SMEMORANDA SULL’ORLO DEL FALLIMENTO! E' UNA BELLA MAZZATA PER L’INTELLIGHENZIA DI SINISTRA (E INTERISTA) DI MILANO CENTRO – LE CAUSE? INVESTIMENTI ERRATI (A PARTIRE DAI NEGOZI A MIAMI O SHANGHAI FINO ALLA QUOTAZIONE IN BORSA), STIPENDI D’ORO E SPESE PAZZE HANNO SPOLPATO IL GRUPPO DELLA STORICA AGENDA E DEL MARCHIO ZELIG CHE APPARTIENE A GINO E MICHELE (ANCHE L’EX PRESIDENTE DELL’INTER MASSIMO MORATTI HA DELLE QUOTE) – L’AZIENDA HA DEBITI CHE AMMONTANO A 40 MILIONI. A DICEMBRE CI SONO STATI 130 LICENZIAMENTI…

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Estratto dell'articolo di Alessandro Da Rold per “la Verità”

 

GINO E MICHELE

Bisognerà aspettare il 9 ottobre prossimo per avere contezza della situazione del Gruppo Smemoranda, storico marchio della sinistra italiana, tra la famosa agenda e il marchio Zelig, ormai sull’orlo del fallimento.

 

Dopo l’estate, infatti, si aprirà al tribunale di Milano l’udienza per la messa in liquidazione della società, che oltre a Smemoranda vede anche le partecipate Gut Distribution, Nava Design, C’Art Group, Zmc, Crazy Bell Agency e Smemo 1979. Quello che per 40 anni è stato l’impero di Gino e Michele, simbolo dell’intellighenzia di sinistra del centro di Milano con quote anche dell’ex presidente dell’Inter Massimo Moratti (tramite Cmc), è ormai alle battute finali. La Procura di Milano ha chiesto l’apertura della liquidazione per «l’elevato importo di debiti a partire dal 2019», per oltre 40 milioni di euro, un buco che non può essere più saldato da parte dei soci.

 

SMEMORANDA 2

L’azienda continua a operare, ma dopo i 130 licenziamenti di dicembre, si appresta con tutta probabilità a tagliare ancora le ultime risorse: dal 27 i dipendenti sono stati sospesi. I lavoratori si stanno organizzando per riavere i loro soldi. E ormai anche le cause da parte di consulenti, o di chi ha lavorato con Smemoranda in questi anni, vanno a riempire le scrivanie dei tribunali.

 

Insomma, peggio di così non poteva andare, con il rischio di una lunga scia di polemiche, perché da almeno 10 anni chi lavorava dentro al gruppo aveva fatto presente che qualcosa non stava andando nel verso giusto. Che alcuni investimenti erano stati troppo avventati. E che la differenza di trattamento tra semplici lavoratori e i vertici stava continuando ad allargarsi, un modus operandi di sicuro non in linea con politiche eque spesso sbandierate dalla sinistra italiana.

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La stessa sentenza di liquidazione spiega che il peggioramento dei risultati economici è dovuto certamente al combinato disposto della crisi sanitaria e di quella energetica, ma è da almeno il 2019, cioè ben prima della pandemia, che le cose non andavano come dovevano.

 

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L’inizio della fine, a quanto pare, avrebbe un anno e un mese ben preciso, il 2012, quando Effe 2005-Gruppo Feltrinelli acquista il 20% di Gut Edizioni, con l’ingresso di un nuovo direttore generale, Roberto Ghiringhelli Cavallo. La luna di miele durò appena cinque anni, perché nel 2017 Feltrinelli decise di farsi da parte.

 

Ma Gut Distribution, forte di un fatturato 48,5 milioni di euro e con 180 persone assunte, decise comunque di avviare le pratiche per lo sbarco in Borsa e persino internazionalizzarsi, con aperture dei negozi della catena C’Art, a Miami e Shanghai.

 

gino e michele

Una scelta, quest’ultima, più che mai fallimentare. Sono anni dove si sogna in grande. I quotidiani pompano l’obiettivo di sbarcare in Borsa nel 2019, con un «fatturato da 80 milioni di euro», scrive il Sole 24 ore. Si acquistano nuovi marchi, come Nava design. Apre persino la televisione Zelig Tv, che punta a 6 milioni di ricavi. Peccato che andrà diversamente. La tv chiude nel 2020, mentre nel gruppo entra nello stesso anno il cosiddetto cavaliere bianco, Gianni Crespi, che diventa il nuovo amministratore delegato. È lui nel 2021 a sostenere che entro il 2024 il gruppo Smemoranda punta a un fatturato di 63 milioni. Annuncia di voler progettare, «uno Smemo hotel, una sorta di allegro ostello, linee di abbigliamento e accessori».

 

massimo moratti

Al Super salone del mobile del settembre di quell’anno viene presentata persino una mini collezione disegnata dall’ex assessore alla Cultura del comune di Milano Stefano Boeri. Ma intanto arriva anche un finanziamento da 5 milioni di euro da Illimity, il gruppo bancario ad alto tasso tecnologico fondato e guidato dall’ex ministro Corrado Passera. Ma nel 2022 la situazione precipita. La televisione chiude, viene venduto il marchio Zelig al gruppo Mediaset poi viene fatta domanda di procedura al concordato preventivo. Se nel 2017 il fatturato era di 48 milioni, tra il 2019 e il 2020 i ricavi vengono praticamente dimezzati con un debito che si registra nel 2022 pari quasi a 35 milioni di euro. Sono tutte scelte, a partire dai negozi a Miami o Shanghai fino alla quotazione in Borsa, che poi si riveleranno drammaticamente errate.

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