"OGNI VOLTA CHE AI CONCERTI HO UNA SCOLLATURA PARTE IL CORO ‘ESCILE’..." - CRISTINA D'AVENA, A 58 ANNI, FA ARRAPARE I FAN PIU' DELLE VENTENNI: "FORSE INTRIGA QUESTO MIO ESSERE AL CONTEMPO BAMBINA E DONNA. CAT CALLING? DEVI RIDERCI SU, FARTELO SCIVOLARE VIA: PIU' MI FANNO I COMPLIMENTI E PIU' STO BENE" - IL MONDO DELLE FIABE STRAVOLTO DAL POLITICAMENTE CORRETTO? “LE STORIE NON ANDREBBERO STRAVOLTE IN NOME DEL REALISMO: CI SI RIFUGIA NELLE FAVOLE PERCHÉ SI CERCA QUEL MONDO DOVE PUOI SOGNARE..." - VIDEO
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Francesca D’Angelo per “Libero”
La storia dell’umanità si divide in Avanti Cristo e Dopo Cristo. Quella dei cartoni animati, in Avanti Cristina e Dopo Cristina. La D’Avena ha infatti trasformato il mondo dell’animazione tv, rendendolo figo. Oggi infatti la gente paga (paga!) per andare ai concerti e cantare le sigle dei cartoni.
E mica uno o due nerd: nei suoi 40 anni di carriera (a proposito, domani esce il cofanetto che li celebra, dal titolo 40 – il sogno continua) Cristina D’Avena ha venduto qualcosa come 8 milioni di copie, i suoi concerti sono sempre sold out, non ha mai vissuto periodi di down e una marea di colleghi sgomita per duettare con lei. Tra gli ultimi, Myss Keta, Alfa, Cristiano Malgioglio ed Elettra Lamborghini.
Le sigle dei cartoni sono il nuovo punk?
«Be’, sicuramente sono molto rock! Basti pensare che, dopo il duetto con Myss Keta, Hamtaro è diventato sexy! Mi diverto molto a cantare gli eroi dei bambini provando a dare loro una nuova linfa».
Almeno all’inizio, viveva però le sigle come una sorta di “gavetta”, funzionale al grande salto discografico?
«In realtà fin da subito mi è piaciuto questo genere di musica altrimenti, mi creda, non l’avrei fatto. Erano gli anni '80. Bim Bum Bam era appena nato e Mediaset comprava un cartone dietro l’altro: ricordo che era quasi una fabbrica, non facevo altro che cantare, cantare, cantare...».
Con questo album lancia però l’inedito L’altro Natale: ha deciso di aprirsi anche al mondo extra sigle?
«Be’ certo!».
Temo che i fan non la prenderanno benissimo.
«Può essere però, sia chiaro, non lascio il mondo dell’animazione: lo amo troppo. Diciamo che ci saranno altre sorprese: L’altro Natale è stata la prima».
Queste “sorprese” potrebbero avere un orizzonte Sanremese, tra i Big?
«Non quest’anno, ma in futuro...».
Il suo nome è di fatto un brand. Per questo non ha competitor?
«È vero, ci sono solo io sul mercato. Non credo che manchino cantanti appassionati al genere, vistala facilità con cui ho realizzato i duetti. C’è da dire che il pubblico mi ama, è abituato a sentire la mia voce e non so come prenderebbe un altro artista».
Negli Anni 90 ci provò Arianna e durò quanto un gatto in tangenziale. L’ha mai più rivista?
«Ci siamo incontrate qualche anno fa, a una trasmissione, e ci siamo messe a ridere proprio ricordando che lei è entrata, e subito elegantemente uscita, dal mondo delle sigle».
Non ha invece mai cantato in un film Disney, con la sola eccezione de La carica dei 101. È una scelta voluta o subita?
«È stata una scelta della Disney, anche se c’è da dire che ci siamo incrociati poco in questi anni e, nel mio lavoro, conta anche questo».
Negli ultimi anni si è invece sbizzarrita con i duetti. Se potesse cantare con un politico, chi sceglierebbe?
«Giorgia Meloni. Ho visto, anni fa, un video in cui cantava Memol! Inoltre ho saputo che mi segue: una volta eravamo a una trasmissione e lei si entusiasmò quando le dissero che nel blocco seguente sarei arrivata io. Con lei canterei volentieri, magari Mila e Shiro o Memole».
Pur essendo una teen idol, lei è anche il sogno erotico di molti italiani. Come se lo spiega?
«È un mistero pure per me. Forse intriga questo mio essere al contempo bambina e donna».
Ma sbaglio o le piace?
«Certo! Sono una donna e, in quanto tale, più mi fanno i complimenti e più sto bene».
È vero che ai suoi concerti le urlano “escile”?
«Sì, lo fanno sempre: appena ho un bustino o una magliettina scollata, parte il coro di “Escile”».
E non grida al cat calling?
«Ma no! All’inizio un po’ mi offendevo ma poi ho capito che più ti irrigidisci e peggio è. Devi riderci su, fartelo scivolare via, senza contare che non sarei credibile se iniziassi a fare la bigotta. Quindi lo vivo a mia volta come un gioco e la cosa finisce lì».
Negli anni il mondo delle fiabe è cambiato. Condivide la rottamazione del Principe Azzurro?
«Sinceramente no. Le storie non andrebbero stravolte in nome del realismo: ci si rifugia nelle favole perché si cerca quel mondo “morbido”, ovattato, dove puoi sognare. Se però arrivi lì e ti trovi il principe rottamato e nemmeno l’happy end... anche no!».