». Però. Però oggi aggiusta il tiro: «Oggi il virus è in letargo».
Questa mattina il Pronto soccorso del San Raffaele «era pieno di pazienti con altre malattie, non esistono fortunatamente pazienti con insufficienza respiratoria da Sars-CoV-2. Questo per me vuol dire che il virus è clinicamente... in letargo. Vogliamo dirla così? Può darsi che si risvegli? Speriamo di no».
Così Alberto Zangrillo, direttore dell’Unità operativa di anestesia e rianimazione generale, ai microfoni di «Un giorno da pecora» su Rai Radio 1, torna sulla sua affermazione di un anno fa quando disse che il virus era «clinicamente morto».
«Il virus esiste — sottolinea Zangrillo — come esistono centinaia di virus. Adesso stiamo cercando questo, quindi troviamo questo. Però se ne cercassimo altri ne troveremmo altri, e quello che è certo è che dobbiamo affrontarlo con attenzione, evitando di fare le cassandre, ma anche di fare degli indovini».
Le mascherine all’aperto? «Alberto Zangrillo vi dice che non hanno alcun senso. Negli ultimi giorni ho scosso la testa quando mi è capitato di incontrare persone che in mezzo al bosco, in un sentiero lungo il corso di un fiume, avvicinandomi mettevano la mascherina terrorizzati perché arrivava l’untore. Questo — ammonisce il primario del San Raffaele — è un modo di vivere che non ci porta a quella consapevolezza, a quell’equilibrio mentale e psicologico dell’evidenza, dell’obiettività, dell’informazione corretta. Senza questa informazione corretta — avverte il medico personale di Silvio Berlusconi — saremo tutti un popolo di beoti che segue chi la spara più grossa».
Come gesto di pace, andrebbe a cena con Massimo Galli o Andrea Crisanti? «Queste cose le riservo agli amici, quindi con gli amici che non ho potuto frequentare e sicuramente non con persone che mi è capitato di incrociare ma che non avrei mai frequentato nella mia vita per altri motivi». Tradotto: la polemica tra primari resta aperta.
Di più. A domanda («Qual è stata la sciocchezza più grande fatta in questo ultimo anno?»), il primario del San Raffaele risponde: «È stata quella di creare dei personaggi veri e propri che ad un certo punto si sono autoalimentati e sono entrati in competizione, hanno disorientato, passando molto tempo sui media a creare disagio».
Immediata la replica di Crisanti: «Nessun problema ad andare a cena con Alberto Zangrillo — ha detto il microbiologo di Padova all’AdnKronos — Sono dell’idea di ascoltare gli altri, non ho mai attaccato nessuno e non inizio certo ora». Replica anche Galli: «È un’affermazione che si commenta da sola. Non ho tempo per occuparmi di queste cose. E nemmeno di risentirmene, francamente».
Un passo avanti. Secondo il medico, «viviamo nel continuo e perenne pregiudizio. La verità assoluta non esiste. La verità è verità in quanto tale perché la dice qualcuno che appartiene al politically correct. Noi — spiega con un esempio — ricordiamo quando Trump disse che forse c’era poca trasparenza da parte dei cinesi: fu preso come un cialtrone, un buffone, e attaccato soprattutto dai media locali e poi ovviamente da tutti gli altri. Adesso, a un anno di distanza, le stesse cose le dice Biden e quindi ora è giusto indagare. In Italia è la stessa cosa — sostiene Zangrillo — quindi il politically correct è alla fine quello che guida: la verità è in relazione a chi dice quella cosa».
Infine, l’ipotesi di carriera politica. Salvini ha detto che per la candidatura a sindaco di Milano sta attendendo la risposta di un primario. Potrebbe esser quella di Alberto Zangrillo? «Credo che Salvini conosca un’infinità di primari, e io sono convinto che un buon medico debba morire medico. Non cambio idea e spero che morirò, il più tardi possibile, facendo il mio lavoro». Gliel’hanno mai chiesto? «Ci hanno provato in modo abbastanza ricorrente ma senza convinzione».