LA VERSIONE DI MUGHINI - "RICEVO DEI MESSAGGI IN CUI MI SI INVITA A FESTEGGIARE LA DONNA IN QUANTO TALE, DATO CHE A LEI È INTESTATA LA DATA ODIERNA. CAPISCO E NON MI ALLINEO. FESTEGGIARE LA DONNA? E COME PUÒ UN UOMO CHE MERITI QUESTO NOME NON FARLO TUTTI E 365 GIORNI CHE IDDIO MANDA IN TERRA? - MAI UN ATTIMO MI SENTO CORRESPONSABILE DELLA COSIDDETTA "SOCIETÀ PATRIARCALE" CHE NON SO COSA SIA ESATTAMENTE. NON CHE CON LE DONNE NON SIANO POSSIBILI DIVERBI. UNA VOLTA..."
-Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, ricevo da qualche parte dei messaggi in cui mi si invita a festeggiare la donna in quanto tale, dato che a lei è intestata la data odierna. Capisco e non mi allineo. Io non festeggio mai nulla, mi occupo tutti e 365 giorni dell'anno della guerra civile che dilaniò gli italiani tra 1943 e 1945 ma non è che al 25 aprile mi metta a tuonare in pompa magna sulla "liberazione" d'Italia, che oltretutto non avvenne certo in ragione dell'operato per quanto eroico del partigianato del nord. Detto altrimenti, il come e il perché di quella "liberazione" me la tengo dentro e la assaporo e la ragiono tutti i giorni di ogni anno.
Festeggiare la donna? E come può un uomo che meriti questo nome non farlo tutti e 365 giorni che Iddio manda in terra? Tutti. Che sarebbe la vita di ognuno di noi senza sfiorare quel femminile diffuso eppure palpabile che proviene da come si muovono e sono e parlano le nostre compagne, le nostre amiche, le nostre ex amanti, le fanciulle che diedero un colore alla nostra giovinezza, le amiche il cui sguardo oggi ci giudica e ci soppesa?
Che sarebbe la mia vita - di un uomo che mai un attimo si sente corresponsabile della cosiddetta "società patriarcale" che non so che cosa sia esattamente - senza il sentore che a questa vita danno Michela, Sandra, Chiara, Fiamma, Stefania e ne sto dimenticando tante. Non che con loro non siano possibili diverbi, atteggiamenti diversi quanto al come vivere, sensibilità diverse e talora diversissime in materie anche cruciali.
Un uomo non sa neppure da lontano che cosa sia nutrire nel proprio grembo una vita che si sta facendo. E a non dire la parola "femminicidio", che indica la frequenza con cui alcuni uomini (in realtà non meritano questo nome, sono solo animali violenti cui è stata tolta la briglia) infliggono la morte a donne con cui avevano diviso parte della loro esistenza. Ciò che accade un giorno sì e uno no.
Una tale ferocia non manda all'aria ciò che è risaputo nella nostra vita di tutti i giorni, la complementarietà e la ricchezza musicale del maschile e del femminile, il che ciò non viene indicato affatto dal chiamare "ministra" un donna che ha quell'incarico. Nella lingua italiana - che è sacra - il termine "ministro" indica chi sta esercitando quel ruolo, sia esso uomo o donna, alto o basso, bionda o bruna, settentrionale o meridionale, eterosessuale o omosessuale.
Quanto al lavoro che hanno vissuto quelli della nostra generazione, era chiaro fin dal primo secondo che quel lavoro lo avremmo fatto in comune e noi uomini e loro donne. Rimasi perplesso a suo tempo quando le militanti donne di Lotta continua insorsero (e fecero chiudere la ditta) perché non ne potevano più di essere adibite a far funzionare il ciclostile. Le mie compagne di università adibite al ciclostile, ma quando e dove? Quando smisi di fare il presidente del Centro Universitario Cinematografico a Catania (l'unica carica che io abbia mai avuto in vita) proposi che Silvana fosse il mio sostituto. L'avevo indicata perché era una donna? Ma nemmeno per idea, l'avevo indicata perché era la persona Silvana, una persona di gran conto.
Nella mia vita professionale ho poi avuto più e più volte delle donne come miei "superiori", e ciascuna non era innanzitutto "una donna" e bensì "una persona". Sto facendo un libro per la Bompiani, il cui capintesta è una donna raffinatissima, Barbara Masini.
E senza dire di Elisabetta Sgarbi, una che a definirla "una donna" commetti un piccolo sacrilegio perché lei è una persona, una persona, una persona. Che io volessi fare un libro su Trieste, "una città atta gli eroi e ai suicidi", lei lo approvò all'istante dopo che alcuni editori uomini mi avevano guardato con l'aria stupita di chi aveva sentito una proposta fin troppo balzana.
A chi diavolo poteva interessare un libro su Trieste. Beninteso non sempre nella vita mi è accaduto il meglio, come a tutti. Una volta l'ho avuto un "superiore" donna più o meno analfabeta. Al telefono l'ho trattata con appellativi non lusinghieri. Beninteso poco lusinghieri non del suo esser donna, e bensì del suo esser persona. Non era una bella persona. Tutto qua. Semplicissimo.
GIAMPIERO MUGHINI