UN "MARCIO" SU ROMA: QUELLA VOLTA CHE JOHHNY ROTTEN PASSO' LA SERATA A TRACANNARE BIRRA CON I PUNK ROMANI - IL CANTANTE DEI SEX PISTOLS SI TROVAVA NELLA CAPITALE, SU INVITO DEL REGISTA ROBERTO FAENZA, PER GIRARE IL FILM "COPKILLER" - LO RACCONTA LUIGI BONANNI, CREATORE DEI "CENTOCELLE CITY ROCKERS”: "FACEVO L'ATTREZZISTA A CINECITTÀ. UN GIORNO MI DICONO: 'AOH AL BAR CE STA QUEL CANTANTE CON LA FACCIA DA MATTO CHE TE PIACE A TE!'. C'ERANO FAENZA, HARVEY KEITEL E ROTTEN" - "IL GIORNO SUCCESSIVO GLI CHIEDO SE GLI VA DI ANDARE IN UNA BIRRERIA VICINO. BEVIAMO PERONI IN BOTTIGLIA MA A UN CERTO PUNTO LUI FA UNA COSA STRANISSIMA…"
-Estratto dell'articolo di Luca Valtorta per "la Repubblica"
C’è una storia che pochissimi conoscono: Johnny Rotten, il re del punk, ha vissuto in Italia. In particolare a Roma, invitato dal regista Roberto Faenza a girare un film a Cinecittà, intitolato Copkiller (letteralmente “Uccisore di poliziotti”) in cui lui, ovviamente, recitava la parte dello psicopatico. [...][...]
Il soprannome “Rotten”, ovvero “il marcio”, era legato al fatto che i suoi denti avevano una patina verdastra a causa di mancanza di utilizzo dello spazzolino. Questa storia («Ho rischiato di morire a causa della scarsa igiene dei miei denti») e molte altre, John Lydon le racconta nella lunga intervista pubblicata domani su Robinson . [...]
Ma torniamo alla storia dell’inizio quando, per una serie di incredibili coincidenze incontrò la comunità punk romana. Lo racconta Luigi Bonanni, creatore di un movimento diventato leggendario nella capitale, chiamato “Centocelle City Rockers”, [...]
Come è avvenuto l’incontro?
«Stavo al “Bar dei sorci” dove ci trovavamo per leccarci le ferite dopo Londra, arriva Nello e ci dice: “A Cinecittà stanno cercando gente per lavorare”. Io e un paio d’altri ci siamo andati. Pagavano benissimo» .
Lì cosa facevi?
«L’attrezzista. [...]».
E poi cosa è successo?
«Un giorno tutto trafelato arriva Nello che mi fa: “Aoh al bar ce sta quel cantante con la faccia da matto che te piace a te!”.[…] Mi faccio convincere e mentre stiamo per entrare nel caffè incrociamo quello che poi mi hanno detto era il regista, Roberto Faenza.
Con lui Harvey Keitel e… Johnny Rotten! Lui mi vede, riconosce il mio look — ai tempi sembravo il suo amico Sid Vicious — e indica la mia maglietta dei Sex Pistols dicendo: “Hey, quella è roba mia!”. [...]Il giorno successivo mi intrufolo nel set di Copkiller e gli chiedo se gli va di bersi una birra con noi. Lui a sorpresa ci dà appuntamento al suo hotel».
E così vi siete trovati?
«[...]Andiamo in una birreria vicina dove beviamo Peroni in bottiglia, allora non c’era altro ma lui sorrideva. Comunque non stava molto bene: si muoveva a scatti e poi, a un certo punto, fa una cosa stranissima… Prende della birra e inizia a mettersela sulla testa. E noi: “Aoh guarda che sta a fa’ Joni Rotten!”. Eravamo dei provinciali coatti e lui era una divinità che aveva creato tutto ciò in cui noi credevamo perché il punk non era solo una musica ma un modo di vivere».
Vi siete rivisti ancora?
«Sì, un’ultima volta. Ci era venuta un’idea delirante: qualche giorno dopo lo andiamo a prendere con una macchina coinvolgendo uno di noi che aveva una Prinz verde. Lo volevamo portare al Uonna Club: il posto dove si trovavano tutti i punk di [...]z ma dopo un po’ lui sbrocca. Inizia a dire: “Please! Please!” e a tirare capocciate sul finestrino. La situazione era surreale. [...]»
. E lui a quel punto? «
Contento. È voluto tornare alla solita birreria, se n’è scolate un bel po’ e poi è tornato in hotel. Poi però è successa una brutta cosa…».
Davvero?
«Sì, perché la voce si era sparsa ormai e alcuni punk hanno organizzato per andare a trovarlo a Cinecittà e farsi delle foto con lui ma di nascosto, di fatto paparazzandolo. Io non ci sono voluto andare. Alcune di quelle immagini poi qualcuno le ha vendute ai giornali e a quel punto Lydon s’è incazzato e non si è più fatto vedere. Credo abbia addirittura cambiato hotel. Però anche in quell’occasione ho imparato una cosa…».
Che cosa?
«Che non serve la divisa da punk per essere punk. Johnny il suo essere punk lo portava dentro: i vestiti non contavano, era vero. Al contrario di altri vestiti da punk che lo hanno svenduto per un piatto di lenticchie. Essere anticonformisti vuol dire non essere schiavi di nessuna regola. Per questo l’incontro con Rotten è una lezione che non ho mai dimenticato».