IL RITRATTONE DI ALBERTO ASOR ROSA BY MIRELLA SERRI - "A 89 ANNI SE NE VA UNO DEI CRITICI PIÙ BATTAGLIERI E TEMUTI. PASOLINI LO DEFINI’ “L’UOMO CHE PIU’ MI HA FATTO MALE NELLA VITA” DOPO ESSERE STATO MESSO SOTTO TIRO NEL SAGGIO “SCRITTORI E POPOLO” – “IL GRUPPO MORAVIA-PASOLINI-BETTI-SICILIANO VIVEVA IN UNA SUA REALTÀ IMPERMEABILE”, SCRISSE INDIGNATO IL PROFESSOR PALINDROMO: “E IO AI SALOTTI ROMANI PREFERIVO IL VOLANTINAGGIO IN FABBRICA” – LE SUE CRITICHE FECERO INCAZZARE MONTALE CHE LO INFILZO’: “ASOR NOME GENTILE, IL SUO RETROGRADO, È IL PIÙ BEL FIORE”
-Mirella Serri per “la Stampa”
Il mondo della cultura è in lutto. A Roma è scomparso ieri a 89 anni, dopo una lunga malattia, uno dei più importanti intellettuali italiani, Alberto Asor Rosa, critico letterario, storico della letteratura, narratore, politico e docente all'università romana La Sapienza. A sentirsi un po' orfani non sono oggi solo gli ex colleghi, gli ex allievi, i collaboratori delle sue storie letterarie, ma paradossalmente anche i suoi avversari e antagonisti in ambito intellettuale e politico, con cui ha discusso e duellato per decenni.
Il professore - la cui opera è stata consacrata tra i Grandi Classici della Letteratura con il volume antologico Scritture critiche e d'invenzione, pubblicato nei Meridiani mondadoriani - è stato uno degli ultimi grandi polemisti e ideologi marxisti, teorico di uno stretto rapporto tra politica e letteratura.
Asor Rosa, nato a Roma e orgoglioso di aver coltivato la sua grinta intellettuale tramite l'educazione sentimentale in quartieri popolari, ha esibito il suo temperamento battagliero fin dai suoi esordi nel mondo della politica, nel 1956. Iscritto alla Federazione giovanile comunista, dopo aver firmato il famoso manifesto dei «101» contro l'invasione dell'Ungheria uscì dalla casa comunista (per poi rientrare nei ranghi del Pci ed essere eletto nel 1979 in Parlamento). Non temeva l'agone e non risparmiava i fendenti, il professore: è stato uno dei più temuti critici letterari italiani.
«Asor, l'uomo che mi ha fatto più male nella vita», lo stigmatizzò Pier Paolo Pasolini, dopo essere stato messo sotto tiro nel saggio Scrittori e popolo, uscito nel 1965 per le piccole ma autorevoli edizioni Samonà e Savelli. Il libro fu un vero caso letterario e diede grande notorietà al docente: tra i suoi bersagli polemici c'erano anche Vasco Pratolini, Carlo Cassola e Antonio Gramsci.
Asor attaccava il modello nazionalpopolare della narrativa di sinistra che aveva scelto come soggetto dei propri romanzi un «popolo artefatto e sfigurato» e analizzava la formazione della tradizione letteraria nazionale, la genesi dello storicismo marxista italiano, del fascismo di sinistra e dell'antifascismo militante.
Allievo di Natalino Sapegno, Asor Rosa fu influenzato dai saggi di Mario Tronti, poi raccolti nel libro del filosofo Operai e capitale. Dopo l'exploit di Scrittori e popolo, Asor Rosa acquistò il ruolo di saggista-guru, di maestro in grado di indicare strade e percorsi per i narratori e gli intellettuali contemporanei. Gli studenti e un esteso ceto intellettuale di sinistra lo avevano prescelto come maître à penser anche per gli scritti sulle pagine delle riviste da lui fondate o in cui ebbe un ruolo centrale, come Quaderni Rossi, Classe operaia e Contropiano (diretto da Asor Rosa con Massimo Cacciari).
Irritante, severo, spesso tranchant, con i suoi baffi spioventi e la cadenza spiccatamente romana, trasformò in seguito la sua immagine di ribelle in quella di padre ri-fondatore della storia della letteratura con imprese letterarie monumentali: lo fece a partire dal contributo intitolato La cultura nella Storia d'Italia dell'Einaudi (1975), per proseguire con l'impegno, sempre per lo Struzzo, di direzione e di coordinamento della Letteratura italiana (1982-2000), a cui poi seguì in tre volumi la Storia europea della letteratura italiana.
Cresciuto in una famiglia della piccola borghesia romana - suo padre era impiegato delle ferrovie - dopo dieci anni di insegnamento nelle scuole superiori Asor si era conquistato la cattedra universitaria. Ma gli accademici della Facoltà di Lettere di Roma non gli perdonarono le critiche all'intellighenzia di sinistra.
«Mi fecero a fette», disse Asor Rosa, dal momento che entrò in conflitto anche con Carlo Salinari, il suo maestro, partigiano e animatore della Resistenza romana. Gli fu ostile anche Carlo Muscetta, che dopo avergli commissionato un ampio saggio sulla Cultura della Controriforma si rifiutò di pubblicarlo perché dava ampio spazio alla cultura dei gesuiti (il lavoro uscì poi dalla Laterza).
Scontri e dispute accese non mancarono pure fuori dall'accademia: con la società letteraria capitolina «monocratica e chiusa», rappresentata da Alberto Moravia e da Enzo Siciliano, Asor Rosa non ebbe buoni rapporti: «Il gruppo Moravia-Pasolini-Betti-Siciliano viveva in una sua realtà impermeabile», scrisse indignato il professore operaista. «E io ai salotti romani preferivo il volantinaggio in fabbrica».
Nel 1977 i giovani dell'ala più inventiva e creativa del movimento studentesco lo ribattezzarono «Asor palindromo», perché connotato da un cognome leggibile anche al contrario. Nonostante le contraddizioni che individuavano nel suo pensiero, i ventenni della fine degli Anni 70 videro in lui un punto di riferimento: ne Le due società (Einaudi) il «palindromo» lanciava un leitmotiv destinato a diventare popolarissimo e contrapponeva l'Italia del posto fisso all'Italia dei precari, dei disoccupati, degli studenti-lavoratori.
Quando però la rivolta giovanile culminò nella cacciata dall'ateneo romano del leader sindacale Luciano Lama, Asor Rosa fu in prima linea ad opporvisi. Sempre controcorrente con le sue prese di posizione, irritò persino il pacifico Eugenio Montale, che ironizzò su di lui e lo accusò di subordinare il giudizio sull'opera poetica a valutazioni di tipo ideologico: «Asor nome gentile, il suo retrogrado, è il più bel fiore...». Negli ultimi anni della vita il professore passò dall'altra parte della barricata e si cimentò direttamente con la scrittura narrativa (L'alba di un mondo nuovo, Storie di animali e altri viventi, Assunta e Alessandro, in cui parla dei suoi genitori, I racconti dell'errore, Amori sospesi, dedicato alle esperienze erotiche di uomini in età avanzata, tutti pubblicati da Einaudi).
Per non smentire la sua inclinazione per le battaglie sociali, animò in Toscana un coordinamento ambientalista, molto attivo nella difesa del territorio e del paesaggio. Ritornò poi ai vecchi amori e pubblicò in un unico volume il suo saggio d'esordio e uno scritto che lo attualizzava: Scrittori e popolo (1965). Scrittori e massa (2015). Nelle sue opere - da Intellettuali e classe operaia a Galilei e la nuova scienza, a L'ultimo paradosso, a Fuori dall'Occidente - si è dimostrato uno degli ultimi cultori della letteratura intesa come qualcosa capace di scuotere le coscienze: era votato alla critica e alla storia degli intellettuali come impegno civile e, oggi, sembrano non esserci in questo campo eredi alla sua altezza.