LA VERSIONE DI MUGHINI – “FRANCESCO MERLO SI LAMENTA CHE DAGLI ALTRI GIORNALISTI NON SIANO ARRIVATI SEGNALI DI SOLIDARIETÀ AL DIRETTORE CARLO VERDELLI? MI SCUSO E SUBITO L’ESPRIMO A VOCE FORTE QUESTA SOLIDARIETÀ, E CI MANCHEREBBE ALTRO. MA QUANDO UNA GANG DI NULLITÀ MI STRAPPÒ VIA DALL’ALBO DEI GIORNALISTI PROFESSIONISTI, MI SAREBBE PIACIUTO UN CENNO DI SOLIDARIETÀ DAL MIO CONCITTADINO MERLO…”
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Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, leggo su “Repubblica” un articolo di Francesco Merlo in cui lamenta che dagli altri giornalisti e dagli altri giornali non siano arrivati segnali di solidarietà al suo direttore e amico Carlo Verdelli, bersagliato sui social da manifestazioni tali di odio da essere costretto a girare protetto da una scorta. Confesso che non pensavo al dovere di esprimere una tale solidarietà per il totale disprezzo che porto ai social, una fogna a cielo aperto su cui si esibisce la feccia della società contemporanea.
Quelle manifestazioni di odio-anti Verdelli mi sembrano feccia e soltanto feccia, da nemmeno prendere sul serio. Mi scuso e subito l’esprimo a voce forte questa solidarietà, e ci mancherebbe altro. Piena solidarietà a Verdelli, oltretutto un direttore impegnato a dirigere molto più che ad apparire. Quanto al suo giornale, lo compro tutti i giorni da quando debuttò a metà degli anni Settanta.
Detto questo, che tra giornalisti e giornali debba esistere una sorta di solidarietà e cavalleria di fondo, come mi pare auspichi Merlo, è una pia illusione. Tutto il contrario. Non esistono sulla terra forme di cannibalismo quali ne esistono tra i giornalisti e i giornali, e di questo cannibalismo e dei suoi episodi più truculenti è zeppo il palinsesto televisivo. E comunque l’episodio più risonante di questo cannibalismo resta il titolo di prima pagina del “Corriere della Sera” all’indomani dell’agguato brigatista a Indro Montanelli. Titolo dove non figurava il nome dell’uomo cui quei due delinquenti avevano sparato alle gambe. (Molti anni dopo Indro comprò e pago da uno di loro un suo ritratto a olio.)
Per andare all’oggi gli episodi sono talmente tanti e hanno tutti la stessa valenza che a elencarli annoierei il lettore. Sul “Fatto” è abituale trattare a furia di male parole i giornalisti lontani dalla filosofia di quel giornale. Quando Marco Travaglio nomina il direttore del “Foglio”, lo fa appiccandogli un insulto. Sempre. Nell’idea che se uno dirige il “Foglio” non può non essere insultato, sarebbe un venir meno ai doveri di un giornalista.
Per quel che riguarda il sottoscritto, che pure ha i capelli bianchi e di cui è lunga la via crucis professionale, mai mai mai un mio libro è stato recensito sui giornali che non mi hanno in simpatia. Quando una gang di nullità mi strappò via dall’Albo dei giornalisti professionisti, in tutto e per tutto mi mandarono una parola di solidarietà Piero Sansonetti, Gianni Mura e Claudio Sabelli Fioretti. Non uno dei giornalisti con cui avevo lavorato per i trenta o quarant’anni che ho tratto il mio pane dai giornali. Per dire, mi sarebbe piaciuto un cenno di solidarietà dal mio concittadino Merlo.
GIAMPIERO MUGHINI