LA RAI È IN BOLLETTA – IL PARADOSSO DELL’INTRODUZIONE DEL CANONE NELLA BOLLETTA DELLA LUCE, CHE RENDE L’EVASIONE PIÙ DIFFICILE MA PORTA MENO SOLDI ALLA TV PUBBLICA DI PRIMA – NEL 2013 L’INTROITO ERA 1 MILIARDO E 655 MILIONI. NEL 2018 SONO ARRIVATI 18 MILIONI IN MENO – UNO DEI MOTIVI È CHE LA METÀ DELL’EXTRA GETTITO SE LO PRENDE LO STATO, MA ANCHE…
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Gianluca Roselli per "il Fatto Quotidiano”
Nonostante dal 2016 il canone Rai si paghi all' interno della bolletta della luce per una decisione del governo Renzi - quindi evadere è difficile - quello che la tv pubblica incassa dall' imposta sugli apparecchi televisivi è inferiore a prima, quando si pagava con apposito bollettino. Sembra incredibile, ma è così.
Ieri l' ad Rai Fabrizio Salini, davanti alla commissione di Vigilanza, ha fornito qualche numero. Nel 2013 l' introito ammontava a 1 miliardo e 655 milioni. Nel 2018, col canone in bolletta, la cifra è scesa a 1 miliardo e 637 milioni. Ben 18 milioni in meno. Com' è possibile? Uno dei motivi è che la metà dell' extra-gettito, ovvero i soldi recuperati all' evasione (che prima si aggirava intorno al 30%), non va alla Rai ma se lo prende lo Stato per altre finalità.
Così, se nel 2018 l' extra-gettito è stato di 210 milioni, 105 milioni sono stati stornati verso Palazzo Chigi. Ma il canone è gravato anche da altri tagli. Sul prelievo, infatti, lo Stato ha messo un' imposta del 5% (una tassa sulla tassa), che ammonta ad altri 85 milioni. Poi ci sono le imposte governative e l' Iva: altri 150 milioni. E il fondo per il pluralismo che aiuta le piccole emittenti: altri 100 milioni. Così negli ultimi anni le trattenute dello Stato sono passate da 132 a 345 milioni di euro. Poi si consideri il calo dell' imposta, da 113 a 90 euro.
Di quei 90, però, a Viale Mazzini dopo tutti questi storni ne entrano solo 74,80 euro.
Da qui il grido d' allarme lanciato ieri dall' ad. "L' incertezza sulle risorse è un grave problema per l' azienda, perché i progetti, a partire dal piano industriale, si fanno prospettando determinati introiti. Così non possiamo crescere ma solo sopravvivere e giocare in difesa rispetto ai concorrenti", ha detto Salini.
E il riferimento è alla manovra di bilancio 2019, con la conferma da parte del governo di continuare a prendere metà dell' extra-gettito. Insomma, sul canone in dibattito è caldo, anche perché proprio nei giorni scorsi sono arrivate proposte di abolizione totale o parziale da parte del M5S e Italia Viva. "Visto che mancano le risorse, allora non sarebbe il caso di diminuire gli appalti esterni?", ha chiesto la pentastellata Maria Laura Paxia, autrice della proposta per l' abolizione.
"L' inversione di tendenza è già in atto, ora si utilizzano molto di più le risorse interne. Ma su certe cose, come le fiction, non saremmo in grado: dobbiamo per forza appaltare fuori", la risposta di Salini. Michele Anzaldi, invece, sta raccogliendo firme su Change.org per una riduzione graduale, anche se ieri l' ha derubricata a "provocazione".
Altro tema dibattuto è il pluralismo. Anche perché siamo alla vigilia (domani) di nomine importanti. E il sottotesto della convocazione di Salini a due giorni da un Cda fatidico per i nuovi equilibri di Viale Mazzini sembra proprio una sorta di campanello d' allarme suonato dalla politica. "La sua convocazione a due giorni dalle nomine è un atto assai volgare da parte di questa commissione", ha ammesso Alberto Airola ( M5S ).
Se l' argomento dell' iperpresenza di Matteo Salvini non è stato sollevato (101 minuti di presenze televisive da luglio a ottobre), il centrodestra ha chiesto conto di domenica scorsa. "C' era Bonafede a Domenica in, Calenda dalla Annunziata, Roberto Speranza a Quelli che il calcio, e infine Fabio Fazio ha fatto pure la standing ovation a Carola Rackete Una domenica tutta schiacciata sull' attuale maggioranza", ha fatto notare Maurizio Gasparri.
"Possibile che non c' è nessuno che controlli gli equilibri degli ospiti nelle singole giornate?", si chiedono ancora da Forza Italia. Una novità in arrivo sarà invece la normativa sugli agenti dei divi che partirà a gennaio. Salini non è voluto scendere in particolari, ma, a quanto si apprende, verrà posto un limite al numero dei personaggi per ogni agente nelle varie trasmissioni della tv pubblica. Quella che qualcuno ha ribattezzato, un po' grossolanamente, la norma anti-Caschetto.