DAGOREPORT
Chi è lo stregone Sandro Veronesi, l’inventore (un secolo e mezzo dopo Nietzsche), “dell’Uomo nuovo” che – conformismo docet – “sarà una donna”? Chi è lo scrittore al quale il “Corriere della Sera” ha tirato la volata allo Strega con una cinquantina di articoli? Come vive l’intellettuale che, nella sera dello Strega, non ha dimenticato “chi sta su una barca in mare” (crediamo si riferisse i migranti, non agli amici già sullo yacht)? Che lavoro fa Sandro Veronesi? Cioè, ha mai lavorato Veronesi prima di vivere con gli anticipi dei libri e delle collaborazioni al “Corriere”?
Architetto (mancato) quando si diventava architetti con gli esami di gruppo e il 18 politico, di lavoro non ne ha mai sentito parlare. Con una certa “onestà” lo ha dichiarato lui stesso ad Annalena Benini: “Ho lasciato la Toscana dove rischiavo di trovare lavoro e sono venuto via”. Cioè, gli altri vanno via in cerca di lavoro, lui, il lavoro, lo rifugge. “Ho vissuto un anno e mezzo da parassita, ospite di Vincenzo Cerami” (forse anche di più da parassita)… ma per uno che rincorre sogni, fare l’architetto, avere a che fare con i tubi e il cemento gli stava un po’ stretto. “I miei amici negli anni Ottanta mi chiamavano Permanent Vacation, perché per loro io che scrivevo ero in vacanza, non lavoravo, non producevo” (effettivamente…).
Il compagno Veronesi ha tanti figli, ma di farli studiare nelle università italiane (giustamente) se ne guarda bene: uno fa un dottorato di archeologia alla UCL di Londra; l’altro studia alla Royal Central School of Speech and Drama sempre di Londra; il più giovane vuole che “vada via da Prato”. Consiglieresti ai tuoi figli di vivere in Italia? “No, non glielo consiglierei”. Ha anche due figli più piccoli dalla seconda moglie, con la quale vive a Roma. Ha imparato anche il romanesco. A Gianni Aimi (Linkiesta) in un’intervista dice che preferisce lui alla Rai perché “nun c’ho voglia della televisione co’ i riflettori e i tempi stretti”.
E’ superintrodotto nel mondo cinema romano, dove lavora il fratello Giovanni quello che ha detto che se ne andava dall’Urbe profanata da Salvini “arrogante e pericoloso per la società” (ma è ancora a Roma). Ieri, Giovanni, ha commentato in dialetto identitario: ““Immi’ fratello ha vinto du vorteeeeeeeeeeeee”.
La Lega è una ossessione anche del pacifico Sandro: “Io so una cosa per certo: se per caso mai fossi stato eletto al Senato, oggi avrei fatto saltare i denti a parecchi leghisti prima che i valletti riuscissero a fermarmi. Speriamo di recuperare un briciolo di umanità e non cadere di nuovo nella vergogna storica. Per il resto, io sono solo un picchiatore che rompe i denti alla gente”. Speriamo che recuperi anche lui un minimo di umanità.
Nanni Moretti gli fa un film sul libro “Caos calmo” arrecandogli successo popolare; il film è per lo più visto dal generone romano al fine di osservare la scena in cui Moretti deve sodomizzare Isabella Ferrari. “Nanni Moretti è come un cipresso per me – dirà Veronesi -, che raccoglie e non esibisce, raggiunge profondità e altezze” (boh!).
Vive a Roma giocando a tennis (“mai a mignotte in vita mia”, i miei riferimenti sono “i Led Zeppelin e gli U2”) ma due o tre giorni alla settimana torna nella natia Prato dove vive – mica in condominio – nella Fattoria Celle di Santomato. Qui ha inaugurato la “Serra dei poeti”, una struttura da lui progettata e spacciata come opera d’arte en-plein air fatta esporre dal “Corriere della Sera” addirittura alla Triennale, con il placet del presidente e compare - di soldi e radicalismo chic - Stefano Boeri. Veronesi ha una vena ecologica e anni fa ha svolto “il gesto culturale di piantare” nella sua tenuta 30 cipressi.
A Prato, a piazza Mercadante volevano togliere gli alberi perché gli spacciatori ci nascondo lì la droga. “Assurdo», disse difendendo gli alberi. Ama talmente gli alberi che con il figlio ha preso una macchina ed è andato a 300 km da Seattle a vederne alcuni di impressionanti. Ha anche una cagnetta Lea, un beagle di razza (ovviamente).
sandro veronesi annalena benini foto di bacco
Come racconta nel suo libro vincitore, il padre (ingegnere) deve aver lasciato una discreta eredità – almeno a giudicare dal design firmato con il cui elenco ammorba diverse pagine del “Colibrì”.
Negli anni del “Papocchio” (1980), Benigni e Arbore avevano litigato per la promozione. Carlo Monni, amico di Veronesi, se la prese con Arbore e una sera lo maledì: “Io ti maledico, e ti maledirò finché campo e quando sarò per morire dirò dottore! Mi faccia una puntura, mi faccia campare altri dieci minuti per poterti maledire altri dieci minuti!”. Begli amici!
Ma che lavoro avrebbe voluto fare, davvero, se avesse potuto, se la fosse sentita, Veronesi? “La risposta è sorprendente, ma veritiera – rispose all’Huffington Post -. Avrei voluto fare il cameriere, perché mi piace servire”. Ecco, un’idea noi ce la avremmo…
Sandro Veronesi sandro veronesi edoardo nesi Sandro Veronesi e Michele Serra Sandro Veronesi Sandro Veronesi matteo salvini Sandro Veronesi e Michele Serra sandro veronesi sandro veronesi Sandro Veronesi sandro veronesi foto di bacco sandro veronesi marco tullio giordana foto di bacco