"HO AVUTO DUE FIDANZATI FASCISTI" - L'INTERVISTA CHE MONICA MAGGIONI CONCESSE A CLAUDIO SABELLI FIORETTI QUANDO ERA UNA "SEMPLICE" INVIATA DELLA RAI, FAMOSA PER SEGUIRE LA GUERRA IN IRAQ CON I SOLDATI AMERICANI - LA RICORDA SABELLI FIORETTI NEL SUO LIBRO "AMASCORD": "MONICA MAGGIONI NON ERA ASSEDIATA DALLA SIMPATIA DEI COLLEGHI. 'DICONO CHE SEI UNA CHE SGOMITA MA LAVORA BENE. SEI UN’ARRAMPICATRICE MA USI LA PROFESSIONALITÀ'. LEI RISPOSE: 'MI RICONOSCO IN QUESTE DEFINIZIONI'" - L'ANTIPATIA DELLA MAGGIONI PER MARIA NOVELLA OPPO, GIORNALISTA DE "L’UNITÀ" CHE SCRISSE DI LEI...
Estratto da “Amascord. Ispirato a fatti realmente accaduti”, di Claudio Sabelli Fioretti (ed. Alibrandi)
Never ever. Mai e poi mai. Ognuno ha le sue fissazioni lessicali. Ci sono quelli che ripetono in continuazione “come dire”. Quelli che sbottano con sicurezza e un po’ di aggressività ed esclamano, alla fine di un enunciato: «Punto!» Ma non mi era mai capitato di intervistare una persona che piazzava ogni piè sospinto never ever. Monica Maggioni, per esempio. Quando la intervistai, Monica Maggioni non era ancora né presidente né direttrice di niente. Era una inviata del Tg.
«Monica, tu dici che sei molto amica della Gruber, però con la Gruber hai litigato». «Mai, never ever». «Neanche il fuori onda di corsa?» «Mai. Never ever». Al Tg era diventata famosa per aver seguito la guerra in Iraq da embedded, cioè all’interno dell’esercito americano.
Mangiava con i soldati americani, dormiva con loro, partecipava alle loro esercitazioni, faceva la doccia nei loro bagni. Le sue colleghe la criticavano e la accusavano di non poter essere obbiettiva. Ma lei si difendeva con convinzione. «Ho sempre scritto quello che volevo e raccontato quello che vedevo».
Nessun imbarazzo? «Bè, qualche difficoltà la sera quando si andava a dormire. Dovevo fare notevoli esercizi di contorsionismo per spogliarmi all’interno del sacco a pelo».
Monica Maggioni in Rai non era assediata dalla simpatia dei colleghi. La accusavano velatamente di essere un po’ troppo arrivista. Glielo dissi. «Dicono di te che sei una che sgomita ma lavora bene. Dicono che sei un’arrampicatrice ma usi la professionalità». E lei con schiettezza: «Mi riconosco in queste definizioni». «Dicono anche che frequenti troppa gente di destra per essere di sinistra».
«È vero. Ho addirittura avuto due fidanzati fascisti». Mentre parlava mi sembrava che il suo nome mi fosse famigliare, ma non riuscivo a capire perché. Mi applicai e mi venne in mente. “Ferramenta Maggioni”. Era il negozio dove andavo a comprare viti, cacciaviti, chiodi, lime, seghe. A Merate, in Brianza. «Certo, è l’azienda di famiglia!» Potevo finire così l’intervista all’embedded. Ma Monica mi dette una chiusa migliore svelandomi una sua antipatia, quella per Maria Novella Oppo, giornalista de «l’Unità».
«Ha scritto: “Liberate Monica embedded. L’unica cosa che è riuscita a raccontarci è la marca del dentifricio dei soldati”». Io sono Claudio Sabelli Fioretti, sono un giornalista a schiena dritta e non potevo evitare di chiederglielo. L’Italia doveva sapere. «Monica, che dentifricio era?» «Mai scritto. Never ever».
Ora che ci penso ho conosciuto un altro embedded, un fotografo. Era stato in Vietnam ed era riuscito a salire su uno di quegli elicotteroni tipo Apocalypse Now. Mi raccontò, con orgoglio, che aveva premuto il bottone che sganciava le bombe sui villaggi vietcong. Era un mio amico. Da quel momento non lo fu più.