IL "VAFFA" HA FATTO LA STORIA - NICOLAS CAGE SARÀ IL VOLTO DELL’INSOLITA SERIE “HISTORY OF SWEAR WORDS” SU NETFLIX: SI INDAGHERÀ SULLA STORIA DELLA PAROLACCIA, ARRIVANDO ALLE ORIGINE DI TERMINI QUALI FUCK, SHIT, BITCH, O DAMN (I NOSTRI CAZZO, MERDA, PUTTANA, FANCULO) - IL TRUCCO DI CAGE SARÀ QUELLO DI UTILIZZARE UN LINGUAGGIO FORBITO E ACCADEMICO PER DESCRIVERE L' EVOLUZIONE DELLA VOLGARITÀ LESSICALE E… - VIDEO

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Francesco Specchia per “Libero quotidiano”

 

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La sconcezza come forza storica, il turpiloquio come fenomeno sociale, e l' invettiva a sfondo sessuale come sceneggiatura di un programma di successo. Questo propone, in tv, Nicholas Cage, assiso davanti a un leggio o con dotti volumi da declamare in mano, nella conduzione di History of Swear Words, letteralmente la Storia delle Parolacce.

 

Trattasi di un' insolita serie tv - in 6 episodi da venti minuti- che Netflix manderà in onda dal 5 gennaio; e che, attraverso un' accurata disamina del linguaggio popolare americano, vedrà indagata l' esegesi di termini alati quali fuck, shit, bitch, dick, pussy o damn (i nostri cazzo, merda, puttana, fanculo) e via articolando in un irresistibile crescendo di improperi che sembrano usciti dai monologhi degli stand up comedians nawyorkesi anni 70 alla Lenny Bruce.

 

parolacce

Il trucco di Cage - che si muove, in studio, nella stessa ambientazione di Bruce, in dolcevita esistenzialista, barba perfettamente tinta come i capelli, tono teatrale- sarà quello di utilizzare un linguaggio forbito ed accademico per descrivere l'evoluzione della volgarità lessicale. E, per fare questo la produzione Netflix gli ha assicurato l' appoggio di «esperti come Benjamin Bergen, scienziato cognitivo e autore di What the F o la linguista Anne Charity Hudley, la professoressa di studi sulla donna Mireille Miller Young e critici cinematografici come Elivs Mitchell.

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Il lato comico sarà assicurato da guest star come Nick Offerman, Patti Harrison, Joel Kim Booster, che porteranno le parolacce nel loro repertorio», recita la sinossi del programma. Bene. È evidente che i suddetti nomi per il nostro pubblico siano sconosciuti; ma già si sussurra di un' edizione italiana dello show, magari con Pierfrancesco Favino alla conduzione e Raffaele Morelli e Paolo Crepet, Paolo Ruffini e Pio e Amedeo tra i consulenti scientifici e comici di riferimento.

 

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L' idea, comunque, di sdoganare culturalmente la parolaccia ammantandola di storia e cultura ha un suo fascino. Non che la nostra tv disdegni la materia. Per dire. Il primo a sdoganare la parola "cazzo" in Rai fu Cesare Zavattini. Lo sceneggiatore di Ladri di biciclette, a Radio anch' io, decise di parlare esplicitamente del pene in termini filosofici. Poi seguirono Leopoldo Mastelloni (con una bestemmia che gli costò l' esilio), Guccini citando la sua canzone L' avvelenata, Celentano, Benigni che dalla Carrà confezionò un indimenticabile monologo sui mille epiteti dell' organo genitale maschile.

 

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Perfino il programma della coppia Blady/Roversi Turisti per caso doveva intitolarsi Cazzate a babordo, titolo che finì accartocciato nella censura. E nel 2015 ricordo un successone di Mtv, il Geordie Shore, luogo televisivo ai confini della realtà dove il trash colava dalle pareti, assieme a dosi pesanti di sesso pecoreccio e di, appunto, parolacce importate direttamente dal nord dell' Inghilterra (frasi del tipo: "non ci torno più da Gary e dal suo pisellone gigante ora voglio solo vedere pisellini piccoli", e ovviamente l' originale non era così casto...). E ne La pupa e il secchione si distinguevano scambi tipo: "Porca puttana! Uno mi ha detto: 'Ti raccomando una ragazza'. Sono cazzi nostri o no? "ovviamente coperti da una sequela di bip talmente frequenti da far perdere il filo del discorso, sempre che ce ne fosse uno.

 

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Eppure, letterariamente, la parolaccia, se ben dosata, arricchisce senz' altro il prodotto artistico.

Senza citare i passaggi stroboscopici di Aristofane ne Gli Acarnesi, (anzi li citiamo: "Tu che al culo focoso il pelo radi, tanta barba, o scimmiotto, al mento avendo, camuffato da eunuco, ti presenti?"), di Giovenale, Plauto, Dante, Shakespeare (trivialissimo), potremmo richiamare alla memoria tutta la produzione satirica degli ultimi tre secoli, non ultima quella del giornale Charlie Hebdo il cui sconfinamento nella blasfemia provocò una strage.

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Eppure il turpiloquio spesso carica di gioia, irriverenza e libertà, il gesto autorale. Senza la parolaccia elevata a strumento divino oggi, per esempio, non avremmo Checco Zalone. Da tenere a mente per l' edizione italiana del format.

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