LA VENEZIA DEI GIUSTI – NON È ELEGANTISSIMO AVERE PROGRAMMATO I FILM CINESI DEL CONCORSO ALLA FINE DELLA MOSTRA – SONO FATICOSE LE TRE ORE DEL PUR BELLISSIMO “YOUTH: HOMECOMING”, TERZA PARTE DEL CHILOMETRICO DOCUMENTARIO DEDICATO AI GIOVANI CINESI CHE PARTENDO DAL PAESELLO VANNO A LAVORARE NELLE GRANDI FABBRICHE VICINO A SHANGHAI – TUTTO UN’ALTRA COSA IL MYSTERY, AMBIENTATO A SINGAPORE, “STRANGE EYES”, DOVE UNA GIOVANE COPPIA IMPAZZISCE CERCANDO DI CAPIRE CHI POSSA AVER RAPITO LA LORO FIGLIOLETTA… – VIDEO
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Marco Giusti per Dagospia
Non è elegantissimo aver programmato i film cinesi del concorso in una sola giornata alla fine della Mostra. Siamo tutti un po’ stanchi e sono faticose le tre ore del pur bellissimo “Youth: Homecoming”, terza parte del chilometrico documentario di Wang Bing, “Quingchun” o “Youth”, dedicato ai giovani cinesi che partendo dal paesello nelle regioni più lontane e impervie della Cina, dalla provincia dello Yunnan vanno a lavorare nelle grandi fabbriche vicino a Shanghai a 2500 km di distanza, dove si fanno abiti per gli occidentali.
A Cannes un anno fa si era vista la prima parte di “Youth”, 220’, e a Locarno la seconda. A Venezia si vede appunto la terza e ultima parte dove i ragazzi, giovanissimi, tornano al paese con un avventuroso viaggio su strade impervie e impossibili.
Grande documentarista e grande regista omaggiato in tutto il mondo, Wang Bing. Senza aver visto le prime due parti non è facile rendersi conto dell’impegno del regista, che ha passato quattro anni, dal 2014 al 2019, alla prese con questo progetto kolossal, che cerca di spiegarci, anche a noi occidentale, come ruota marxianamente l’economia del mondo e lo stato di abbrutimento di questi giovani schiaffati per ore nelle fabbriche senza poter far molto altro.
Quando mai siamo entrati dentro questo inferno, come dentro i villaggi sperduti cinesi sentendo le vere voci di questi ragazzi. Posso essere d’accordo che aver sciolto il progetto lungo tanti festival ne riduce la potenza, ma è un film duro e commovente. E difficile da seguire.
Tutto un’altra cosa diverso il mystery cinese, in concorso, ambientato a Singapore “Strange Eyes” scritto e diretto da Siew Hua Yeo con Chien-Ho Wu, Kang-sheng Lee, Peter Teo, dove una giovane coppia, con mamma di lui, sta impazzendo cercando di capire chi possa aver rapito la loro figlioletta, la deliziosa Piccolo Bo, in un parco. Il poliziotto che indaga sul caso, l’ispettore Zheng, non sembra che abbia scoperto gran cosa, quando iniziano a arrivare a casa loro dei dvd con filmati di qualcuno che li osserva e li filma da mesi.
“Vecchia tecnologia”, dice l’ispettore. E’ complicato anche trovare un lettore in dvd. A questo punto il film ha una coraggiosa deviazione, perché seguiamo la vita dello stalker della coppia, anzi dello stalker del giovane padre. Vi dico subito che la piccola Bo verrà ritrovata, ma il film si perderà, un filo alla Blow Up, sulla trama di gente che osserva la vita di altra gente in maniera non sempre chiarissima. Alla fine del film, complice magari la stanchezza, in pochi avevano capito qualcosa. Capita.
E’ molto piaciuto a tutti il piccolo film da 62 minuti ideato, diretto e interpretato da Takeski Kitano, pensato per Amazon, “Broken Rage”. Più che un vero e proprio film è una stravaganza. Perché è diviso in due parti, che raccontano la stessa storia, di un uomo diventato bersaglio di yakuza e polizia. Solo che la prima parte è dark, di genere, e la seconda è più comica, parodistica.
Come ha detto oggi lo stesso Kitano in conferenza stampa, “Questa storia non è altrettanto conosciuta (come quella di Via col vento), e doveva essere abbastanza breve e convincente perché la sua parodia funzionasse: idealmente anche chi sbadiglia nella prima parte può almeno ridere nella seconda!
La violenza e la commedia sono infatti collegate: entrambe implicano reazioni molto fisiche e sono influenzate sia dalla nostra percezione che dai nostri sentimenti interiori che informano la nostra percezione”. Gran divertimento. Uscirà a gennaio su Amazon.