"PERCHÉ AVETE PAURA? NON AVETE ANCORA FEDE" - A UN ANNO DELLA "STATIO ORBIS" DI PAPA FRANCESCO A PIAZZA SAN PIETRO ARRIVA UN VOLUME, IN 50 MILA COPIE, PER CELEBRARE UNO DEI MOMENTI PIU' TOCCANTI DEL PAPATO DI BERGOGLIO - SOLO, IN UNA PIAZZA SAN PIETRO DESERTA, IL PAPA PARLO' AL MONDO SCONVOLTO DALLA PANDEMIA: "CON LA TEMPESTA, È CADUTO IL TRUCCO DI QUEGLI STEREOTIPI CON CUI MASCHERAVAMO I NOSTRI "EGO" SEMPRE PREOCCUPATI DELLA PROPRIA IMMAGINE; È RIMASTA SCOPERTA QUELLA (BENEDETTA) APPARTENENZA COMUNE ALLA QUALE NON POSSIAMO SOTTRARCI" - VIDEO
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PERCHÉ AVETE PAURA? NON AVETE ANCORA FEDE?
Il 27 marzo ricorre il primo anniversario della Statio Orbis presieduta da Papa Francesco sul sagrato della Basilica di San Pietro. Cosa è successo il 27 marzo a Piazza San Pietro? È successa una cosa semplice e grande. Un momento straordinario di preghiera ha unito il mondo. Le immagini erano potenti, drammatiche. In tanti si sono interrogati su quel che hanno visto. Ma l’importante era invisibile agli occhi… Da dove nasce il bisogno di pregare? Dove è la straordinarietà del 27 marzo? Nella liturgia? Nella sua ripresa televisiva? O nella verità che essa ha rappresentato?
Da settimane sembrava fosse scesa una sera senza prospettiva di alba. Da settimane il mondo guardava a Roma, al Papa, per trovare nelle sue parole una risposta che non fosse solo il conto delle vittime…La verità è che il 27 marzo è stato un momento misterioso e potente di kairos intorno a una preghiera semplice… La straordinarietà del 27 marzo sta proprio in questo. La sua capacità comunicativa nasce dalla verità. Il Papa era solo come ognuno di noi. Tutti soli davanti a Dio. Tutti uniti davanti a Dio. Tutti fragili e nelle sue mani…
La parola sempre ha bisogno del silenzio. E il silenzio è eloquente solo quando riecheggia la parola. Così è stato il 27 marzo. Quel silenzio, come ha detto il Papa, ci domandava: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Quel silenzio era un appello alla fede. Un appello urgente: "Convertitevi", «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Quel silenzio ci ha chiamato «a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta». In quel silenzio hanno risuonato le parole di Francesco: «Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri». (dall’introduzione P. Ruffini)
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La celebrazione del 27 marzo resterà nel ricordo di tutti gli uomini e delle donne che, rinchiusi, spaventati e persi nell'inaspettata tempesta della pandemia del Covid-19, guardavano dagli schermi Papa Francesco nel cuore della Chiesa. Respirando a fatica, è salito al Tempio e ci ha chiamato a svegliarci e ha fatto risuonare le parole di Gesù in quasi ogni angolo dell'universo: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
Ci ha ricordato che ci stavamo affondando da soli e ci ha invitati ad abbandonare le nostre paure in Gesù, per ottenere in Lui la serenità in mezzo alla tempesta. Poi ci ha affidati tutti al Signore, per intercessione di Maria, Salute del Suo Popolo. Ha implorato Dio in silenzio, ai piedi della croce di Cristo, e ci ha benedetto con il Santissimo Sacramento… La narrativa dell'evento tesse dunque una trama tra il Dio Misericordioso e sempre presente nella storia dell'uomo, e la sua Chiesa che nella paura lo supplica perché ha bisogno di essere incoraggiata a tornare alla fede e alla fiducia…
Con Gesù a bordo della barca della Storia non si naufraga. Così, come Gesù si sveglia per ravvivare la fede dei discepoli il Santo Padre sale al Tempio per ravvivare la fede del mondo contemporaneo… La Statio Orbis deve essere il punto di partenza per creare una cosa nuova, per un cambiamento radicale nella cultura. Così dalla meditazione di questa liturgia parte un Insegnamento Pontificio ricco nell'analisi della realtà e delle cause con le quali l'uomo ha contribuito al manifestarsi di questa crisi. Se la pandemia ha mostrato la debolezza della nostra cultura, è necessario che da questa crisi si impari per uscirne diversi, perché da una crisi mai si esce uguali: o si esce migliori o si esce peggiori, ma mai uguali. (dalla Conclusione L. Ruiz)
Al fine di ricordare meglio, per poter pregare, per poter pensare, e rendere questo storico evento accessibile al Popolo di Dio che in quel giorno, col cuore e la preghiera, era presente in Piazza San Pietro e ha partecipato attraverso i mezzi di comunicazione disponibili, è nata l’idea di radunare il materiale di archivio (le foto, i testi ed i video) per presentarlo in un libro, per offrire al lettore un’occasione di sosta, per ripensare alla propria vita e ripartire rinnovati, con uno sguardo nuovo sui fratelli e sul mondo.
Il Papa mostra in vivo come un credente affronta le difficoltà e i momenti bui. Fa vedere come ci si apre a Dio quando Lui sembra di essere assente. Francesco prega per tutti e con tutti. È, più che mai, il “ponte”, il “pontefice” con il Mistero di Dio che tace.
Attraverso questo libro, il Dicastero per la Comunicazione vuole consegnarne alla storia le immagini e le parole, per illuminare il cammino che verrà, consapevoli che non possiamo tacere quello che abbiamo visto e udito, perché possano rimanere impressi nella memoria ed essere ancora raccontati alle generazioni future (cfr. Messaggio per la 54ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali).
Il volume è suddiviso in due parti, distinte ma strettamente connesse: la preghiera e l’insegnamento. Con la preghiera il mondo si è fermato, insieme al Santo Padre, per pregare ed implorare Misericordia. Nella preghiera il Papa ha esortato, come fece Gesù con i discepoli, ad avere fede, perché con Lui sulla barca non si può naufragare.
Con l’insegnamento siamo stati invitati ad un esame di coscienza sincero, per comprendere cosa è veramente essenziale, per analizzare il modo in cui agiamo, nelle grandi e nelle piccole circostanze, per comprendere dove ci siamo smarriti e come ritrovare la strada. Il codice che si trova alla fine del libro (QRcode), oltre a consentire la visualizzazione del video di quella sera, permette di continuare a seguire l’insegnamento pontificio successivo all’edizione di questo libro.
Il libro è stato realizzato dalla LEV in coedizione Bayard e lo stanno portando insieme nel mondo: in particolare nei Paesi di lingua francese e tedesca; hanno coinvolto poi anche altri partner per raggiungere altre lingue e Paesi: Piemme per l’edizione italiana, OSV per quella inglese, Encuentro per quella spagnola, Leya-D.Quixiote per il portoghese, Novalis per il Quebec, La Oficina del Libro per l'Argentina, Edições CNBB per il Brasile, Il CELAM per l'America Latina e il Caraibi. Altri editori verranno contatti nei prossimi mesi per estendere ulteriormente la diffusione dell’opera nel mondo.
Con la pubblicazione di questo libro si vuole contribuire a ricordare e rivivere l’evento ma, soprattutto a vivere nella fede in Gesù per rendere questa crisi un’opportunità di crescita e cambiamento, fiduciosi che il Signore è con noi, anche durante la tempesta, e ci dice: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”.
Il VANGELO - Mc 4, 35-41
In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all'altra riva».
E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena.
Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero:
«Maestro, non t'importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare:
«Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro:
«Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?»
3 - LA MEDITAZIONE DEL SANTO PADRE
«Venuta la sera» (Mc 4,35)
Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera.
Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante,
che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell'aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi.
Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda.
Su questa barca… ci siamo tutti.
Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell'angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme. È facile ritrovarci in questo racconto. Quello che risulta difficile è capire l'atteggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa, proprio nella parte della barca che per prima va a fondo.
E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l'unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –.
Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v. 40). Cerchiamo di comprendere. In che cosa consiste la mancanza di fede dei discepoli, che si contrappone alla fiducia di Gesù? Essi non avevano smesso di credere in Lui, infatti lo invocano. Ma vediamo come lo invocano: «Maestro, non t'importa che siamo perduti?» (v. 38).
Non t'importa: pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro.
Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: "Non t'importa di me?". È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati. La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità.
La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di "imballare" e dimenticare ciò che ha nutrito l'anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente "salvatrici", incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell'immunità necessaria per far fronte all'avversità.
Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri "ego" sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l'appartenenza come fratelli. «Perché avete paura? Non avete ancora fede?»
Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti.
In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto.
Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta.
Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: "Svegliati Signore!". Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te.
In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: "Convertitevi", «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12).
Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta.
Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è.
È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri.
E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita.
È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell'ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell'ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo.
Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti. «Perché avete paura? Non avete ancora fede?»
L'inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza.
Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite.
Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio.
Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.
Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare
la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un'ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati.
Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all'isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l'annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi.
Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita.
Non spegniamo la fiammella smorta (cfr Is 42,3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza.
Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare.
Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, di solidarietà.
Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza. «Perché avete paura? Non avete ancora fede?»
Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l'intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta.
Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, "gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi" (cfr 1 Pt 5,7).