LA VERSIONE DI MUGHINI – SE AVESSI FATTO PARTE DELLA GIURIA DEI CÉSARS AVREI VOTATO ALLO STESSO MODO, DISTINGUENDO L’OPERA DALLA BIOGRAFIA DI POLANSKI. IL SUO FILM DEDICATO ALL’AFFAIRE DREYFUS È BELLISSIMO, E TRATTANDOSI DI OPERE D’ARTE QUESTO È IL VERDETTO CHE CONTA - ALTRIMENTI ANDREBBE RISCRITTA LA STORIA DELL’ARTE NEI SECOLI. SAPPIAMO TUTTI CHE CARAVAGGIO NON ERA UN FIOR DI SANTO E CHE EZRA POUND AVEVA PRONUNZIATO CLAMOROSE SCHIOCCHEZZE – VIDEO
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Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, l’eventuale nostro postero che fra cent’anni volesse capire chi fossimo noi cittadini dell’anno 2020 dopo Cristo terrà più care le immagini del bellissimo film di Roman Polanski dedicato all’Affaire Dreyfus o invece quelle della plateale uscita di un’attrice francese dalla sala dove a quel film era stato assegnato un importante premio cinematografico? Non so dire, non so pronosticarlo e del resto non so pronosticare nulla di quel che accadrà del nostro vivere comune la prossima settimana.
Di sicuro c’è che quel film è bellissimo, e trattandosi di opere d’arte questo è il verdetto che conta, il verdetto definitivo, il verdetto che non accetta appelli. Si tratti di un film, di un romanzo, di un edificio di rilievo architetturale, di un vaso in vetro di Murano, di una canzone anche se scritta al tempo in cui l’umanità si stava scannano e magari scritta da qualxcuno dei “vinti”.
Voglio dire con questo che sottostimo le ragioni e i sentimenti dell’attrice francese Adèle Haenel, una che di recente aveva accusato un regista di averla violentata anni fa, la quale è uscita dalla sala urlando che aveva vinto “la pedofilia”? No no no. Ovvio che quelle ragioni e quei sentimenti li rispetto. Solo che se avessi fatto parte della giuria, avrei votato allo stesso modo distinguendo l’opera dalla biografia del suo autore. Ché altrimenti andrebbe riscritta la storia dell’arte nei secoli. Sappiamo tutti che Caravaggio non era un fior di santo e che Ezra Pound aveva pronunziato clamorose sciocchezze da una radio di Salò. Nessuna delle due biografie toglie un ette ai capolavori pittorici dell’uno e poetici dell’altro. Tutt’altro discorso quello sulle pene da erogare a chi si è dimostrato colpevole di violenze contro una donna, e beninteso se quegli atti e quei comportamenti sono stati dimostrati e meglio se a distanza ravvicinata dall’accaduto.
Nel caso di una violenza dimostrata contro una tredicenne americana che gli si era presentata a cercare gloria cinematografica, Polanski ha pagato poco in termini di prigione, ha pagato abbastanza anzi molto in termini generali. La sua vita è stata segnata e distorta, e comunque la ragazza americana ha accettato un patteggiamento (alias una somma in denaro) e lei stessa ha più volte dichiarato di ritenere chiuso il malaffare.
Tutto il resto delle accuse lanciate da altre donne contro Polanski? Non so non so non so. Di certo è una materia opinabile, com’è sempre il rapporto di un uomo con una donna. Sempre. E tanto più se lo rievochi a chilometri e chilometri di distanza dal tempo e dal momento in cui quel rapporto è avvento con la sua particolare e specifica ridda di “sì”, di “no” e di “ni”. E’ difficile giudicare per una giuria (e persino il processo a Weinstein lo dimostra), figuriamoci se è difficile al sottoscritto.
Di sicuro c’è una cosa sola e lo ripeto, che il film di Polanski è bellissimo, e che a quello si deve attenere il giudizio di una giuria cinematografica o di una giuria letteraria che valutasse i romanzi di Louis-Ferdinand Céline, tra i picchi letterari del Novecento. La “pedofilia” non ha né vinto né perso in quella sala dove si assegnavano i Césars al meglio della cinematografia del 2019. Non c’entra niente, ma proprio niente.