LE SERIE DEI GIUSTI – ARRIVA SU SKY LA PRIMA STAGIONE DI “CHRISTIAN”, SERIE SUPERNATURAL-SUPERCRIME-SUPERCOATTA DOVE È PROTAGONISTA L’ANGELO DEL SERPENTONE CHE AL TEMPO STESSO TI GONFIA DI BOTTE E TI RESUSCITA, INTERPRETATO CON GRANDE IDENTIFICAZIONE NEL PERSONAGGIO DA EDOARDO PESCE INGROSSATO E BARBUTO A METÀ STRADA TRA BUD (SPENCER) E LILLO (PETROLO). “SO SEMPRE STATO QUELLO BRUTTO, QUELLO CHE MENA” - LE BATTUTE E LA SIMPATIA DEI PERSONAGGI CI FANNO DIGERIRE TUTTO. ANCHE LA CARBONARA CON LA PANNA…
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Marco Giusti per Dagospia
“La combinazione della cassaforte?” – “Laziommerda, due emme tutto minuscolo”. Ci siamo. Arriva su Sky la prima stagione di “Christian”, serie supernatural-supercrime-supercoatta dove è protagonista l’angelo del Serpentone che al tempo stesso ti gonfia di botte e ti resuscita interpretato con grande identificazione nel personaggio da Edoardo Pesce ingrossato e barbuto a metà strada tra Bud (Spencer) e Lillo (Petrolo). “So sempre stato quello brutto, quello che mena”.
Tratta dalla graphic novel del 1999, non così romana, non così coatta, “Stigmate” di Lorenzo Mattotti e Claudio Piersanti, la serie, in onda dal 28 gennaio, è diretta con bella mano da new-fiction violenta da Stefano Lodovichi (“Il cacciatore”, “La stanza”) e Roberto Cinardi, anche co-sceneggiatore, autore di videoclip e di un corto dallo stesso titolo e dalla simile storia con Gabriele Mainetti protagonista nel 2015 che mi piacerebbe vedere.
Segno che per arrivare a queste sei puntate ci sono voluti anni di preparazione. L’idea è semplice. A Roma, in quel del Serpentone, cioè al Nuovo Corviale, non si sa perché, arrivano le stigmate e la capacità di far miracoli non a un santo delle favelas, ma a Christian, il più rozzo esattore del boss locale che convince più con le cattive che con le buone la gente a pagare i debiti o a cambiar casa.
I metodi di Christian, diciamo, sono piuttosto spicci, “Te ne devi annà, hai capito? Se eri n’artro eri già morto”. E giù botte. Christian, poco istruito, perde tempo a parlare con gli amici della banda di temi importanti come lo zucchero, mentre la macchina da presa gira attorno al gruppo come all’inizio di “Reservoir Dogs”.
Vive con la madre, Lina Sastri, malata di Alzheimer, e ha un rapporto di totale sudditanza con il boss Lino, un azzimato Giordano De Plano, che ha a casa una moglie in coma da anni. L’arrivo delle stigmate (“Come Padre coso… Padre Pio”) e i primi miracoli compiuti in quel del Serpentone, madre curata per sempre, la donna in coma che torna alla vita e ha pure fame, una tossica amica, Silvia D’Amico, che perde il vizio e cerca lavoro da commessa vendondosi come esperta nel settore cibo per drogati (cocaina salato eroina zuccheri), un trans cocainomane pure, un paio di resurrezioni in qua e là, scatenano l’interesse di un cacciatore di falsi guaritori con figlioletto cieco, un Claudio Santamaria truccato da impiegato del catasto, che non ci crede.
Da una parte la serie punterà così, con una serie di flashback, a spiegare chi è questo Christian partendo dal passato, mentre nel presente, lo stesso guaritore con le stigmate se la vedrà col boss, cattivissimo, che vede il suo potere in crisi proprio per l’arrivo dell’angelo coatto. E non è che la guarigione della moglie gli migliori troppo la situazione. Le prime puntate sono notevoli e divertenti, lo riconosco, a parte qualche banalità (“Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine”).
Dopo c’è un problema di sceneggiatura proprio nella costruzione di Christian e nella contraddizione del suo personaggio, santo e coatto (“E mo… che vai a tornà a menà?” gli chiede l’amica ex-tossica). Al punto che si preferisce puntare sulla figura di Lino, il boss di Giordano De Plano, coi capelli tirati indietro (“Co’ sti capelli da frocio – Da frocio? Come Fiorello…”), perdendosi un po’ il protagonista, che è il punto della storia. Ma le battute e la simpatia dei personaggi, Edoardo Pesce e Silvia D’Amico in testa a tutti, Antonio Bannò, Francesco Colella, ci fanno digerire tutto. Anche la carbonara con la panna…