"ERO PERSO TRA COCAINA E ALCOL, MI STAVO AVVICINANDO ALLA MORTE CONSAPEVOLMENTE" - DUFF MCKAGAN, IL BASSISTA DEI GUNS 'N' ROSES, RACCONTA LA DISINTOSSICAZIONE DALLE SOSTANZE: "NON MI PIACEVA AVERE DIPENDENZE, NON VOLEVO ESSERE BLOCCATO IN QUEL MONDO. IL PUNTO DI NON RITORNO È STATO QUANDO SONO FINITO IN OSPEDALE CON LA PANCREATITE. IL CROLLO DEL MIO CORPO MI HA PERMESSO DI LIBERARMI..."
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Estratto dell'articolo di Barbara Visentin per www.corriere.it
[…] Duff McKagan è conosciuto in primis come bassista dei Guns N’ Roses, emblema del rock e della trasgressione, ma negli anni si è costruito una solida carriera solista, dando prova di una scrittura matura e ispirata. […]
Per «Lighthouse», il suo terzo lavoro che segue a «Tenderness», e che porta dal vivo il 16 ottobre a Milano, è partito proprio dall’idea del faro: «Ognuno di noi ha un punto di riferimento. Quando sono tornato sobrio, ad esempio, io mi sono aggrappato alle arti marziali. Ma può essere un amico, il cane, i genitori. In questo disco, per me il faro è mia moglie Susan. Quindi ci sono canzoni d’amore e poi altre in cui mi chiedo cosa ci aspetta dopo. Altre ancora ruotano attorno a un’idea che ho maturato negli ultimi 10 anni e cioè che le persone siano molto meglio di quel che i nostri politici o i social media ci fanno credere».
Il primo disco solista di McKagan risale al 1993, agli anni folli con i Guns in cui la sobrietà a cui accenna era ancora lontana: «Quel lavoro, “Believe in Me”, è un’efficace polaroid di quando ero nel pieno delle mie dipendenze, è il disco di un ragazzo che si stava avvicinando alla morte, consapevolmente. Nella mia voce si sentono la cocaina e l’alcol e si sente quanto ero perso. È un disco che identifica bene che cosa non mi piaceva di me — dice —. Non mi piaceva avere dipendenze, non volevo essere bloccato in quel mondo e quindi è un buon promemoria».
Il punto di non ritorno è arrivato l’anno successivo: «Sono finito in ospedale con la pancreatite e il crollo del mio corpo è stato ciò che mi ha permesso di liberarmi. Ho avuto il tempo di disintossicarmi e ho capito che quella era la mia seconda possibilità. Poi ho passato due anni da solo, a capire chi fossi. Quando ho incontrato mia moglie, sono diventato la persona che volevo essere. Ho potuto guardarmi negli occhi, cosa che prima non riuscivo a fare. Oggi sono un sopravvissuto, ho due figlie eccezionali, ho fatto così tanta musica. La vita da allora è stata davvero bella».
[…]Intanto, se si guarda intorno, riconosce che il panorama delle rock band è cambiato: «Provo a cercarne di nuove, a volte ne trovo, ma non so se ci sia la stessa capacità di concentrazione e questo fa un po’ paura. Con i Guns suonavamo tantissimo. Quando le cose si sono fatte serie facevamo le prove due volte al giorno. Oggi l’idea di provare a diventare bravissimi nel proprio mestiere, ecco, non so se ci sia ancora».