"COME FACCIO A FARE FOTO CHE SEMBRANO IN MOVIMENTO? EVITANDO DI FOTOGRAFARE L'ARTISTA" - SIMONE CECCHETTI, UNO DEI PIÙ APPREZZATI FOTOGRAFI MUSICALI ITALIANI, PRESENTA LA SUA MOSTRA E DOCUMENTARIO SUI SUOI SCATTI, AMMIRATI IN TUTTO IL MONDO - TRA GLI ARTISTI FOTOGRAFATI MICK JAGGER, RENATO ZERO, STEVIE WONDER E MOLTI ALTRI - "MA FACCIO FOTO ANCHE DI SPOSI E CALCIATORI, CHI È PIÙ ROCK DI LORO?"
-Katia Riccardi Per “la Repubblica - Ed. Roma”
Chi è Simone Cecchetti? È il titolo di una mostra (dal 18 marzo alla Fox Gallery) e quello di un documentario (su Sky Arte da lunedì 14). È anche il nome di uno dei più apprezzati fotografi musicali italiani.
Un ragazzo senza tempo che il tempo imbroglia catturandolo, nato a Roma 49 anni fa e che «guarda dove altri non vedono», crea immagini in grado di «curare perché hanno un suono», «uno spirito magico», un «punk», un «dito collegato all'anima».
Questo dicono di lui Renato Zero, Fiorella Mannoia, Capossela, Silvestri, Gazzè, Fabi, Marina Rei, Malika. O Mick Jagger. Descrivere i suoi scatti è difficile come quello che vorrebbe ancora fare: Steve Wonder. «Lui mi manca», dice.
Come ha cominciato?
«Suonavo il basso e avevo una band, i TLE. Ma non facevo successo. Così ho trovato un altro modo per restare nei dintorni del palco».
La musica, la musa.
«Da sempre. E Roma mi ha aperto le porte dei suoi locali. Lavoravo a Stazione Birra, al Circolo degli artisti, poi c'è stata l'Estate al Foro italico e ho cominciato a fotografare concerti memorabili, come PJ Harvey».
Le sue foto sembrano in movimento. Come fa?
«Evitando di fotografare l'artista. Cerco di ottenere un ritratto inedito unendo chi suona al mio modo di vederlo. Uno scontro dinamico. Loro si riconoscono nello stesso istante in cui anche io riesco a farlo».
Come gioca con la luce?
«Non lo faccio, solo in studio si può giocare con le luci ma in concerto decidono loro. Io uso spesso il bianco e nero, così sono io a lasciare che s' immaginino i colori».
Fa anche foto di matrimoni, è per la crisi dei concerti?
«No, le ho sempre fatte. Mi piace entrare nella vita delle persone. Ogni sposa è una rockstar».
È stato anche il fotografo ufficiale della AS Roma.
«Sono stato chiamato a fare foto rock ai calciatori. Chi più di loro lo è?».
A Totti sono piaciute?
«Direi di sì. Ho fotografato il suo ultimo giorno in campo, l'abbraccio con la sua famiglia è stato un momento che nessuno scorderà. Un solo attimo può raccontare tutto».
La sua foto di Mick Jagger è l'unica non posata che esista.
«Se Keith Richards non fosse caduto da una palma, quella foto non esisterebbe. Ma è una lunga storia».
Al documentario ha lavorato durante il lockdown?
«Sì, ne ho approfittato per scegliere 37 foto tra 3 milioni e mezzo di scatti. Per il documentario con Emiliana Aligeri abbiamo dovuto rivedere 15 anni di riprese».
Se dovesse scegliere un'epoca in cui vivere?
«Nel '67 a Londra. Oggi la musica è morta».