LO STREAMING DEI GIUSTI/1 – E STASERA CHE CI VEDIAMO IN STREAMING? “THE MANDALORIAN” SU DISNEY+ È MOLTO DA RAGAZZINI – LA SECONDA STAGIONE DI “INCASTRATI” DI FICARRA E PICONE SU "PRIME" FUNZIONA MEGLIO DELLA PRIMA. GIÀ FANNO RIDERE DI LORO, MA CON UNA SERIE DI MERAVIGLIOSE FACCE PALERMITANE LE COSE MIGLIORANO ANCORA – SEMPRE SU NETFLIX C’È QUESTA DELIZIOSA SERIE MUSICARELLA: “DAISY JONES AND THE SIX”
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Marco Giusti per Dagospia
Che vediamo stasera? Beh. Ho finalmente visto la prima puntata della terza stagione di “The Mandalorian” su Disney+, un paio di puntate di “Incastrati” con Ficarra e Picone su Amazon e le prime puntate di “Daisy Jones and the Six” su Netflix. “The Mandalorian”, ideata da Jon Favreau, in gran parte diretta da Rick Famuyiwa, con Pedro Pascal nascosto nel casco da mandaloriano, è divertente, molto da ragazzini, con il piccolo Yoda verde che non apre bocca che accompagna sempre il nostro eroe in giro per lo spazio, e un gigantesco serpentone di mare che ha fortunatamente la peggio in una battaglia furibonda come introduzione della nuova stagione.
Si vede, ovvio. Ricca. Piena di effetti speciali, anche se la plastica è tanta e gli effetti speciali un po’ ovvi. La seconda stagione di “Incastrati” di Ficarra e Picone, tutta girata a Palermo, con la fotografia di Daniele Ciprì, mi sembra che funzioni meglio della prima. Perché Ficarra e Picone non hanno più bisogno di quattro puntate introduttive per spiegarci l’incastro del titolo, ma sono già sprofondati nell’incastro col mafioso “Cosa inutile” del grande Tony Sperandeo, ricordate “Troppi verbi?”, e del suo boss “Padre santissimo”.
Si ride sulle cose più normali, “c’è puzza d’aglio bruciato”, ma dette in situazioni da mafia movie. La verità è che già fanno ridere di loro Ficarra e Picone, ma con Tony e una serie di meravigliose facce palermitane, compreso un Sergio Friscia giornalista televisivo da urlo, le cose migliorano ancora. E non ci importa un granché della storia. Basta Tony che spiega a Valentino come si fa la raccolta differenziata per divertirci. Per non parlare del dialogo tra Salvo e il poliziotto che vuole andare a Milano. Perché mai?... “Perché lì non c’è la mafia”. “Ma c’è l’’ndrangheta”, gli fa Salvo. “…per cambiare”, chiude la discussione il poliziotto. Giusto.
Vi consiglio anche questa deliziosa serie musicarella su una band rock americana anni ’70 su Netflix. “Daisy Jones and the Six”, diretta da James Ponsoldt, già regista del film su David Foster WCallace (“The End of the Tour”) con Riley Keough come Daisy Jones, Sam Claflin, Suki Waterhouse, Camila Morrone, Will Harrison.
L’idea è semplice. Si parte da una celebre band, definite una delle maggiori del tempo, che si sfascia nel 1976 all’apice del successo. Vent’anni dopo una sorta di finto documentario alla Giorgio Verdelli recupera i componenti della band con singole interviste, dove ognuno di loro ricorda come si sono incontrati, come hanno avuto successo e perché si sono sciolti misteriosamente. Se la Daisy Jones del titolo è una ricca ragazza di Los Angeles che scrive canzoni che le vengono rubati, gli altri componenti della band sono ragazzi di Pittsburgh in cerca di fortuna a Los Angeles. Piena di bella musica, devo dire, e con buoni attori.
Riley Keough è la nipote di Elvis, recentemente anche buona regista, Sam Claflin ha la faccia giusta per fare il leader e le ragazze sono tutte molto belle. La finta musica della band non è all’altezza, ma questo sabato me lo sto vedendo con un certo interesse. Non vi aspettate il capolavoro, e neanche troppe orge e eccessi, però…