"QUANDO SI TRATTA DI BACIARE SUL SET NON DISTINGUO TRA UOMO O DONNA" - I BOLLORI DI LAURA CHIATTI: "SONO MEZZO UOMO E NON HO PUDORE. DI RECENTE SONO RIMASTA COLPITA DA UNA DELLE FIGLIE DI MONICA BELLUCCI..." - "LE SCENE DI SESSO? NOIOSE E IMBARAZZANTI ANCHE PER UNA COME ME" - LA GELOSIA DEL MARITO MARCO BOCCI (TE CREDO…), VALERIA MARINI ("MI SENTO PIU' VICINO A LEI CHE A LAURA MORANTE") E IL REGISTA CHE NON LA PRESE PERCHÉ LEI ANDÒ AL SECONDO PROVINO PER IL FILM IN TUTA. CHI E'? - VIDEO
Estratto dell’articolo di Valerio Cappelli per “il Corriere della Sera”
Laura Chiatti, nel film di suo marito Marco Bocci, La caccia, che esce l’11 maggio, è con i suoi tre fratelli. Si riuniscono dopo la morte improvvisa del padre. L’eredità nasconde una terribile verità.
Nel film tre maschi e lei, che interpreta una tossicodipendente.
«Non credo che la droga sia un aspetto così importante, quello è un passaggio che Silvia (si chiama così il mio personaggio) attraversa per raggiungere un obiettivo che la porta a scansare un passato da dimenticare nella sua disastrata famiglia. […]».
Il cinema cambia le carte.
«Io vivo tra lacune, rimpianti, insicurezze. Conosco i miei limiti. L’inglese, per dirne uno, lo capisco ma non lo parlo bene, sono pigra, ho dovuto rinunciare a film importanti, anche se quando Sofia Coppola mi prese per Somewhere, con cui vinse a Venezia, imparai la parte tre mesi prima. […]».
Ma lei nella vita, dopo avere avuto due figli, è sempre così insicura?
«Con la maternità alcune cose si acuiscono e altre si attenuano, Enea e Pablo mi fanno sentire il tempo che passa. […]».
Non era anche ipocondriaca?
«Questo è un discorsone. Sono un tipo di ipocondriaca al contrario. Non faccio nemmeno mezza visita medica, mi autodiagnostico. Poi per paura vado su Google e resto sempre col dubbio. È un auto-sabotaggio continuo. […]».
Com’è stato lavorare diretta da suo marito?
«Quando litigavamo gli dicevo: guarda che non lo faccio il film, eh. Ma non ci credeva. Sul set non ho ansia da prestazione, mi diverto, so quello che posso fare bene o meno bene, con Marco ero in ansia perché non ci avevo mai lavorato, lui ama ricevere dagli attori, ne studia la psicologia, è un regista randagio». […]
Ma da ragazzina cosa sognava di fare?
«La parrucchiera. Il sabato accompagnavo mamma a farsi i capelli e quella era la mia dimensione reale. Venendo dalla provincia, al cinema mi autogestivo, non avendo una formazione teatrale mi sentivo inadeguata. Sul set di Sorrentino, per L’amico di famiglia, ho capito che questo sarebbe diventato il mio lavoro. […]».
Essere liberi in un ambiente conformista come il cinema.
«Hai presente quando sei a tavola con altri attori e tutti parlano male di un personaggio politico di destra e io dico che mi sta simpatico? Divento la pecora nera. Me ne sono sempre fregata, non si tratta di essere di destra o di sinistra. Non sto parlando di politica ma di dinamiche che non mi appartengono.
Non fingo di essere una intellettuale per avere più credibilità. Sintetizzando in maniera cruda, mi sento più vicina a Valeria Marini che a Laura Morante. Sono istrionica, non ho un’identità precisa, non penso che si possa essere solo in un certo modo, al cinema mi piacciono film di serie A e di serie C».
Torniamo a lei cantante da ragazzina.
«Cantavo alle sagre, in Umbria era atteso per una serata di karaoke Fiorello, di cui ero innamorata, avevo il poster, quelle cose lì, lui lo sa. Quella sera al suo posto arrivò il fratello, Beppe. Io cantai Ma non ho più la mia città di Gerardina Trovato. […] Ero una ribelle, un cavallo imbizzarrito dicevano i prof, ma non in modo insano, avevo 6 in condotta, in classe saltavo dalla finestra e dopo la ricreazione non rientravo, nulla di trascendentale». […]
Lei viene da una famiglia modesta, giusto?
«Estremamente modesta. Sono cresciuta a Villa di Magione, vicino Perugia. Mio padre faceva il metalmeccanico e rientrava a casa tardi con la tuta piena di grasso e olio, mamma era segretaria nel negozio di maglieria della zia. Sono cresciuta con la nonna, autoritaria ma mi viziava per quanto possibile. Le insegnai io a leggere. Il pomeriggio lo passavo al baretto vicino casa. Le mie amiche, quando tornai dal Festival di Cannes con il ramo di una palma, giocando su quella che danno alla migliore attrice, l’hanno impressa insieme alle impronte delle mie mani sul cemento di una strada, come fanno ai divi in Usa. La mia Hollywood è in una frazione di Perugia. A Cannes ero andata per il film di Sorrentino, i giornali francesi mi definirono la nuova Brigitte Bardot e ne fui lusingata».
I social?
«Mi azzuffo spesso con gli haters, non sopporto quando mi toccano la famiglia o mi dicono che sono diventata anoressica. Reagisco con cinismo o ironia. Avevo preso dieci chili dopo le due gravidanze, li ho persi con una nutrizionista. E mi insultano. Sono sempre stata 53 chili».
[…] Ha ancora una venerazione per Kate Moss?
«Ora un po’ meno. Le ho regalato un anello, avevo una tee-shirt col suo volto. Ho visto che sua figlia Lila fa l’indossatrice col cerotto, senza nascondere il diabete. È bellissima. Di recente sono rimasta colpita da una delle figlie di Monica Bellucci, che al tempo del film di Giovanni Veronesi, Manuale d’amore 3, quello con De Niro, tenevo in braccio. Era una bambina. Mi fa strano che sia diventata una donna».
Nel primo film baciava un’altra donna.
«Lo farò anche nel secondo. Le scene intime sono noiose. Come puoi fare una scena di sesso? È strano, parliamoci chiaro. Esci di casa, vai a lavorare e baci uno che a volte non hai mai visto prima. È sempre imbarazzante, anche per una come me. Sono mezzo uomo e non ho pudore. Io sul set in quelle situazioni non distinguo tra uomo o donna. Se nasce qualcosa con un collega, nasce fuori da quelle scene».
E invece come fu il suo addio al nubilato?
«Meraviglioso e doloroso, aspettavo già Enea, ebbi un distacco di placenta che mi costrinse a letto per venti giorni. Le mie amiche mi organizzarono una festa nel giardino della casa in Umbria dove sono cresciuta. Mi hanno fatto trovare un trono. Io seduta, spettatrice, loro che ballavano. C’era una drag queen e la gigantografia di Kate Moss. Che giornata pazzesca».
Prima ha detto di aver perso occasioni per la sua voglia di libertà.
«Le racconto un episodio che mi fa ancora male. Non dirò il nome, ma un regista molto importante, per un film molto importante, mi fece un provino e mi prese. Al secondo provino mi presentai come sono io, con la tuta e le pinze per fermare i capelli. Mi disse che ci aveva ripensato, avevo un’aria troppo leggera e spensierata per quel ruolo drammatico. Lì mi arrabbiai e gliene dissi di tutti i colori. Perché, non avrei tirato fuori la sofferenza durante le riprese? Io le cose le dico in maniera sfacciata e a volte mi precludo delle occasioni». […]
Siete belli, lei e suo marito. Gelosi?
«Lui lo è. Io non ho mai letto i messaggi sui cellulari degli altri e del suo: sono come le malattie, visiti visiti e alla fine qualcosa trovi».