LE RAGAZZE DELL'ITALVOLLEY SONO SCHIACCIATE DAI SOCIAL COME TUTTI NOI (PURTROPPO)  - IL CT MAZZANTI HA DATO LA COLPA DELLA SCONFITTA DELLE AZZURRE (ANCHE) ALLA "MELMA" DI INSTAGRAM E FACEBOOK - LUCA BEATRICE: "NON È SOLO UN PROBLEMA DELLO SPORT, PURTROPPO È PEGGIO: SI TRATTA DELLA DISTRAZIONE DI TUTTA LA NOSTRA SOCIETÀ. FATICO MOLTO A IMPEDIRE AI FIGLI DI TENERE IL TELEFONO LONTANO QUANDO SI MANGIA E DEVO MINACCIARE I MIEI STUDENTI..."

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Luca Beatrice per "Libero Quotidiano"

 

luca beatrice

Forse non tutto è perduto. Al bordo della piccola piscina di un resort marchigiano scorgo una giovane coppia immersa nella lettura. Lei sta affrontando le prime pagine di Una vita come tante, l'impegnativo romanzo di Hania Yanagihara. Lui, tra i diversi saggi ha scelto un testo del filosofo Emanuele Severino.

 

Sono ragazzi, probabilmente universitari, sotto i trent'anni. La scena mi ha colpito perché oggi è sempre più rara. Viaggiando in treno è difficile incontrare persone che leggono. Qualcuno lavora, qualcuno guarda un film, tutti gli altri passano ore sui social tra post e foto, commentare, chattare, farsi un'opinione. Libri sul tavolino del Freccia Rossa se ne posano ben pochi.

 

A volte ho l'impressione che gli smartphone siano più intelligenti di noi: presentandoci il resoconto settimanale del tempo passato a smanettare sembra quasi ci avvisino del rischio di una dipendenza e della difficoltà a disintossicarci per uscirne.

 

paola egonu

Quella finestra sul mondo rappresentata un tempo dai libri, dai film, dalla musica, dai giornali, persino dalla televisione in cui eravamo noi a scegliere, si è pericolosamente chiusa e ora tutti sanno le stesse poche cose e tutti siamo invischiati nella stessa appiccicosa melassa.

 

Commentando l'eliminazione della squadra femminile di pallavolo alle Olimpiadi, l'allenatore Davide Mazzanti ha individuato nei social una concausa del fallimento. Se le ragazze fossero riuscite a staccarsi dal mondo per isolarsi nella propria concentrazione, l'approccio se non il risultato sarebbe stato diverso.

 

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Un atteggiamento stigmatizzato anche in altre discipline, diversi tecnici di calcio regolamentano, tra i rimbrotti, l'uso del cellulare nei ritiri prepartita. Mazzanti ha parlato di "melma", termine duro ma realistico. Lo sport punta sulla condivisione, sullo spirito di squadra, sulla disciplina di gruppo, mentre oggi atlete e atleti appaiono individui solitari che solo incidentalmente si ritrovano su un campo di gioco. Come noi del resto, sempre più chiusi, sempre più soli.

 

NON C'È DISTINZIONE D'ETÀ

Opinionisti e osservatori concordano nell'affermare che questo male colpisca soprattutto i più giovani. Vero fino a un certo punto: su Facebook e Instagram le età sono alquanto mescolate e indistinte.

 

paola egonu

Chiunque posta immagini di tramonti, pietanze, animali domestici, luoghi di vacanza, bambini e tutto ciò di cui non dovrebbe importarci nulla eppure richiama attenzione. La ridda di commenti è piuttosto unidirezionale e ciclica, si parla del Covid, del green pass, ci si divide tra osservanti, perbenisti, trasgressivi, disubbidienti.

 

Si inseguono i consigli di influencer per come vestirsi, cosa mangiare, dove andare. Non emerge un gusto generazionale, non si nota la differenza tra giovani e persone mature. Non si ricerca la competenza di coloro che chiamavamo mediatori, ciascuno si fa la propria senza applicare una coscienza critica. Ci si affanna per un like, un repost, una condivisione, quanto più il linguaggio è semplice e immediato, tanto più risulta efficace.

 

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Tornando allo sport, un tempo si dava la colpa ai "giornalisti" per una recensione negativa, destabilizzante sulla psiche di ragazzi giovani e fragili; ora bastano critiche generiche per scombussolarne l'equilibrio già precario.

 

Non è facile staccarsi dai social, ha continuato Mazzanti. Bisognava imporlo come una linea di condotta, perché vivere sullo smartphone fa più male che fumare una sigaretta di nascosto o mangiare un dolce nel cuore della notte.

 

A TAVOLA O GUARDANDO UN FILM

il ct davide mazzanti

Eppure, provateci voi a togliere lo strumento dalle nostre mani e vedrete che accade. Ieri sera al ristorante, una famiglia di quattro persone, ciascuna china sul proprio apparecchio, quasi non si sono rivolte la parola durante tutta la cena.

 

Da parte mia, fatico molto a impedire ai figli di tenere il telefono lontano quando si mangia perché c'è un piatto da postare, un messaggio a cui rispondere. Neppure io riesco a vedere un film per intero senza controllare le varie chat che potrebbero tranquillamente aspettare.

 

SMARTPHONE IN VACANZA

Devo minacciare i miei studenti di voti bassi o bocciature se mi accorgo che copiano e incollano da Wikipedia. Ribattono che sono figli della Google Generation e che l'unico panico non fronteggiabile è non avere con sé il caricabatteria, perché un telefono spento equivale al distacco dal mondo.

 

smartphone a scuola8

Siamo tutti così? Sì. La risposta è sconfortante ma come in ogni tempo c'è sempre qualcuno che dice no, si ribella e riscopre un vecchio strumento polveroso e desueto, un libro.

 

SMARTPHONE IN VACANZA

Inutile avvertire del pericolo che si corre, inutile predicare come vecchi boomer, ci devono arrivare da soli e scommetto che ad arrivarci saranno proprio loro, ragazzi che leggono Hasegawa e Severino. Doppio applauso, non hanno portato in valigia il bestseller dell'estate, Valerie Perrin, il solito giallo italiano.