LA VENEZIA DEI GIUSTI - NON FIDATEVI PIÙ DI QUEL CHE SCRIVONO I CRITICI DA VENEZIA. I PIÙ PENSANO SOLO AL CASO BOCCIA-SANGIULIANO, FISSI SU DAGOSPIA, E A QUEL CHE POTREBBE VOLER DIRE PER IL CINEMA ITALIANO CHE SI ERA APPENA BUTTATO A DESTRA A LECCARE LA PANTOFOLA AI VARI SANGIULIANO & BUTTAFUOCO & MOLLICONE - DOPO DIECI GIORNI DA CAMBOGIA, I CRITICI NON SONO PIÙ LUCIDI. A "JOKER 2" HO SENTITO RUSSARE PESANTEMENTE. LA PROIEZIONE DI “QUEER” È STATA UN MASSACRO DI SUDORE E DI CALDO. MI ARRENDO…
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Marco Giusti per Dagospia
Non fidatevi più di quel che scrivono i critici da Venezia. I più pensano solo al caso Boccia-Sangiuliano fissi su Dagospia, e a quel che potrebbe voler dire per il piccolo mondo (poco eroico) del cinema italiano che si era appena buttato a destra a leccare la pantofola ai vari Sangiuliano&Buttafuoco&Mollicone, ma è pronto con la stessa velocità a ributtarsi a sinistra (sinistra, poi…zona Prati, su), e già c’è chi vuole presentare in concorso i video ribaldi della Boccia, invitarla sul tappeto rosso o produrre una bella serie a lei dedicata col titolo “La pompeiana esperta” copyright di Paolo Mieli. Insomma.
Dopo dieci giorni da Cambogia, con un caldo atroce (oggi per fortuna piove), film eccessivamente lunghi piazzati ovunque, quattro ore di Lav Diaz di qua, tre ore di Brady Corbet di là, una bella serie da sei ore di Cuaron, ecché non te la guardi?, un’altra di Vinterberg, per non parlare delle sei ore di “M” di Joe Wright schiaffato nella sala più sfigata del Lido, i critici non sono più lucidi. A Joker2 ho sentito russare pesantemente un vecchio critico, mi volto a sinistra e quello accanto a me aveva la bocca spalancata proprio come il Joker che si butta la testa indietro di Joaquin Phoenix. Minchia!
La proiezione in Sala Grande di “Queer”, che divide con “Querelle” di Fassbinder il premio di film più queer mai passato a Venezia (certo anche i film di Visconti non scherzavano), è stata un massacro di sudore e di caldo. Al film cinese di stamattina, nessuno penso abbia capito la trama. Ci siamo messi a ragionare ma non ne venivamo a capo. A un film che non vi dico, ieri, l’apparizione di un pisello su un corpo femminile mi era sembrata una stravaganza. Perché adesso fa vedere questo pisello piccolo, mi sono chiesto.
E, discretamente, ho pensato a qualcosa di legato al potere maschile. Ci sta. No. Non era così. Mi arrendo. Quando capitano queste cose bisogno tornare ai classici, nella comoda e bella Sala Corinto, una vera scoperta. Ho rivisto “Storia segreta del dopoguerra. Dopo la guerra di Tokyo”, titolo mitico di un film di Nagisa Oshima visto da ragazzo a Pesaro, difficile da capire se non lo segui, perché godardianamente è costruito sul filmato di un militante di extra-sinistra che si uccide filmandosi e sul suo materiale che andrà visto e rivisto per capirci qualcosa. Ricordo di averlo visto a Pesaro, capendoci poco. Ma c’è chi scrisse saggi sul montaggio del film.
Quando dieci anni dopo Oshima arrivò a Pesaro, io venne inviato in missione a Tokyo per portare un incredibile gruppo di registi giapponesi in Italia, rivede il film e si accorse che era stato inserito male un rullo di pellicola. Il film andava rimesso a posto e lo fece lui stesso in moviolo. Per questo non si capiva nulla.
Mi sono visto forse con più piacere anche “Manji”, ribattezzato da noi “La casa degli amori particolari”, celebre lesbo-movie del 1964 a colori e schermo panoramico diretto da Yasuzu Masumura, tratto dal romanzo di Junichiro Tanizaki, sceneggiato da Kaneto Shindo con Ayako Wakao come la bellissima Mitsuko che sconvolge la vita di Sonoko Kakiuchi, cioè Kyoko Kishida, e del marito, Eiji Funakoshi. L’intreccio erotico-melo è pazzesco, la sceneggiatura è perfetta, Ayako Wakao è una bomba. Ma soprattutto si capiva tutto.