RENZO ARBORE CHANNEL, IL BENEMERITO CANALE STREAMING DI "PREZIOSITÀ E MALEFATTE TELEVISIVE", SCODELLA UNA ESILARANTE SCELTA DI INTERVENTI DI ROBERTO D’AGOSTINO A "QUELLI DELLA NOTTE" ALLE PRESE CON L’"EDONISMO REAGANIANO" APPLICATO AL "BALLO DEL QUA QUA" DI ROMINA POWER E ALLA SVOLTA ECO-NEW ROMANTIC DI RAFFAELLA CARRÀ –
AL VIDEO-COMPILATION DI ARBORE, DAGO AGGIUNGE IL RACCONTO DI COME EBBE L’IDEA DEL TORMENTONE CHE DA GOLIARDICO SCHERZO CATODICO DIVENNE IL PIEDINO DI PORCO PER PENETRARE NELLA "RIVOLUZIONE" DEGLI ANNI OTTANTA, DECENNIO DI COLTURA DI QUELL’EDONISMO DIGITALE CHE OGGI IMPERA… - VIDEO


VIDEO - RENZO ARBORE CHANNEL: ROBERTO D'AGOSTINO E L'EDONISMO REAGANIANO

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DAGONOTA

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Renzo Arbore Channel, il benemerito canale streaming di ‘’preziosità e malefatte televisive’’, scodella una esilarante scelta di interventi a “Quelli della notte” di Roberto D’Agostino alle prese con l’Edonismo reaganiano” applicato al “Ballo del qua qua” di Romina Power e alla svolta ecologica-new romantic di Raffaella Carrà – al video di Arbore, Dago aggiunge il racconto di come ebbe l’idea del tormentone che da goliardico scherzo catodico divenne il piedino di porco per penetrare nella “rivoluzione” degli anni Ottanta…

 

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EDONISMO REAGANIANO

di Roberto D’Agostino per Dagospia

 

All'inizio, pare soltanto un tormentone di "Quelli della notte", gag priva di senso, battuta demenziale, sandwich di calembour, anche astrusi. Invece, sorpresa, l'Edonismo Reaganiano travalica il piccolo schermo e gli addetti alle opinioni di massa dichiarano pensosamente che non è solo un goliardico scherzo catodico ma il piedino di porco per penetrare nella Weltanschauung degli anni Ottanta.

 

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Apre il varco il filosofo Gianni Vattimo, oracolo del nichilismo post-moderno e agit-prop del "Pensiero debole", saggio che fa sepoltura del “Pensiero forte” delle ideologie, celebrando il tormentone del programma di Renzo Arbore su "La Stampa" con un editoriale che si intitola proprio ‘’Edonismo Reaganiano’’.

 

Ma i consensi dotti e intellettuali all'uso e abuso dello slogan provengono anche da voci più ortodosse. Dice Giuseppe Vacca, deputato comunista e pensatore di un certo impegno: "Apprezzo molto questa formula. Sono riusciti a nominare "la cosa" con un linguaggio metaforico tutt'altro che banale. Credo che il loro sia il primo contributo di pensiero critico diffuso attraverso i mezzi di comunicazione di massa, particolarmente utile per la percezione dei cambiamenti che stiamo vivendo".

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Ancora. "Non si capisce di questi anni Ottanta se non si prende atto di questi cambiamenti e si continua a ragionare come negli anni Settanta", osserva il filosofo Salvatore Veca. Che aggiunge ("Panorama" del 30 giugno 1985): "Anche nell'epoca della felicità privata si può mantenere la capacità di raziocinio, non demonizzare né santificare quel che succede, ma cercare di distinguere".

 

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E' questa la grande sfida che la sinistra, il Pci di allora, raccoglie nel peggiore dei modi, continuando imperterrita a demonizzare l'essere e il benessere (e il risultato, dieci anni dopo, si chiamerà berlusconismo senza limitismo - e senza il reaganesmo un berlusconi non sarebbe mai sbucato dallo Stivale.

 

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Il giochino di prestigio è riuscito. Il coniglio sbuca dal cappello a cilindro. In precario equilibrio tra l'ironico e il grottesco, spiego, puntata dopo puntata, quali sono i pensatori che tramano dietro la formuletta edonista, intellettuali scelti con cura in base alla loro voci “fuori dal coro” (Milan Kundera, Gianni Vattimo, Gilles Lipovetsky, Sebastiano Maffettone, Karl Rosenkranz, Achille Bonito Oliva).

 

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Ma soprattutto in base ai titoli dei loro libri: "Il pensiero debole" per Vattimo, "L'impero dell'Effimero" per Lipovetsky, "L'estetica del brutto" per Rosenkranz, "L'ideologia del traditore" per Bonito Oliva. Ecco, basta mettere in fila indiana i titoli di cui sopra per ottenere la soluzione dell'ambo Edonismo Reaganiano.

 

Aggiungere infine il titolo definitivo e più iconico: "L'insostenibile leggerezza dell'essere" di Kundera, e il cerchio si chiude. Siamo alla Post-politica, al di qua e al di là dei partiti, in un paesaggio che vede l'economia schiacciare la politica (la famigerata "reaganomics"), in cui sale alla ribalta il leader che si fa partito. Addio scudo crociato, in soffitta falce e martello, benvenuti negli anni Ottanta.

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Si è chiuso il ciclo della politicizzazione, del protagonismo collettivo e della ricerca della felicità sociale, secondo l'espressione coniata dal sociologo Albert Hirschmann, autore appunto del libro "Felicità privata e felicità pubblica" (che spiega come i pendolarismi della storia derivino dall'oscillazione dei gusti del popolo fra questi due poli). Di qui, complice la delusione sui risultati delle battaglie sociali e ideologiche, finite nel 1978 nell'assassinio di Aldo Moro, inizia un nuovo ciclo, quella della felicità individuale, della affermazione personale, della fine degli steccati e dei ruoli consolidati.

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Mescolare le carte, dunque. Dal sinistrismo al narcisismo, dal Noi all'Io, dalla sommossa delle Bierre alla mossa delle Pierre, da Lotta Continua al successo di breve durata, dai furgoni cellulari al telefonino cellulare, dal significato al significante, dalle fratte ai frattali, dal ciclostile al fax, dalla rivolta a Travolta.

 

E' un Pediluvio universale. Impara l'arte e mettila nei party. Peperoncino dall'inizio alla fine. Conciliare l'alto e il basso. L'est e l'ovest. La Storia e la scoria. La qualità e la quantità. Lo snob e il Blob. I Dik Dik e i Duran Duran. Le Botteghe Oscure e le boutiques lucenti.

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Del resto, lo scavalcamento dei ruoli, la sapienza combinatoria, il desiderio di sedurre, è ben rappresentato e legittimato dalle culture emergenti degli anni Ottanta: il Post-moderno nell'architettura, la Transavanguardia nella pittura, il "pensiero debole" nella filosofia, la New Wave nella musica giovane, il miraggio del look nelle tribù giovanili, il computer come memoria istantanea, il video come operazione di smontaggio e rimontaggio della realtà.

 

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Se non si può opporre l'avanguardia alla tradizione, né l'avvenire al passato, contro gli opposti estremismi, il "doppio-gioco" dell'Edonismo Reaganiano è allora un tentativo positivo di mettersi in comunicazione con l'astuzia del tempo e l'ambivalenza del presente. E non è singolare che, agli inizi degli ’80, sia toccato proprio a un severo semiologo, avanguardista letterario del Gruppo 63 come Umberto Eco di diventare, con l'intercontinentale e incontinente trionfo popolare del romanzo "Il nome della rosa", il garante dello slittamento, della doppia identità.

 

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L'Edonismo Reaganiano sbandiera la "democrazia del frivolo", sfacciatamente, portando con sé non solo trash e flash, ciarle e ciarlatani, cloni e coglioni, ma anche i bollori della creatività individuale e del pluralismo, e riconcilia la tecnologia con il gioco, il potere politico con la seduzione, il sesso con il piacere, il divertimento con la vita. Sedotta da una ideologia zero che preferisce l'immagine alla cosa, la copia all'originale, la rappresentazione alla realtà.

 

RENZO ARBORE E ROBERTO DAGOSTINO

Una Belle Epoque, anche se in forme mascherate da Kitsch sfrenato, che celebra il suo trionfo nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino, carico di tutte le disastrose ideologie del ‘900, crollo che muterà per sempre la geopolitica del mondo occidentale, da una parte.

 

Dall’altra, sempre nell’anno di grazia 1989, l’informatico britannico Tim Berners-Lee, lavorando su un computer americano chiamato NEXT prodotto dal genio di Steve Jobs, inventò e regalò al mondo il World Wide Web, una ragnatela percorribile da tutti, in cui tutti i documenti del mondo, che siano testi, foto, suoni video, saranno a portata di mano. Via tutte le mediazioni. Niente esperti. Niente più confini. Niente più caste. Niente flussi ideologici. Addio élite a cui si era soliti riconoscere una particolare competenza, un’autorità e alla fine un certo potere..

 

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Berners-Lee definisce il Web con appena 21 parole. Una frase chiave è: “Non c’è un top nel Web. Puoi guardarlo da molti punti di vista”. Ad una civiltà che da secoli era stata abituata a cercare la struttura del mondo mettendolo rigidamente in fila dall’alto in basso, dal più grande al più piccolo, quell’informatico stava dicendo che il Web era un mondo senza un inizio o una fine, senza prima e dopo, senza sopra e sotto: ci potevi entrare da qualsiasi lato, e sarebbe stata sempre la porta principale, e mai l’unica porta principale.

 

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Dunque, gli Ottanta non sono solo il nostro momento di massimo "orgiasmo", come scrive il sociologo francese Michel Maffesoli ne "L'ombra di Dioniso", portatori di un piacere compulsivo fine a se stesso, bombastico e sconcertante, ma segnano anche la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra: quella dell’Edonismo digitale, tuttora imperante.

 

La ricerca del piacere avviene infatti nel trasferimento della conoscenza e della vita degli individui dalla realtà reale al mondo di internet. I social network sono la più importante e vitale forma di aggregazione. La nostra rappresentazione sociale non può più, ormai, non passare per la rete in modalità immagine.

 

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Infatti la vita, grazie ai social network, è diventata una edonistica battaglia che se ne frega di “essere se stessi” ma ha il problema di ‘’creare se stessi’’. Un duello tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere. E i social sono oggi la via più semplice per consegnare agli altri una immagine diversa di se stessi. L’unica cosa che conta è la propria vita come fiction. Postare per sedurre. Ecco perché è diventato un’ossessione, l’ultima dittatura/orgasmo dei nostri tempi, per molti “un disturbo mentale di massa”: l’edonismo digitale ci dà la possibilità di creare una vita parallela attraverso i social.

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Grazie a Dio l’essere umano non è perfetto: edonismo analogico o digitale, la nostra reazione al piacere non è la felicità, ma ulteriore e compulsiva ricerca di altro piacere. Con i progressi della scienza e della tecnica, potremo anche diventare Dei. Ma saremo sempre Dei infelici.

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