LA RAI SBERTUCCIATA IN TUTTO IL MONDO PER LA NON INTERVISTA DI FABIOLO FAZIO AL PAPA – COME DAGO-RIVELATO, LA DIRETTA ERA FINTA. LA PROVA DEL LAVORO DI MONTAGGIO ERA SULL’OROLOGIO AL POLSO DEL SANTO PADRE – LA STAMPA INTERNAZIONALE STUPITA PER I MANCATI ACCENNI ALLA PEDOFILIA NELLA CHIESA E ALLA RIVOLTA DEI VESCOVI TEDESCHI. ANCHE IL SACRESTANO FAZIO VIENE ACCUSATO DI ALCUNI PECCATI DI OMISSIONE. IN PRIMIS L'INCOMPRENSIBILE DECISIONE DI NEPPURE SFIORARE IL TEMA DELLA PERSECUZIONE DEI CRISTIANI NEL MONDO -VIDEO
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Giorgio Gandola per “La Verità”
«La mondanità spirituale è il problema numero uno della Chiesa». Detto questo, papa Francesco ha bucato il video e non c'erano dubbi: 6,7 milioni di italiani (con punte di 8,7) hanno visto la prima intervista rilasciata da un Pontefice a una nostra tv nazionale, in quello che giornalisticamente verrà ricordato nella storia del piccolo schermo come lo scoop di Fabio Fazio. Dopo il Discorso della Luna di San Giovanni XXIII (1962) e la telefonata di San Giovanni Paolo II a Porta a porta (1998), il percorso mediatico della Chiesa in Italia si è completato con uno share medio del 25,42% e 672.000 interazioni social. Il festival di Sanremo è ancora lontano, ma siamo quasi a livello di partite (di qualificazione) della Nazionale di calcio.
Tutti sanno cosa è accaduto, non tutti ciò che non è stato evidenziato. Per esempio che l'intervista non era in diretta, ma registrata alle 17 di domenica e mandata in onda dopo revisione e possibili tagli alle 20.40 mentre Fazio nulla faceva per specificarlo. Poiché Dio si annida nei particolari, la scoperta (da parte del sito Dagospia) dipende da un curioso dettaglio: l'orologio del Pontefice segnava le 17 e - dopo un tempo che non era di mezz' ora - le 17.30, a riprova che qualcuno ha lavorato al montaggio.
Un simile evento dovrebbe valere oro per la Rai, che infatti ha deciso di vendere i diritti di riproduzione dell'intervista a 970 euro al minuto, totale 54.320 euro. Ma per accordi contrattuali, il ricavato non finirà alla tv pagata dal contribuente bensì al Centro televisivo vaticano, che solitamente cede gratis i filmati a Tv 2000, e da qui ai concorrenti della Rai.
La trattativa per la storica apparizione televisiva è stata portata avanti da Paolo Ruffini, ex direttore di Rai 3, oggi prefetto del dicastero per la Comunicazione della Santa Sede. E al di là dello spirito di colleganza del manager, la scelta della rete fortemente connotata a sinistra conferma la sintonia di Francesco con le istanze e la narrazione dem, tanto che Roberto Saviano nel prologo di Che tempo che fa lo aveva definito «l'ultimo socialista».
Proprio per rispettare questa sintonia tematica e non turbare l'aura di serenità, l'intervista è sembrata un tentativo di ridurre la missione papale alle tematiche sociali oggi più gettonate: la causa dei migranti, il riscaldamento del pianeta, la ricerca della bontà attraverso la misericordia. E basta.
Per questa inadeguatezza nel valorizzare l'eccezionale interlocutore (però sappiamo che ballava il tango e da piccolo voleva diventare macellaio), il sacrestano Fazio viene accusato di alcuni peccati di omissione. Il primo è l'incomprensibile decisione di neppure sfiorare il tema della persecuzione dei cristiani nel mondo, tornata su livelli inaccettabili; proprio ieri l'ennesimo sacerdote cattolico è stato rapito in Nigeria. Nel 2021 fra missionari e laici ne sono stati uccisi 22.
Il secondo tema «dimenticato» è stato quello della pedofilia del clero, e su questo argomento i giornalisti stranieri sono molto indignati.«I grandi media italiani restano uno spazio sicuro per il Vaticano», ironizza Jason Horowitz, corrispondente da Roma del New York Times. La comfort zone è un peccato mortale per Alvise Armellini, che scrive per il Daily Telegraph e il Financial Times.
«Un'ora di intervista e nessuna domanda sugli scandali legati agli abusi sessuali nella Chiesa», ha notato. «Ho un po' l'idea che si sia stati più realisti del re, o più cattolici del Papa. Nel senso che è un tema su cui Bergoglio si è espresso parecchie volte, è stato anche intervistato a questo proposito da diversi colleghi in altri Paesi.
Quindi penso che se gli fosse stata fatta la domanda, lui avrebbe risposto. Magari non volentieri, ma sarebbe stato pronto a rispondere».La gestione di Fazio è stata timida, da gran ciambellano. Dava l'impressione di gongolare per avere vinto al minuto uno, quando il Papa è comparso sul teleschermo. Così non ha saputo andare oltre qualche frase da catechismo.
Gli era già successo davanti a Emmanuel Macron; in questi casi la figura da leone da scendiletto è assicurata. Bisogna aggiungere che neppure il Pontefice, spontaneamente, si è sentito in dovere di trattare, davanti a milioni di fedeli, argomenti scottanti. Più facile navigare sulla corrente lenta dell'accoglienza e della transizione green. Un altro tema molto interessante sul quale sollecitare Francesco sarebbe stato il documento dei vescovi tedeschi, che qualche giorno fa hanno chiesto al Vaticano di rimuovere l'obbligo di celibato.
Un affondo sulla dottrina, qualcosa di rivoluzionario che il sacrestano di Rai 3 non avrebbe saputo gestire. «È stata un'occasione perduta», scrivono i media esteri. La banalità della televisione ha fatto il resto, restituendo frasi già note ed espressioni già mille volte metabolizzate. Basta andare su Youtube per comprendere quanto fosse più spirituale e potente la parola di papa Roncalli nel buio di San Pietro illuminato dalla luce lunare, rispetto all'ora di papa Bergoglio a Che tempo che fa. Non certo per colpa sua, ma di un mezzo così abusato e corrivo da togliere la dimensione del sacro a tutto ciò che inquadra.
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