SIAMO TUTTI UN PO' FANTOZZI – A QUASI 50 ANNI DAL FILM CHE NE CREO' IL MITO, IL RAGIONIER UGO FANTOZZI NON HA PERSO FASCINO E A MODENA È STATO ALLESTITO UN VILLAGGIO DEDICATO ALLE PELLICOLE E IN UMBRIA VIENE ORGANIZZATA LA CELEBRE COPPA “COBRAM” - LE CITAZIONI DEI FILM VENGONO TRAMANDATE DI PADRE IN FIGLIO ("LA CORAZZATA POTEMKIN È UNA CAGATA PAZZESCA" - "RAGIONIERE, BATTI LEI" E LA "SEDIA DEL MEGADIRETTORE IN PELLE UMANA") - GIANLUCA NICOLETTI E I PERDENTI COME ANCORA PER LE NOSTRE SFORTUNE: "IN REALTÀ IL VERO SFIGATO DEI FILM È..."
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IL FASCINO DEL PERDENTE
Estratto dell’articolo di Franco Giubilei per “La Stampa”
Anno 2023, Fantozzi lotta ancora insieme a noi con la forza di un redentore sceso fra noi comuni mortali ad espiare i nostri peccati, caricandosi addosso le sfighe del pianeta e uscendone più vivo di prima, perché Fantozzi non morirà mai.
È per questo che persiste nell'immaginario degli italiani, continua ad essere citato e viene pure celebrato, come il 22 ottobre, pranzo fantozziano alla trattoria Da Benedetta a Vetralla, nel Viterbano, con un menu filologicamente corretto che procede di citazione in citazione: dalle polpette di Bavaria alla frittatona di cipolle fino agli "scotches" a termine pasto.
Per partecipare sarà richiesto un "dress code fantozziano", dunque ci si aspetta abitini alla signorina Silvani, pettinature a schiaffo come la signora Pina e per i signori sciarpa, coppola e completo impiegatizio. Pettinature a schiaffo come la signora Pina […]
A settembre c'è stata pure una "Corsa Cobram", a Castiglione sul lago Trasimeno, con rievocazione di cadute mostruose e salite del Diavolo fra nebbie e gelo, "bombe" di sostanze dopanti e carri da morto pronti a recuperare le vittime. Ma siccome neanche il teatro resta immune, al Roberto De Silva di Rho il 21-22 dicembre andrà in scena l'anteprima nazionale di "Fantozzi una tragedia", da Paolo Villaggio, regia di Davide Livermore.
Non si sfugge a ciò che libri e film di Villaggio hanno seminato nel Paese, lo vediamo nei riferimenti che affiorano ogni volta che la realtà sembra imitare la finzione del ragioniere più famoso d'Italia: c'è in ballo un giro in bici con gli amici? E allora via, alla bersagliera! Partitina a tennis? Batti lei, congiuntivo! Portano a tavola le polpette? Subito scatta il "tu mancia?!" del professor Birkermaier.
Vi ritrovate la casa piena di pane di cui ignorate la provenienza? Venite colti da un leggerissimo sospetto, e così via citando, sempre pescando nel vasto mare del repertorio della maschera inventata da Villaggio.
Ma non è tutto, perché come accadeva una volta, quando la tradizione si rafforzava di generazione in generazione attraverso il racconto orale, non di rado la passione del genitore maschio - le donne in genere detestano Fantozzi, per il suo essere un perdente e per il servilismo - viene trasmessa ai figli (sempre maschi), Che fin da piccolissimi sono iniziati al culto del personaggio: «Papa guarda, una poltrona di pelle umana», dice un bambino di otto anni al padre dopo aver adocchiato una sedia dalla forma strana.
La madre osserva rassegnata da un tavolino dell'hotel di Courmayeur, dove chi scrive ha assistito al siparietto familiare. I social, da parte loro, riflettono, rafforzano e tramandano il Verbo fantozziano: la pagina Facebook "Organizzazione Filini" è un racconto quotidiano dell'attualità tradotta in immagini, battute e gag, spesso corredate di immagini e video. Sempre attenti alla correttezza della citazione, sempre filologicamente impeccabili e sempre trovando un riferimento azzeccato, a conferma che Villaggio ci aveva visto giusta nel suo racconto iperbolico della realtà. […]
I centomila adepti che vi sono iscritti non fanno sconti fra di loro, sfottendosi con tanta fedeltà ai testi da rasentare l'esoterismo, figuriamoci al giornalista profano che si avvicini al tempio, pregando perché gli venga fornita un'informazione: apriti cielo, piovono commenti uno più caustico dell'altro, da «non aiutatelo, deve farcela da solo», preso dal primo Fantozzi quando il ragioniere viene smurato ma deve comunque timbrare il cartellino.
[…] Un modo di trasfigurare il mondo per riuscire a sopravviverci, che era poi l'effetto dell'opera di Villaggio, capace di mostrare frustrazioni infinite e profonde, ma riscattate da una verità altrettanto profonda: che siamo tutti un po' Fantozzi.
UN’ANCORA PER LE NOSTRE SFORTUNE
Estratto dell’articolo di Gianluca Nicoletti per “La Stampa”
Ho sempre nutrito una passione istintiva per i perdenti. Sono sempre stato ricambiato con un'esplosione di benessere da far tremare le vene dei polsi. Ho una natura caritatevole? Ho a cuore il derelitto perché sono animato da sincera pietas? Sono una persona buona e quindi mi sforzo a essere solidale con chiunque abbia lo stigma di svantaggiato cosmico?
Nulla di tutto questo: sono un bieco calcolatore, un cinico vampiro alla ricerca di giugulari vicine al soffocamento per succhiarne la linfa dell'autostima più smodata. […] Ogni personaggio reale o immaginario, come pure entità, pensiero politico, artista, letterato ecc..., si ponga inequivocabilmente al gradino più infimo della scala della sfiga, ci fa risollevare almeno di una posizione nella percezione dell'essere meschini rispetto al fulgido olimpo dei figli del sole invitto, dei fulgidi seduttori, dei callidi accumulatori.
Per ogni angheria che dobbiamo inghiottire, a darci il sorriso è il sollievo che altri incarnino la calamita cosmica di ogni possibile umiliazione. Sempre ingiustificata abnorme, implacabile. Per questo amiamo chi porti al collo il cartello con scritto "perdente" Non è però la sola ragione per cui siamo tutti d'accordo nel porre sugli altari proprio Fantozzi.
L'apoteosi della sua passione, che lo colloca crocefisso su un Golgota surreale, riporta alle iconografie dei tanti martiri decapitati, lapidati, scuoiati, grigliati, trafitti che ci ricordano che c'è sempre un peggio rispetto al nostro soffrire per mantenere un minimo di dignità di pensiero autonomo.
Alla fine Fantozzi riesce a mantenere la sua dignità nonostante la valanga di refluo fognario in cui è costretto a galleggiare. È talmente abituato alle pustole da dileggio da sembrare intoccabile persino dalle prime linee della mega ditta, ammutolite quando sono da lui sorprese a sbeffeggiare la figlia babbuina Mariangela. […]
Quando Fantozzi tocca il fondo del suo Inferno, sappiamo che tra i ghiacci di quel Cocito lo vedremo come Lucifero, che era il più bello degli angeli. «Papà perché mi chiamano Cita?»-domandala meschina. «È Cita Hayworth - giganteggia il padre - una famosissima attrice americana, la più bella di tutte...».
In realtà il vero sfigato della saga Fantozzi è proprio il suo diretto antagonista e rivale d'amore, il geometra Luciano Calboni, colui che nella più classica epica impiegatizia rappresenta l'arrampicatore leccaculo infame. Calboni è l'anti Fantozzi in quanto a lui speculare; è indubbiamente quello che Fantozzi non sarà mai: veste con ricercatezza, gode dei favori sessuali della signorina Silvani, sembra uomo di mondo, si destreggia disinvolto con le "signore dell'altra aristocrazia borghese".
Per quanto però cerchi di arzigogolare uno status per lui inarrivabile, risulta indecentemente patetico e non suscita in noi nessun desiderio di emulazione, tanto meno di catarsi dalle nostre meschinità. Non a caso il contrappasso infamante della "Ventilatio intestinalis putrens", è il memento mori fatale di ogni sua ambizione di ascesa sociale. Merita una riflessione anche la coeva apoteosi del perdente della filmografia di Nanni Moretti, da leggere oggi come emblema di profezia che si auto avvera. […]