"QUASI TUTTI NON VOGLIONO FARE MUSICA MA DIVENTARE FAMOSI" - FRANCESCO VIGORELLI, IN ARTE JAKE LA FURIA, SI CONFESSA: “IL SUCCESSO È IL PRELUDIO PER AVERE UN ESERCITO DI COGLIONI. OGGI QUANTO È PIÙ FACILE ARRIVARE, È ALTRETTANTO FACILE CHE ARRIVI DELLA MERDA. È AUMENTATA LA PERCENTUALE DI COSE BRUTTE CHE DOBBIAMO ASCOLTARE. LA NOSTRA EPOCA SI MISURA IN NUMERI, MA È COMPLICATO: ANCHE I COMMENTI NEGATIVI SUI SOCIAL FANNO NUMERI, LO SCHIFO GENERA LO STESSO INTERESSE DELLE COSE BUONE” - LE DROGHE, IL RAP CON I CLUB DOGO, IL RUOLO DI GIUDICE A “X FACTOR” - VIDEO
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Andrea Silenzi per repubblica.it - Estratti
«La musica che ho amato ormai è una festa in maschera», diceva tempo fa Francesco Vigorelli, in arte Jake La Furia, un monumento del rap italiano vecchia scuola. Breve bio: figlio di un noto direttore artistico pubblicitario, ha scritto pagine importanti insieme ai Club Dogo, gruppo rap di enorme importanza nella storia dell’hip hop italiano.
Conduttore radiofonico, attore in un paio di film, produttore, è ormai anche una star tv: prima di X Factor, dove è attualmente giudice, aveva preso parte a diverse trasmissioni tra cui, nel 2013, Nord Sud Ovest Est, dove era a fianco di Paola Iezzi, che ha ritrovato al tavolo del talent in onda il giovedì su Sky e Now.
Il tavolo quest’anno è fatto di persone super preparate. Lei che ruolo si è ritagliato?
«Io sono il mattatore. Cerco di tenere alto il ritmo. Mi lascio andare alle cazzate, che vengono recepite bene. Preferisco il ruolo dello spensierato, anche se sono emotivamente coinvolto, forse più degli altri».
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La credibilità era proprio una delle regole dei Club Dogo. Lei l’ha mantenuta?
«Io sì, sono fuori dall’età anagrafica dei rapper. Sono ancora qua, i colleghi mi danno credito, quindi ho mantenuto le mie promesse. Ho sempre cercato di fare cose che mi divertissero, mai di fare pezzi per lo stream, e credo si veda».
“Ormai non conta più essere, conta esserci”. “Artisti senza talento, ricchi senza sbattimento”. Così cantava anni fa. Sente la distanza dai colleghi più giovani?
«Un milione di anni, ma ne critico solo una parte. Quanto è più facile arrivare, è altrettanto facile che arrivi della merda. È aumentata la percentuale di cose brutte che dobbiamo ascoltare. La nostra epoca si misura in numeri, ma è complicato: anche i commenti negativi sui social fanno numeri, lo schifo genera lo stesso interesse delle cose buone».
Lei è molto riservato sulla sua vita privata, ma ha dichiarato di aver avuto problemi con le droghe. E di essere stato salvato dall’arrivo dei figli. Se guarda indietro, cosa pensa? E con i figli come si comporta?
«Sono terrorizzato. Ho due maschi terribili, vediamo se e quando dovrò intervenire. Se mi guardo indietro penso che avrei potuto perdere molto meno tempo e dedicarmi al lavoro. Però ritengo che l’incontro-scontro con le droghe faccia parte della vita di molti di noi.
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Con i Club Dogo ha frequentato i centri sociali. Cosa le resta oggi di quelle esperienze?
«È stato formativo, all’epoca non c’era spazio per il rap. Mi resta tanto, anche se non finì bene perché avemmo successo e ci ricusarono».
“Non ho il mare fuori, ho il male dentro”. “Ave Maria piena di rabbia”: da dove arriva questa rabbia?
«Dagli anni in cui sono stato in giro, io sono più bravo a raccontare quella cosa lì. Non mi viene di raccontare battesimi e comunioni».
Sempre citando le sue parole, “Col contante vai fuori come Frusciante”. E poi: “Voler fare soldi e svendersi sono due cose differenti”. Sente la responsabilità nei confronti dei ragazzi di X Factor?
«No, perché sono carini e talentuosi ma non sono figli miei. Sono adulti, li ho scelti anche per affinità elettiva. Purtroppo tanti si perdono, è facile che accada specie se non hai le basi giuste. Io non mi sono mai lasciato affascinare dal successo.
Facendo queste audition mi sono reso conto che quasi tutti non vogliono fare musica ma diventare famosi. È il preludio per avere un esercito di coglioni. Alcuni invece sono accesi dalla passione. Dipende qual è il fine».